2019-08-09
Luigino e i suoi sono finiti nella tonnara del Carroccio
Quando entrarono in Parlamento per la prima volta, annunciarono che l'avrebbero aperto come una scatoletta di tonno. In realtà, a sei anni di distanza, si può dire che a essere stato aperto come una scatoletta di tonno è stato il Movimento 5 stelle che, per rimanere alla metafora usata da Beppe Grillo nel 2013, sembra essersi infilato senza rendersene conto in una tonnara e ora rischia la mattanza.Matteo Salvini è stato chiaro: o le elezioni o l'umiliazione di veder cacciati i ministri che nell'ultimo anno sono stati d'intralcio all'avanzata leghista. Nell'uno e nell'altro caso i pentastellati finirebbero arpionati come tonni. Tredici mesi di governo con la Lega hanno infatti intrappolato i grillini in una rete da cui difficilmente appaiono in grado di uscire vivi. In particolare, non sembra avere alternative al suicidio politico il povero Luigi Di Maio, il quale da capo dei 5 stelle rischia di finire la carriera come capro espiatorio, abbandonato dai suoi che lo danno ormai per sconfitto e lo accusano di molti errori. Il vicepremier è colui che più ha creduto all'alleanza con Salvini e probabilmente, almeno in principio, ha ritenuto che la forza dei numeri (i 5 stelle hanno il doppio dei parlamentari della Lega) gli avrebbe consentito di tenere a bada le smanie del ministro dell'Interno. Come risulta evidente, dalle elezioni europee prima e dai sondaggi dopo, non è andata come Di Maio si aspettava, perché l'esecutivo di Giuseppe Conte è servito da vaso comunicante fra Movimento e Lega, consentendo il travaso di voti dal primo alla seconda. Ed è proprio questo il tema. Stare al governo non ha indebolito o rafforzato entrambi i partiti che lo sostengono, ma ha dimezzato uno e ha raddoppiato l'altro. Oggi il partito di Salvini veleggia fra il 36 e il 39 per cento, a seconda delle rilevazioni, mentre quello di Di Maio oscilla fra il 18 e il 15. Insomma, i ruoli si sono ribaltati e la forza dei numeri oggi consente al ministro dell'Interno di dettare le condizioni. Se prima era il capo dei grillini a credere che il suo 33 per cento delle politiche potesse piegare l'alleato, ora è il capitano leghista a forzare la mano con il 34 per cento incassato alle europee e un quasi 40 per cento che gli viene attribuito dagli esperti di intenzioni di voto.Certo, quando Beppe Grillo mostrava in favore di telecamere e fotografi l'apriscatole non pensava che sarebbe finita così. Probabilmente temeva che i suoi si abituassero alle mollezze romane, facendosi conquistare dai salotti come capita a tutti i neofiti della politica e per questo li istruì affinché se ne tenessero alla larga. Il fondatore non immaginava che invece i suoi parlamentari non sarebbero finiti spiaggiati nei salotti, ma si sarebbero infilati nella tonnara di Salvini, pronti per essere arpionati.Di fronte alla minaccia leghista di elezioni a ottobre, Di Maio avrebbe accettato di chinare il capo e sostituire i ministri sgraditi a Salvini? Difficile dirlo, anche se il vicepremier grillino sarebbe stato comunque spacciato. Tornare al voto come ora pretende l'altro vicepremier per lui significa accettare non solo di uscire di scena, ma anche di ridurre a un terzo la truppa che aveva portato in Parlamento solo un anno fa. D'altro canto, accettare che fosse un alleato con il 17 per cento (questa è la percentuale su cui può contare tra Camera e Senato la Lega) a dettare legge fino a imporre i ministri sarebbe stato comunque un suicidio. Ciò di cui avrebbe bisogno il vicepremier grillino è il tempo, ossia mesi, ma forse sarebbe meglio dire anni, per recuperare consensi e sperare che Salvini si sgonfi. Ma di tempo sembra essercene davvero pochissimo e ho la sensazione che dalla camera della morte (è il termine tecnico con cui si chiama la rete dove i tonni una volta infilati vengono arpionati) difficilmente i grillini riusciranno a salvarsi: come sanno in tanti, Matteo Renzi per primo, i voti sono facili da perdere, ma quasi impossibili da recuperare. L'unica speranza per Di Maio & C. risiede in qualche pastrocchio parlamentare favorito da Sergio Mattarella. Un'ipotesi che però, data anche la situazione in cui versano le opposizioni, pare altamente improbabile. E che certo non farebbe il bene del Paese. A questo punto, meglio la chiarezza delle urne.
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
Continua a leggereRiduci
Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.