
Dipendente di Trenord annuncia con l'altoparlante: «Molestatori e zingari hanno rotto». Un passeggero ex blogger dell'Unità denuncia sui giornali ed è subito psicosi xenofobia. Ma il vero dramma è quello che vive ogni giorno il personale a bordo dei treni.Anche ieri, come ogni giorno di questa estate 2018, si è celebrata una nuova udienza del processo mediatico permanente all'«emergenza razzismo». L'«allarme» è scattato in mattinata: prima a partire da un articolo comparso sul quotidiano locale La Provincia di Cremona, che ha riferito un episodio accaduto il giorno precedente su un treno regionale; poi, per cerchi concentrici, sui social network, con una tempesta di messaggi su Twitter e Facebook; e quindi - in pochissimo tempo - su su fino ai grandi giornali online. Dove, per lunghe ore, la notizia ha sopravanzato ogni altro tema, e dove campeggiavano le interviste a Raffaele Ariano, il passeggero autore della denuncia, forse (chissà) più infastidito da una frase fuori posto che dalla presenza a bordo di molestatori e viaggiatori senza biglietto. Tra l'altro, su Twitter, Ariano si descrive come dottorando (al San Raffaele) e come «blogger dell'Unità». A quanto pare, infatti, il nostro teneva un blog di filosofia e cinema chiamato Titoli di coda sul (fu) giornale del Pd. Titoloni in fotocopia un po' ovunque: «Annuncio choc della dipendente Trenord». E, in effetti, non è consueto ciò che i passeggeri del Regionale 2653, in partenza l'altro ieri alle 12.20 da Milano per Cremona e Mantova, hanno ascoltato dall'altoparlante delle vetture: «I passeggeri sono pregati di non dare monete ai molestatori. Scendete perché avete rotto. E nemmeno agli zingari: scendete alla prossima fermata perché avete rotto i c…».Dopo una rapida verifica interna per accertare che non vi fossero state interferenze o manomissioni del sistema di comunicazione, già martedì sera Trenord per un verso aveva identificato come responsabile dell'annuncio una dipendente che gestisce il servizio ferroviario regionale, e per altro verso si era affrettata a definire «grave e inqualificabile» il messaggio. Ma il comportamento corretto dell'azienda non è bastato a frenare la canea politica e mediatica che si è scatenata ieri: accuse di razzismo, escalation mediatica per pompare la gravità della cosa, crocifissione via Twitter della «capotreno razzista», divenuta il bersaglio del giorno per politici e commentatori. Non è mancata all'appello nemmeno la solita - inqualificabile - vignetta del comunista Vauro, che, accanto a un vagone ferroviario, ha disegnato la figura truce di un ufficiale nazista, con la frase «Noi invece gli zingari li facevamo salire». Quindi, una capotreno esasperata (e su una tratta spesso esposta a disagi per i viaggiatori in regola) viene equiparata a un gerarca con la svastica pronto a guidare il viaggio verso i campi di concentramento.Ora la donna rischia di subire provvedimenti. Curioso che gli stessi media solitamente pronti a difendere i lavoratori abbiano per tutto il pomeriggio di ieri «sparato» nel titolo la possibilità di un licenziamento: forse, più un auspicio - per certi osservatori - che non una previsione obiettiva. Una mano tesa è giunta alla donna da Matteo Salvini, che ha twittato: «Invece di preoccuparsi per le aggressioni a passeggeri, controllori e capitreno, qualcuno si preoccupa dei messaggi contro i molestatori...».Qui, nel nostro piccolo, desideriamo spezzare una lancia a favore della dipendente. Che abbia sbagliato, è evidente. Ma è molto facile criticarla stando su una comoda poltrona in stanze rese confortevoli dall'aria condizionata. Ben più difficile è mettersi nei suoi panni: numerosi balordi a bordo dei treni e diversi zingari senza biglietto, clima tesissimo, motivato nervosismo dei passeggeri in regola, caldo torrido, situazione estremamente difficile da gestire. Che, in un contesto simile, possa scattare uno sfogo per esasperazione è umano, e meriterebbe comprensione, anziché un plotone di esecuzione.Chiunque abbia dimestichezza con i mezzi pubblici, conosce fin troppo bene la scena che ogni giorno si ripete in ogni città d'Italia: zingari o immigrati che salgono senza biglietto vengono educatamente richiamati da autisti e controllori, e – per tutta risposta – insultano o passano a vie di fatto, in un clima non di rado di vera intimidazione. Questo ovviamente non giustifica un uso improprio e inappropriato degli altoparlanti di bordo, né un linguaggio offensivo, ma certamente spiega episodi come quello dell'altro giorno. E mostra una volta di più la distanza tra chi vive nel mondo reale e chi invece pontifica «contro il razzismo», ma tenendosi a debita distanza da bus e treni per pendolari.
Servizio di «Fuori dal coro» mostra com’è facile arrivare in Italia: aziende compiacenti richiedono stranieri, un connazionale li sceglie e si fa pagare migliaia di euro dall’extracomunitario che, una volta qua, gira incontrollato. Libero di delinquere, come accade ogni giorno. Il Pd in Emilia Romagna chiede più migranti, ma non vuole più curare chi viene dal Sud.
Non c’è il due senza il tre e infatti siamo alla terza violenza consecutiva a opera di clandestini. Prima una modella aggredita sul treno tra la Brianza e Milano, un assalto che solo la pronta reazione della ragazza ha evitato si trasformasse in qualche cosa di peggio. Poi una turista trascinata da due stranieri dietro una macchina in centro a Firenze e violentata. Quindi una commessa che a Cantù, mentre la mattina stava iniziando il turno di lavoro, è stata assalita quando si apprestava ad aprire il supermercato. Tutti e tre gli immigrati non avrebbero dovuto trovarsi sul territorio nazionale, perché irregolari e in qualche caso già autori di violenze.
Questa puntata di KISS è dedicata agli errori di progettazione, quelli che accadono quando gli ingegneri si dimenticano di pensare a chi dovrà usare le loro invenzioni.
Renato Brunetta (Ansa)
Caro professor Brunetta, le scrivo per esprimerle la mia solidarietà dopo che ha dovuto rinunciare al «doveroso» aumento di stipendio. Purtroppo appena è uscita la notizia, tutti l’hanno attaccata: è sembrato brutto che l’uomo che si era opposto al salario minimo a 9 euro stabilisse per sé il salario massimo a 311.000 euro, cioè 60.000 euro in più di quanto prende ora. Qualcuno è arrivato addirittura a considerarlo un riflusso di casta, un privilegio, persino un atto di arroganza. Ma come si permettono? Non sanno, questi screanzati, che quei 60.000 euro in più erano soltanto «doveroso adempimento», come sta scritto a chiare lettere nel comunicato Cnel?
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.






