2024-01-13
L’urlo delle vittime dei vaccini in faccia ai pm
Un momento della manifestazione delle vittime dei vaccini a Roma
Di fronte alla Procura di Roma i danneggiati dagli effetti avversi e i parenti dei defunti si sono riuniti per raccontare le storie delle loro vite spezzate. E lanciare un appello ai giudici: «Non archiviate Speranza».L’urlo di dolore davanti ai cancelli della Procura di Roma. Genitori con gli occhi arrossati e le foto dei figli al collo, strappati ai loro abbracci dai così detti «malori improvvisi». Persone la cui vita sembrava procedere tranquilla finché non è stata distrutta dalla puntura contro il Covid. Poliziotti, finanzieri, persino qualche militare, ieri mattina erano tutti lì, nella piazza davanti alla Procura di Roma per far sentire la loro voce. Quasi 300 persone arrivate da tutta Italia, anche in carrozzina, anche con il corpo devastato dagli effetti avversi, pur di dimostrare che non è andato tutto bene e la verità non può essere più sotterrata. «Giustizia, giustizia» il coro disperato di chi può aver perso la salute, ma non la voglia di combattere. E così i danneggiati da vaccino hanno manifestato per mostrare ai procuratori romani che è necessaria la giustizia, quella vera, quella che è uguale per tutti e non dipende dalla carica politica o dal ruolo istituzionale. L’inchiesta in cui è coinvolto l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, e l’ex direttore generale di Aifa, Nicola Magrini, non può e non deve essere archiviata. L’iscrizione nel registro degli indagati è per reati pesanti: omicidio, somministrazione di medicinali guasti, somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica, falso ideologico e false dichiarazioni. Peccato che dopo l’iscrizione il procuratore Francesco Lo Voi abbia chiesto subito l’archiviazione del procedimento. Ora la palla passa al Tribunale dei ministri che dovrà decidere se confermare l’archiviazione o indagare.«È necessario che si indaghi, io devo sapere perché mio figlio è morto», urla dal piccolo palco Sabrina, mamma di Davide Marchesi, morto a soli 29 anni. «Mio figlio era un soggetto fragile, per quello lo hanno costretto a vaccinarsi. Ma nei documenti svelati dall’inchiesta giornalistica della Verità e di Fuori dal Coro è evidente che non c’erano dati sulla sicurezza di questi vaccini proprio per i soggetti più fragili. Eppure mi hanno costretto a farlo vaccinare e dopo la terza dose Davide non ce l’ha fatta. Lo abbiamo trovato riverso sul pavimento. Non mi darò pace finché non mi dimostreranno che il vaccino non c’entra nulla con la sua morte».È un alternarsi di storie di vite spezzate, persone spezzate nel fisico e nell’animo che hanno deciso di non indietreggiare, pretendono chiarezza. «Basta leggere la denuncia che abbiamo presentato e le memorie contro la richiesta di archiviazione. Sono documenti, perizie, studi scientifici che non possono essere ignorati», ci dice Federica Angelini, la fondatrice del Comitato Ascoltami, che rappresenta oltre 4.000 danneggiati dal siero. «I nostri avvocati, Angelo di Lorenzo e Antonietta Veneziano, hanno fatto un lavoro enorme. Hanno coinvolto specialisti, ricercatori indipendenti, professori come il dottor Bellavite, il dottor Segalla, la dottoressa Teodori. Hanno portato prove tangibili che dimostrano come i vaccini siano un farmaco imperfetto, pericoloso per la salute. Perché allora non indagare? Chi ha paura della verità?».Il suono degli applausi rompe la tensione nell’aria. Troppa sofferenza non può essere né giustificata, né ignorata. Amelia Granini prende il microfono con le mani tremanti. Il vaccino contro il Covid le ha danneggiato il sistema nervoso. Lei insegnava danza classica, amava ballare e lo faceva per passione. Ora le sue gambe non la reggono più e deve avvicinarsi al palco sulla sedia a rotelle. «Mi è bastata una sola dose di Pfizer, una sola. Ho subito avvertito un calore interno, le vertigini, una forte debolezza. Io sono un’infermiera, mi rendevo conto che qualcosa stava cambiando in me. Oggi non sono più la stessa, l’Amelia che c’era prima del vaccino ora non esiste più. Non mi arrendo, ma qualcuno deve rispondere di tutto questo». E come Amelia, non si arrendono anche i rappresentanti dei sindacati delle forze di Polizia che hanno fatto sentire la loro voce proprio davanti alla Procura. Loro che hanno fatto il voto di proteggere lo Stato, ora non accettano il silenzio delle istituzioni. A prendere la parola è Antonio Porto, segretario generale nazionale Osa Polizia: «Noi siamo qui a manifestare, a metterci la faccia in prima persona perché non si possono impedire delle indagini. Non chiediamo un processo, non chiediamo condanne, vogliamo solo che la giustizia sia libera di fare il suo corso senza che venga bloccata prima di attivarsi realmente. Ci sono troppi dubbi che devono avere delle risposte. Non passa giorno che non ci giunga notizia di colleghi morti improvvisamente. Davvero si vuole ignorare tutto questo? Far finta di nulla?». I documenti raccolti nella denuncia presentata dal Comitato Ascoltami e dai sindacati delle forze dell’ordine mostrano un quadro terribile. Negli Aifa leaks sono evidenti gli errori, le omissioni, i segnali di allarme volutamente ignorati per non creare il panico o, come scrive in un documento interno l’ex direttore dell’Aifa, Nicola Magrini, per «non uccidere il vaccino». Se la pericolosità del farmaco fosse stata resa pubblica, se la gravità degli eventi avversi non fosse stata coperta da un muro di omertà e menzogna, forse qualche vita si sarebbe potuta salvare. Ma non è solo un problema del passato. Quello che è successo non deve più ripetersi e se delle morti che vengono chiamate «improvvise» si possono evitare, allora bisogna far di tutto per fermare questa enorme scia di dolore. Una scia di dolore che è iniziata ben prima dei vaccini, perché gli errori, quelli che hanno ucciso le persone, sono iniziati molto prima.In piazza infatti, non ci sono solo i danneggiati, ci sono anche i famigliari delle vittime del Covid. Vittime di quei protocolli insensati decisi sempre dall’ex ministro Roberto Speranza che hanno privato di cure tempestive migliaia di persone, con «tachipirina e vigile attesa». Anche sull’inchiesta di Bergamo, quella sulle responsabilità del piano pandemico che non era aggiornato, pende la scure della richiesta di archiviazione fatta dal pubblico ministero. Eppure tutti quei parenti meritano verità e giustizia. Tutti gli italiani meritano verità e giustizia. E allora il dubbio viene, impedendo delle semplici, ma fondamentali indagini, chi si vuole tutelare? Gli italiani o qualcun altro?
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Massimo Cacciari (Getty Images)