2024-08-01
L’ultima ipocrisia: «Non è trans, è intersex»
Oggi la Carini sarà sul ring a suo rischio e pericolo, il Cio: «Basta caccia alle streghe, sui documenti Khelif è donna». Il Coni annuisce senza fiatare. E Gaynet dà la linea: «C’è una carriera alle spalle nello sport femminile». Peccato che i cromosomi contino più di tutto.«Decide il Cio, io mi adeguo». Si fa stringere i guantoni, calza il caschetto paracolpi ed è pronta alla sfida. Non potendo prendere a pugni il regolamento, Angela Carini prova a farlo contro l’algerino Imane Khelif nel match più surreale delle Olimpiadi, all’Arena Paris Nord all’ora di pranzo (12.20) quando avrà di fronte un’avversaria con la muscolatura da uomo. L’atleta napoletana e il suo staff hanno deciso di lasciare a bordo ring le polemiche, i dubbi, le paure che accompagnano l’ottavo di finale dei pesi welter, categoria 66 chilogrammi. E quel rischio latente di subire pugni ben poco femminili.«Devo adeguarmi, non posso fare altro che andare sul ring e dare tutta me stessa», ripete l’azzurra di 25 anni, forte di una passione incrollabile che l’ha portata alle Olimpiadi, forte di un argento mondiale e un argento europeo in bacheca, ispirata da papà Giuseppe che faceva il poliziotto e ora la protegge da lassù (è mancato subito dopo i giochi di Tokyo). La chiamano «Tiger» per la determinazione e quella capacità di far scattare il colpo vincente al momento giusto. Lei ha tutto questo da spendere, non può preoccuparsi del sesso dell’avversaria anche se vorrebbe. Morde l’asciugamano, aspetta che parlino altri, ma non lo fanno. Il presidente della Federazione italiana di pugilato Flavio D’Ambrosi è preoccupato, è sul punto di esplodere ma preferisce affidarsi «a un silenzio istituzionale».Il problema è competere ad armi pari con l’avversaria, la nordafricana che un anno fa fu squalificata ai mondiali di New Dehli perché nel test dell’Iba (International boxing association) furono evidenziati cromosomi maschili nell’organismo e un livello di testosterone non conforme alle gare femminili. Un anno dopo Imane Khelif è in gara perché il Cio ha cambiato ente regolatore e parametri: l’Iba è stato esautorato con la giustificazione infantile che il suo presidente, il russo Umar Kremlev, sarebbe amico di Vladimir Putin. E il gotha dello sport mondiale ha deciso di affidarsi a un ente proprio, molto più morbido sull’idoneità di genere, molto più inserito nel mood dell’inclusività purchessia.Il passato di Khelif, che dopo la squalifica protestò adducendo motivazioni politiche («Non vogliono che la bandiera dell’Algeria sventoli sul podio»), è avvolto nel mistero. Non sarebbe transgender, non avrebbe mai fatto il cambio di sesso - peraltro pratica illegale nel suo Paese - ma avrebbe avuto uno sviluppo sessuale che la pone nella casella intersex, condizione delle persone che hanno caratteri sessuali non definibili come esclusivamente maschili o femminili. Ha combattuto nella categoria femminile fin da bambina, ha prodotto certificati medici, ha trovato una commissione favorevole e oggi incrocia i guantoni con l’azzurra.Guardando arrivare la tempesta, il Cio ha emesso un comunicato anestetizzato: «Tutti gli atleti che partecipano al torneo di boxe rispettano i regolamenti di ammissibilità nonché le norme mediche applicabili». E il Coni di Giovanni Malagò si è allineato senza fiatare, mai citando il caso specifico: «Ci siamo attivati con il Cio affinché i diritti degli atleti siano conformi alla carta olimpica e ai regolamenti sanitari». Pesci in barile, nel paese del cardinal de Richelieu non si poteva cavarsela meglio. Più deciso il portavoce del Cio, Mark Adams, incalzato a Parigi dalle domande dei giornalisti di tutto il mondo anche sul caso analogo della pugile taiwanese Lin Yu-Tiny, che gareggia nei pesi piuma. «Queste atlete sono donne e sono idonee, hanno partecipato alle Olimpiadi di Tokyo, noi dobbiamo cercare di mitigare questa situazione e non trasformarla in caccia alle streghe». Poi si lascia scappare un’ammissione imbarazzante: «Sono donne sui loro passaporti». Come se il pezzo di carta sostituisse il test sui livelli di testosterone, cambiati in modo sostanziale da un anno a questa parte. A dar man forte arriva anche Gaynet, attraverso il presidente, Rosario Coco: «L’atleta algerina non è una donna trans. Si tratta di una persona intersex, con una carriera alle spalle nelle competizioni femminili». Questo è il match della politica che inzuppa lo sport da sempre e lo trasforma in un veicolo per imporre tendenze, scelte sociali, perfino mode. Questo è il match che ad Angela Carini, dolce nei lineamenti ma con un’anima d’acciaio, non interessa. È preoccupata per il suo ma non ha paura. Le risuonano in testa le parole della messicana Brianda Tamara Cruz dopo aver affrontato Khelif: «I suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile. Grazie a Dio quel giorno sono scesa dal ring sana e salva». L’azzurra si fa stringere i guantoni e guarda oltre. Pensa a papà Giuseppe, che per incitarla le diceva: «Il pugile è come un ciclista, vince all’ultimo chilometro quando gli altri non ne hanno più». A lei servirà l’ultimo pugno. Per provare a mandare ko non solo una strana avversaria, ma anche il conformismo.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.