
Il nuovo budget comunitario deve fare i conti con l'ammanco di 13 miliardi della Brexit Più soldi da sborsare e tasse in arrivo. Altra voce di spesa per frenare l'immigrazione.La Commissione europea ha svelato ieri le proprie carte in materia di budget comunitario, il primo dopo la Brexit. Si tratta in realtà ancora di una proposta in quanto, come previsto dal Trattato di Lisbona, la palla passa ora al Consiglio europeo e al Parlamento europeo, che si dovranno pronunciare sul tema entro l'autunno. La dotazione totale, stabilita per il periodo 2021-2027, è pari a 1.279 miliardi di euro, una cifra di poco superiore al precedente bilancio. Bisogna tenere conto, però, che l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea lascia un buco di 13 miliardi di euro. Un ammanco tamponato grazie a un mix di tagli in alcuni settori e maggiori contributi per gli Stati membri. Per finanziarsi la Commissione ha proposto l'introduzione di un paniere di nuove risorse proprie, che comprendono una tassa sulla plastica e un'aliquota sulle entrate provenienti dallo scambio delle emissioni della CO2. «Questo è un giorno molto importante per la nostra Unione», ha dichiarato Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue. «Il nuovo budget rappresenta un'opportunità per ridisegnare il nostro futuro sotto forma di una nuova, ambiziosa Unione a 27, tenuta insieme dal valore della solidarietà».Rispetto alla precedente edizione, le macroaree nelle quali è diviso il bilancio sono passate da sei a sette. Fa capolino infatti una nuova voce, quella che riguarda l'immigrazione e il controllo delle frontiere. Un tema molto caldo, specie negli ultimi anni, al quale però sono destinati comunque «appena» 34,9 miliardi, cioè il 2,7% del totale. Colpiscono i tagli al settore dell'agricoltura e a quello dei fondi regionali, mentre aumentano gli stanziamenti per il digitale, la ricerca e l'innovazione e la sicurezza e la difesa. La scelta di destinare maggiori fondi nel campo militare piacerà di sicuro a Emmanuel Macron, che fin dall'inizio del proprio mandato preme per la nascita di una forza d'intervento continentale. Secondo quanto riferisce Politico, il presidente francese riunirà il prossimo mese una decina di Stati, tra cui l'Italia, per siglare un accordo che preveda un'azione comune in caso di emergenza. Una delle novità più significative è rappresentata, però, dall'introduzione di un meccanismo che rafforza il legame tra i fondi Ue e lo stato di diritto, che la Commissione giudica «presupposto essenziale di una sana gestione finanziaria e dell'efficacia dei finanziamenti». Secondo quanto riportato nel comunicato ufficiale, «i nuovi strumenti proposti consentirebbero all'Unione di sospendere, ridurre o restringere l'accesso ai finanziamenti dell'Ue in modo proporzionale alla natura, alla gravità e alla portata delle carenze relative allo stato di diritto». «Una decisione di questo genere», precisano da Bruxelles, «sarebbe proposta dalla Commissione e adottata dal Consiglio con votazione a maggioranza qualificata inversa». Ciò significa che, nel caso venisse licenziato un tale provvedimento, toccherà al Paese colpito trovare una maggioranza per scongiurarne l'attuazione. Un meccanismo che consegna nelle mani della Commissione un potere discrezionale enorme, studiato apposta per mettere all'angolo Polonia e Ungheria. L'anno scorso la Commissione aveva avviato le procedure d'infrazione contro Varsavia per l'approvazione della riforma giudiziaria. Budapest invece è sempre nell'occhio del ciclone per via dell'intransigenza di Viktor Orban sui temi dell'immigrazione. Ma il trattamento che oggi viene riservato ai due Paesi orientali potrebbe riguardare in futuro qualsiasi membro sgradito alla nomenclatura continentale.Le reazioni dei principali leader europei non si sono fatte attendere. La Germania, per voce dei ministri Heiko Mass (esteri) e Olaf Scholz (finanze), ha espresso un giudizio positivo. Di tutt'altro avviso il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che ha definito un accordo sul bilancio «molto lontano» e il primo ministro olandese Mark Rutte, il quale ha definito il budget «inaccettabile» a causa dell'aumento eccessivo del contributo del suo Paese. Negativa anche la Polonia, che chiede «più equilibrio» in base alle esigenze dei singoli Stati membri.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






