2024-06-03
I luoghi in cui ritrovare se stessi in giro per il mondo
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Una giovane donna medita in riva al fiume Gange a Rishikesh, India (iStock)
Ritrovare se stessi è uno dei motivi principali - forse il principale da sempre - che spingono a viaggiare. Non si viaggia solo per divertirsi, rilassarsi, evadere. Si viaggia anche per esplorare altre emozioni e capacità, spesso sopite da una quotidianità per lo più costrittiva e insoddisfacente.Se questo è vero, devono pur esserci dei luoghi più adatti di altri per coloro che desiderano riconnettersi al sé profondo o anche solo riflettere su questioni demandate da tempo. È chiaro che, quando l’esigenza è questa, difficilmente si scelgono mete famose per la movida.A seguire una breve e per nulla esaustiva lista di alcuni luoghi adatti allo scopo.Italia: UmbriaUna regione percepita spesso come marginale rispetto alla sua più famosa cugina: la Toscana. Peccato perché l’Umbria è speciale.Non solo è il cuore verde d’Italia, ma è anche un contenitore di luoghi di rara bellezza, in cui è possibile fare il pieno di tranquillità, natura e spiritualità.A partire dalla Valnerina, che prende il nome dal limpidissimo fiume Nera, che l’attraversa. Non solo Spoleto, il centro più importante della valle: si spazia dalla Cascata delle Marmore a Scheggino, minuscolo borgo famoso per il tartufo e la pesca della trota. E poi: Norcia, Ferentillo – con il suo museo delle mummie – e il Lago di Piediluco.Luogo in cui riconnettersi con sé stessi grazie all’impercettibile presenza di qualcosa che ci trascende, è Assisi. Non è necessario essere religiosi per capire che la cittadina del Perugino ha qualcosa in più rispetto ad altre città. Basta passeggiare tra i suoi vicoli e ammirare le opere d’arte che adornano la Basilica di San Francesco per assorbirne la sacralità.DormireDei Priori Boutique Hotel, Corso Mazzini 15, Assisi: hotel elegante in posizione ottimale (si trova a 200 metri dalla Basilica di Santa Chiara);Hotel dei Duchi, viale Giacomo Matteotti 4, Spoleto: nel centro storico della città, dispone anche di un comodo parcheggio privato.MangiareOsteria La Piazzetta Dell’Erba, via San Gabriele dell’Addolorata, 15/b, Assisi: cucina raffinata, che propone piatti particolari. Uno su tutti: l’antipasto a base di panini al vapore con maiale in agrodolce;Ristorante Granaro Del Monte, Viale Umbria, Norcia: qui si viene per i piatti della tradizione, tra cui gli ottimi tagliolini al tartufo. Cascata delle Marmore (iStock)Norvegia: i fiordiÈ il fiordo più stretto del mondo: il Nærøyfjord è lungo 17 km e si snoda tra le imponenti montagne di Norvegia. Navigarlo a bordo di un traghetto a motore elettrico è un’esperienza caldamente consigliata se il proprio bisogno è quello di ritrovare sé stessi nel silenzio surreale della natura.Le sue cascate e gli scorci che si aprono durante la navigazione assumono ancora più fascino in una stagione come l’autunno, dominata dai colori caldi, che fungono da contrasto con l’essenza glaciale del posto. Scivolando lungo questo corso dall’acqua blu cobalto – Patrimonio UNESCO – si incontrano fattorie, scogliere a picco e villaggi che sembrano usciti da un film fantasy. Incredibile anche la luce, che in alcuni punti si spegne, per poi riaccendersi riempiendo la natura di sfumature cangianti.Il consiglio è quello di raggiungere il Nærøyfjord in autobus partendo da Bergen: in circa due ore e mezza si raggiunge il villaggio di Gudvangen, da dove salpano i traghetti.La navigazione dura due ore e termina a Flåm, villaggio minuscolo ma assediato dai turisti che partono per le crociere sui fiordi. Nondimeno merita una visita, anche solo per la Flåmsbana, la ferrovia più ripida d’Europa, che collega il piccolo paese con Myrdal, attraversando una natura che dire mozzafiato è poco.DormireKlosterhagen Hotel, Strangehagen 2, Bergenhus, Bergen: accoglienza e ottime colazioni salate;Flåmsbrygga Hotel, A-feltsvegen 25, Flåm: con vista sui fiordi e le montagne circostanti. Ottimo il pub interno.MangiareTrekroneren, Kong Oscars gate 1, Bergen: è una paninoteca. Ma che paninoteca! Da provare il panino con salsiccia di renna e salsa di mirtilli;Restaurant Arven, Nedre Fretheim, Flåm: esperienza di livello all’interno del Fretheim Hotel. Carne salata e affumicata direttamente dai cuochi della struttura. Il villaggio Reine sul fiordo nelle isole Lofoten, Norvegia (iStock)India: RishikeshSi trova nello Stato dell’Uttarakhand, nell’India settentrionale. Stiamo parlando non di una città qualsiasi, ma della capitale dello yoga, situata ai piedi dell’Himalaya. Per questo è una vera e propria meta di pellegrinaggio, benedetta da Vishnu e bagnata dalle acque sacre del Gange. Una città diversa dalle classiche che ci si aspetta di incontrare in India: qui la natura regna sovrana e il traffico è pressoché inesistente.Dalle parti dei ponti Ram Jhula e Lakshman Jhula, ossia nella zona nord, si trova l’essenza spirituale di Rishikesh, caratterizzata da una miriade di templi e scuole di yoga. Non per niente qui si ritirarono in meditazione diversi artisti, come i Beatles. A questo proposito è da vedere il Beatles Ashram, oggi abbandonato, ma ricoperto da murales che li raffigurano.Chiaramente a Rishikesh si trova anche altro, oltre alle zone spirituali, ma è pur vero che anche i luoghi profani sono impregnati di sacro. Come il mercato centrale, dove acquistare coloratissime stoffe e spezie locali. Si trova dalle parti di Triveni Ghat, da vedere al tramonto, quando le persone si immergono nel Gange per purificarsi.DormireSeventh Heaven Inn Rishikesh: un’oasi di pace con una bellissima vista sull’Himalya;Anand Kashi by the Ganges Rishikesh - IHCL Seleqtions: hotel situato in mezzo alla natura, dotato di piscina a sfioro e famoso per la sua atmosfera surreale.MangiareTripto’s Pizza at Swiss Garden, Tapovan: mangiare la pizza in India ha dell’incredibile, ma qui ne vale davvero la pena. Da provare quella con pollo affumicato;Cafe Royale Rishikesh: bellissima vista e ottimi piatti come il Royal Special Thali, tipico piatto nepalese. Rishikesh
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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