2020-07-03
L’unico precario da licenziare: Conte
Giuseppe Conte (Antonio Masiello/Getty Images)
Avendo perso tempo in promesse e Stati generali, Giuseppi costringerà le imprese a lasciare a casa i lavoratori. Dal premier non è arrivato alcun intervento concreto per riavviare l'economia. E se non ci sarà una svolta la situazione sarà ancora più grave.Per definire il comportamento di chi nasconde un problema affinché non se ne parli, si dice che mette la polvere sotto il tappeto. I disoccupati ovviamente non sono polvere, però l'atteggiamento del governo è lo stesso di chi evita di affrontare un guaio occultandolo alla vista dell'opinione pubblica. Bloccare i licenziamenti per evitare che l'Istat registri un aumento della disoccupazione, primo termometro dell'andamento dell'economia, può servire a tamponare una situazione d'emergenza, certo non a risolvere il problema, semmai ad aggravarlo. Ha detto bene Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, una delle catene della grande distribuzione. Il divieto di risoluzione dei rapporti di lavoro è un modo per anestetizzare la situazione, ma non è la cura. Un po' come quando si ricovera una persona in rianimazione: la si fa addormentare, ma dopo bisogna provvedere al risveglio. E al momento, per quanto riguarda il mercato del lavoro, vista la totale inattività di Palazzo Chigi, il risveglio non c'è. Ci sono state le promesse, le molte conferenze stampa, ma di concreto nulla e il rischio si fa di giorno in giorno più elevato. Un'impresa parla di una concreta possibilità che alla fine del blocco ci sia un boom di licenziamenti. Perché se un'azienda è in difficoltà e deve mettere in atto un piano di ristrutturazione per evitare di fallire, gli ammortizzatori sociali non sono la soluzione, in quanto il Tfr corre e così pure gli interessi. Dunque, non basta la cassa integrazione, per risolvere gli affanni di una società che ha necessità di intervenire per ridurre i costi serve qualche cosa che la aiuti a evitare i licenziamenti aumentando i ricavi. Ma in un governo dove nessuno ha mai gestito nemmeno una salumeria è difficile riuscire a far comprendere che le regole dell'economia sono abbastanza semplici e dunque si assume quando c'è lavoro e si licenzia quando non c'è, pena chiudere bottega per tutti.Peraltro, nonostante l'ufficio stampa del governo si affanni con la piena collaborazione dei giornali a nascondere la realtà sotto il tappeto, la situazione è già grave. Sebbene ci sia il blocco dei licenziamenti, i dati Istat per il mese di maggio mostrano un aumento della disoccupazione piuttosto sensibile. Le persone in cerca di lavoro sono cresciute del 18,9 per cento, pari a oltre 300.000 in valore assoluto. Da febbraio, spiega l'Istituto di statistica, il livello di occupazione è diminuito di oltre mezzo milione, mentre gli italiani che cercano un lavoro sono aumentati, fino a sfiorare quota 400.000. Già questo sarebbe di per sé allarmante, ma al numero di chi cerca un posto e di conseguenza un salario, si devono aggiungere altre 900.000 persone che non hanno uno stipendio e al momento non sono segnalate fra coloro che sono in lista d'attesa per trovare un lavoro. Sono i cosiddetti inattivi, gente che sta in una specie di limbo, forse facendosi aiutare dai familiari o, più verosimilmente, accontentandosi di campare grazie a qualche espediente.Certo non è colpa del governo se il Covid ha bloccato tutto e fatto precipitare il Paese in una quarantena che ha messo in crisi molte aziende. Ma è colpa del governo perdere tempo con degli inutili Stati generali invece di intervenire con decisione. Anche altrove si è registrata una crescita della disoccupazione. Ma dopo il primo sbigottimento, chi sta al governo ha reagito con massicci interventi per far ripartire l'economia. Da noi no. Da noi si discute. Mentre altrove si sono varate riduzioni fiscali importanti, da noi se ne parla, come se le parole fossero voci da appostare in bilancio per far quadrare i conti. Certo, si poteva e si doveva intervenire con misure d'emergenza per evitare licenziamenti in massa. Si poteva e si doveva varare un piano di ammortizzatori sociali per non rischiare che milioni di persone fossero ridotte alla fame. Ma poi era necessario fare altro, ovvero far ripartire l'economia e dunque ritornare alle normali dinamiche del mercato del lavoro. Bloccare tutto senza fare niente ci espone invece a un unico rischio, cioè che a settembre o a dicembre, quando saremo costretti a tornare a una legislazione normale e non a una speciale, la polvere rispunti da sotto il tappeto e questa volta con uno strato ancora più difficile da eliminare. In altre parole, si rischia che il guaio sia più grosso di quello attuale, perché aggravato dalla mancanza di interventi tempestivi. Come dice il governo: il medico pietoso fa la piaga puzzolente. Il nostro governo non è pietoso, ma fa pietà e la piaga puzza già.