2020-12-02
M5s in difficoltà su Mps. Il Pd resta in pressing su Unicredit
Jean Pierre Mustier. (Ansa)
Bloccati due emendamenti studiati per ostacolare la vendita di Mps. Le nozze con Piazza Gae Aulenti, che deve scegliere il successore di Jean Pierre Mustier, piacciono più alla politica che alla finanza. Oggi riunione del boardIn attesa di conoscere quale copione verrà scritto dalla finanza sul futuro di Unicredit, quello della politica comincia a essere più confuso soprattutto dopo la violenta reazione del mercato all'annuncio dell'uscita di Jean Pierre Mustier. Le nozze «spintanee» con Mps sognate dal Mef per risolvere la grana senese sono state sonoramente bocciate da gran parte degli analisti e ieri anche la mossa dei 5 stelle per tenere l'istituto di Rocca Salimbeni nazionalizzato a vita impedendo una soluzione privata è andata a vuoto. La commissione Bilancio della Camera ha infatti dichiarato inammissibile i due emendamenti del M5s alla manovra che puntavano, appunto, a rendere più difficile l'acquisizione del Monte Paschi da parte di un altro istituto di credito: uno fissava un tetto massimo di 500 milioni di euro per trasformare in crediti d'imposta le cosiddette imposte differite attive (le cosiddette Dta), l'altro consentiva la conversione delle Dta solo nel caso in cui almeno una delle due società che si fondono abbiano meno di 50 dipendenti.Gli incentivi fiscali, che i grillini hanno tentato invano di correggere riducendo il valore degli incentivi, sono stati promossi dal Tesoro per agevolare il consolidamento bancario e soprattutto attirare un potenziale acquirente per Mps. La legge di bilancio, all'articolo 39, consente infatti alle società e soprattutto alle banche che si fonderanno nel 2021 di trasformare in crediti d'imposta le imposte differite attive, liberando miliardi di euro in termini di capitale. Secondo gli analisti di Mediobanca securities, nella sua formulazione attuale la norma sulle Dta può apportare fino a 5 miliardi di capitale aggiuntivo (circa 3 miliardi per la sola Mps). Mentre la politica si divide, la finanza deve trovare al più presto un nuovo timoniere per Unicredit. Ieri il comitato nomine dell'istituto di piazza Gae Aulenti (in cui siede anche il presidente in pectore della banca, Pier Carlo Padoan) ha avviato la riflessione sui papabili in vista della riunione del board già fissato da tempo in calendario per oggi. Quando La Verità è andata in stampa nessuna comunicazione ufficiale era ancora arrivata dalla banca, ma una soluzione va trovata in fretta anche per evitare nuovi contraccolpi in Borsa. Anche i sindacati chiedono di accelerare i tempi: «Riteniamo sia necessario che il cda indichi al più resto la strada da intraprendere per evitare che questa fase di incertezza abbia conseguenze finanziarie ed economiche sull'intero gruppo, con particolare attenzione ai lavoratori e lavoratrici del perimetro italiano», sottolineano in una nota le segreterie di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca, Unisin. Che però brindano all'uscita di Mustier ritenuto responsabile della «fortissima politica di riduzione dei costi, ma con una strategia inesistente sui ricavi» contestando «un progetto di crescita interna dell'azienda basato su una digitalizzazione esasperata, e una preoccupante e costante diminuzione dell'occupazione».Dal nome e dal curriculum del futuro amministratore delegato, su cui potrebbe avere l'ultima parola la Bce invocando una figura di alto profilo e comunque non di seconda fila, si capirà forse meglio la direzione che prenderà Unicredit. Martedì sera, intanto, un portavoce dell'istituto ha assicurato che il cda «non accetterà mai alcuna operazione che possa danneggiare gli interessi del gruppo e in particolare la sua posizione patrimoniale». A Piazza Affari ieri il titolo ha così frenato la caduta degli ultimi giorni chiudendo la seduta con un +0,42% mentre Mps ha ceduto il 2,9%. In fondo al Ftse mib sono invece scivolate il Banco Bpm (-2,45%) e Bper (-1,08%) dopo che l'ad dell'istituto modenese, Alessandro Vandelli, ha frenato su una fusione con il gruppo guidato da Giuseppe Castagna, spiegando che «al momento non c'è niente sul tavolo e che niente potrà esserci prima di aver completato l'integrazione degli sportelli di Ubi rilevati da Intesa Sanpaolo. L' invito dell'amministratore delegato di Unipol (primo azionista di Bper), Carlo Cimbri, a valutare un matrimonio con Banco Bpm è uno stimolo importante di cui terremo conto» anche se «in questo momento c'è una priorità che è il ramo d'azienda» di Ubi, ha aggiunto Vandelli. Eventuali operazioni di risiko per la banca emiliana sembrano quindi spostarsi nella seconda metà del 2021 quando si aprirà il cantiere sul nuovo piano industriale. Tra l'altro a fine 2021 anche la Popolare di Sondrio (di cui Unipol ha circa il 2%) diventerà una spa candidandosi a far parte del cosiddetto terzo polo insieme a Milano e Modena. Dal canto suo, l'ad del BancoBpm, Giuseppe Castagna, ha ricordato che la banca ha impiegato quattro anni per fare una fusione. «Siamo disponibili a farne un'altra ma i tempi sono lunghi. C'è anche un discorso di sovrastruttura regolatoria europea che forse rallenta i processi». Al netto di Intesa-Ubi e Crédit Agricole-Creval, dunque, le coppie sono ancora tutte da definire. Soprattutto dopo l'addio di Mustier che spariglia le carte. Speriamo anche quelle date dalla politica.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)