2022-02-01
Ma al federale la tensione non manca. La minaccia: fiducia a tempo a Draghi
Il mal di pancia della base agita il Consiglio di oggi in via Bellerio. Il Capitano ieri ha incontrato il Cav sul nuovo progetto. E incassa l’appoggio di Roberto Calderoli. Qualche oppositore inizia a uscire allo scoperto.È il tempo del pragmatismo. Parola magica per la Lega ferita da una settimana di trappole sulla via del Colle, concetto che riporta alle origini e che fa dire a un generale di lungo corso come Roberto Calderoli: «Da qui dobbiamo ripartire per ritrovare la migliore coesione. Da sempre il nostro è un partito del fare, è fondamentale tornare sul pezzo e starci». È il percorso che Matteo Salvini vuole imboccare già oggi, nel Consiglio federale convocato a Milano nel santuario laico di via Bellerio, dove intende formalizzare il ritorno a Cold Mountain, vale a dire ai grandi temi dimenticati nel sabba del Quirinale.È questo il senso della creazione di «una federazione di centrodestra, sul modello del Partito repubblicano negli Usa, delle forze che appoggiano il governo Draghi», sottolinea Salvini in una lettera al Giornale. «Ci troviamo a un bivio, vivacchiare può significare morire. Non basta sommare le nostre forze ma è necessario ragionare in un’ottica unitaria». Questo perché «le votazioni per il capo dello Stato hanno mostrato la potenziale forza ma anche i limiti della coalizione com’è attualmente». La primogenitura dell’idea in realtà è di Silvio Berlusconi che, per il solo fatto d’averla avuta, si attirò le critiche dell’ala ipercentrista di Forza Italia. Proprio dal Cavaliere ieri Salvini ha trascorso due ore in un incontro necessario per chiarire le divergenze nella sconvolgente settimana del Colle e per approfondire questo progetto condiviso. Il leader vuole ripartire dai fondamentali anche per tornare a cementare un partito smarrito. Ed è questo il programma destinato a diventare centrale nel Consiglio federale: «In economia serve una fiscalità non punitiva come quella attuale, dobbiamo realizzare il nostro progetto di flat tax. Poi c’è lo Stato da riformare; una giustizia autonoma e terza; sicurezza e legalità contro la violenza diffusa, contro il fanatismo islamico e ogni forma di intolleranza; valori cristiani e famiglia da tutelare; una politica energetica ecologicamente sostenibile che renda autonomo il Paese; una transizione ecologica senza fanatismi».Calderoli approva, anche per lui è fondamentale guardare oltre. «Se il programma è questo, lo sposo in pieno. Le cose prima si fanno e poi si annunciano, noi siamo abituati così. Dobbiamo passare dalle etichette che ti appiccicano gli altri - sovranismo, populismo - alla cultura del fare che è nel nostro Dna. In questo Paese ci sono problemi concreti da risolvere. Sono contento che Salvini abbia messo nero su bianco i temi chiave». Ieri a Milano il segretario ha convocato il vertice regionale del Carroccio, con il governatore Attilio Fontana, gli assessori Stefano Bolognini, Stefano Bruno Galli, Massimo Sertori e il sottosegretario con la delega ai Giochi olimpici di Milano-Cortina, Antonio Rossi. Un antipasto di ciò che accadrà oggi. I problemi esistono, per la prima volta dalla Notte delle Scope di dieci anni fa a Bergamo la base non ha metabolizzato le scelte dei vertici. Due anime in tempesta. Il militante storico non può tollerare il voto a Sergio Mattarella, un democristiano di sinistra «che in sette anni ha fatto di tutto per bloccare ogni iniziativa a destra di Paperino piddino» (è il refrain sui social). Ma anche chi si è avvicinato alla Lega da poco è perplesso: ha approvato la svolta governista «anche per giocare la partita del Quirinale», ma non si aspettava questo risultato. Il prezzo è stato alto anche se ora il segretario si intesta la rielezione del presidente. Eppure a forzisti e centristi che volevano imporre Pier Ferdinando Casini aveva detto: «Mi salta il partito, per i miei al Nord è un nome indigeribile». Con Mattarella cambia poco.La pentola bolle e qualcuno mette in dubbio la leadership del Capitano. Come Carlo Piatti, storico leghista di Varese, ex segretario cittadino, vicecapogruppo in Comune: «Dopo questo ennesimo grande successo politico non è ora di mettere la parola fine? Fiero di essere della Lega Nord e di non avere nulla a che spartire con costui». Senza arrivare a tanto, dopo l’ingresso nel governo, le sconfitte alle amministrative e la partita del Quirinale, la base è sulle spine. E l’anima istituzionale rappresentata da Giancarlo Giorgetti (la faccenda delle presunte dimissioni era una bufala) e dai governatori Luca Zaia e Massimiliano Fedriga indica strade che la pancia elettorale fatica a metabolizzare.Ora bisogna ricucire con gli alleati deflagrati. Anche qui, dentro la Lega c’è disillusione. Fi viene considerata un oggetto misterioso e c’è chi la descrive così: «Continua la sua deriva da gruppo misto, disponibile a ogni accordo tattico anche con la sinistra». Su Fdi, l’ex sottosegretario Raffaele Volpi ha un’idea controcorrente: «Ha raggiunto il massimo e inizierà a scendere. La nostra scelta responsabile di stare al governo, alla fine pagherà». Avanti con il programma e con la federazione repubblicana. Anche se oggi sarà fondamentale disinnescare una frase che si fa largo fra i duri e puri: «La fiducia a Draghi non può essere a tempo illimitato». Sarà un anno molto lungo.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)