2022-03-25
L’ultimo enigma su Moro è un anagramma
Il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro il 9 maggio 1978 (Ansa)
Nelle lettere inviate dallo statista della Dc alcune frasi indicherebbero il luogo dov’era tenuto prigioniero dalle Br. Anche Sciascia si accorse dei messaggi segreti. Cossiga fece analizzare gli scritti ma disse che non c’era nulla. Ora un libro apre nuovi interrogativi.Se tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978 qualcuno avesse voluto leggere con attenzione i messaggi in codice scritti da Aldo Moro nei 55 giorni della prigionia in un covo romano delle Brigate rosse, forse il segretario della Democrazia cristiana avrebbe potuto salvarsi. Lo rivela oggi un libro, L’urlo di Moro (Rubbettino editore, 278 pagine, 19 euro) scritto da Carlo Gaudio. Cardiologo, docente alla Sapienza di Roma, Gaudio ha già pubblicato molti saggi di analisi testuali di poeti e scrittori. In questo libro, analizza approfonditamente il testo delle 86 lettere di Moro. «Il mio lavoro», spiega, «è nato dal desiderio di dimostrare che era perfettamente lucido nel suo disperato tentativo di convincere il governo di Giulio Andreotti a una trattativa con le Br». In oltre 8 mesi di lavoro, Gaudio in realtà è riuscito soprattutto a decrittare tre passaggi contenuti delle lettere, e a darne una lettura fin qui mai vista, e a dir poco sconvolgente. La prima lettera che i brigatisti rendono pubblica viene recapitata il 29 marzo a Francesco Cossiga, ministro dell’Interno. Moro scrive che i terroristi lo considerano un «prigioniero politico sotto processo». Supplica di essere liberato, prospetta la necessità di uno scambio con alcuni prigionieri delle Br. La lettera sconvolge l’Italia: da quel momento, sui giornali e tra i politici - soprattutto della Dc e del Pci - prevale la lettura che Moro non sia in sé. S’ipotizza sia vittima di una specie di sindrome di Stoccolma, o che i suoi carcerieri l’abbiano drogato. In realtà, il rapito è più che lucido. Gaudio sostiene infatti ci sia un motivo preciso se scrive proprio a Cossiga, che non solo è un amico fraterno, ma ha la sua stessa passione per l’enigmistica. Il motivo è nascosto in un inciso della lettera, dove Moro rivelerebbe l’indirizzo della sua prigionia: per l’esattezza nelle parole dove, riferendosi alla sua condizione, scrive queste 46 lettere: «che io mi trovo sotto un dominio pieno ed incontrollato». Il perfetto anagramma di quella frase, che Gaudio propone, è: «E io so che mi trovo dentro il p° uno di Montalcini n° otto». L’ipotesi è sconvolgente. Nella lettera indirizzata al ministro dell’Interno, che è anche capo della polizia e dell’intelligence, Moro avrebbe rivelato l’esatta posizione del covo romano in cui le Br lo tenevano nascosto: cioè il primo piano di via Montalcini 8, nel quartiere della Magliana. Ma è possibile che Moro avesse scoperto l’indirizzo della sua prigione? Sì, è possibile. Gaudio ricorda che due capi delle Br, Lauro Azzolini e Franco Bonisoli, intercettati dal Sisde nel 1979 mentre nel carcere dell’Asinara discutevano del sequestro di Moro, dicevano che in quel covo era abbastanza libero di muoversi: «Si lavava anche quattro volte al giorno, si faceva la doccia…». Per tutto questo, Guadio ritiene plausibile che Moro in uno di quei passaggi abbia notato una bolletta della luce, o del gas, memorizzando l’indirizzo.Il punto ancora più sconvolgente è che quel suo messaggio, evidentemente sfuggito alla censura dei brigatisti, nel 1978 non viene colto né da Cossiga, né dai decrittatori dei servizi segreti cui viene mostrato. A rivelare il tentativo, 25 anni dopo il rapimento, fu lo stesso Cossiga. Il 23 dicembre 1993 l’ex ministro dell’Interno, nel frattempo transitato dal Quirinale, alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi raccontò di aver cercato di far decifrare le lettere di Moro su suggerimento dell’economista Nino Andreatta, amico del rapito: «L’ufficio più importante di crittografia è per lunga tradizione il Sios della Marina», queste le parole esatte di Cossiga, «che passò al vaglio le lettere di Moro, ma disse che non contenevano nulla». Oggi Gaudio è convinto che questa rivelazione, anche per il suo ritardo, sia falsa: il Sios avrebbe quindi decrittato il disperato messaggio di Moro, ma la scoperta non sarebbe stata utilizzata. È una verità a dir poco sconcertante. Lo è ancora di più se si ricorda che proprio la frase decifrata da Gaudio era già stata genialmente notata per la sua estraneità al contesto della lettera da Leonardo Sciascia. Che nel 1978, appena pochi mesi dopo la morte del leader della Dc, aveva scritto un famoso saggio, L’affaire Moro (Adelphi), per analizzare i «segnali di fumo» nascosti nelle sue missive. In quelle pagine, curiosamente, lo scrittore aveva creduto di escludere che nella lettera a Cossiga potessero «nascondersi crittogrammi, o che fosse possibile decifrarla attraverso scomposizioni e ricomposizioni da codici spionistici», ma aveva segnalato che proprio la frase dove Moro accennava al suo trovarsi «sotto un dominio pieno ed incontrollato» delle Br era così «anomala» da poter essere letta come un messaggio dove il prigioniero tentava d’indicare il luogo della sua prigione. Qualche anno dopo, divenuto deputato radicale, Sciascia aveva approfondito il tema e proposto la sua personale decifrazione: con quella frase, Moro aveva voluto suggerire di trovarsi «in un condominio molto abitato e non ancora controllato dalla polizia». Gaudio oggi va ben oltre, e sostiene che Moro abbia indicato addirittura l’indirizzo stradale della prigione. A rafforzare la tesi è il fatto che lo stesso indirizzo sembra comparire anche nella lettera che il 5 aprile 1978 Moro scrive a sua moglie Eleonora, dove c’è un altro inciso strano (53 lettere): «La giovinezza ha il dono della fermezza e di un po’ di alternativa». Anche qui Gaudio propone un anagramma: «Digli: devono. Io ho un’alternativa della pazza linea di fermezza». La frase dovrebbe spingere la moglie a fare pressione sui ministri democristiani, perché favoriscano la trattativa e lo scambio di prigionieri. Ma subito dopo Gaudio nota un’altra frase strana, un terzo possibile messaggio cifrato (52 lettere): «Io poso gli occhi dove tu sai e vorrei che non dovesse mai finire». E anche qui propone un anagramma: «O forse che io dovevo essere chiuso prigione di via Montalcini?». Gaudio è convinto: qui emergerebbe il terribile dubbio di Moro sui vertici della Dc, alla luce del loro rifiuto di trattare per la sua salvezza.
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