Attacco al made in Italy, la Commissione europea pretende l'etichettatura come per le sigarette: «Cibi che provocano il cancro». A rischio decine di miliardi di euro di fatturato e oltre 3 milioni di lavoratori. Paolo Gentiloni (a differenza dei francesi) resta in silenzio.
Attacco al made in Italy, la Commissione europea pretende l'etichettatura come per le sigarette: «Cibi che provocano il cancro». A rischio decine di miliardi di euro di fatturato e oltre 3 milioni di lavoratori. Paolo Gentiloni (a differenza dei francesi) resta in silenzio. Se vi fate un panino con il prosciutto di Cinta e lo accompagnate con un bicchiere di Chianti è sicuro che andrete a intasare le terapie intensive e questo in tempo di virus cinese pare brutto. Parola di Commissione europea che dice che vino e salumi provocano il cancro. Magari Bruxelles fa fatica a frasi dare i vaccini dalla Pfizer, ma se c'è da stangare il Barolo o il salame di Felino non si tira mai indietro. Ora vediamo come la mettono i nostri europeisti impegnati a far di Conte, ma poco attenti a difendere gli interessi della nostra economia in quel di Bruxelles mentre in Francia sono già pronti a fare le barricate. Viene da chiedersi se Paolo Gentiloni, il nobiluomo del Pd che sorveglia i conti pur stando al guinzaglio di Vladis Dombrovskis si sia accorto del piattino che gli hanno preparato. La guerra all'agricoltura mediterranea è cominciata da un pezzo nelle sacre stanze dell'Europa, è passata per il cosiddetto Nutriscore fatto apposta per compiacere le multinazionali del cibo che sono anche le multinazionali delle medicine. Ma siccome l'etichetta a semaforo ancora non ha raggiunto il suo scopo ecco il nuovo progetto: si chiama Europe's Beating Cancer Plan e sarà presentato oggi, in occasione della giornata mondiale contro il cancro da Ursula von der Leyen. Il piano lo ha anticipato www.winenews.it solitamente molto bene informato su tutto quello che riguarda vino e dintorni. Il sito di Alessandro Regoli annuncia: «Sulle bottiglie ci saranno le etichette dissuasive come quelle che ora si applicano alle sigarette ed è previsto l'azzeramento di tutti i fondi promozionali a vantaggio di alcolici e dunque del vino oltre a penalizzazione per i salumi e per le carni rosse». Tutto questo in ossequio alle direttive dell'Oms – l'Organizzazione mondiale della sanità, quella che loda i cinesi che hanno dato l'allarme sulla pandemia con almeno quattro mesi di ritardo – che un giorno dice che la carne rossa fa venire il cancro e l'altro sostiene che il consumo, non l'abuso, di vino favorisce l'insorgenza di tumori. E così l'Europa si allinea, anzi fa di più. Come nota Luigi Scordamaglia che ha protestato con una lettera inviata insieme a Coldiretti alla Commissione europea: «Il piano non ha nessun senso. Intanto ci sono evidenze scientifiche che indicano che il consumo moderato di vino aiuta la salute e non il contrario, poi in Italia il consumo di carne rossa è al di sotto della dose consigliata dai medici e la stessa Oms dice che non ci sono evidenze di cancerosità delle carni trasformate, ma indica un consumo moderato. Ora», osserva ancora Scordamaglia, «togliere soldi all'informazione al consumatore significa ottenere esattamente lo scopo opposto a quello dichiarato dalla Commissione: cioè educare al consumo. La verità è che c'è ancora e di nuovo un attacco al made in Italy». Nell'Europe's Beating Cancer Plan è previsto l'obbligo di etichettare vini salumi e carni come nocivi alla salute, l'azzeramento di tutti gli «stimoli al consumo di alcol attraverso i programmi di promozione dei prodotti agricoli Ue» e ovviamente di tutti i sostegni alla produzione. Per gli agricoltori significa una mazzata da ko, vuol dire che la cosiddetta Ocm vino (organizzazione comune di mercato) salta per aria e che si perdono alcuni miliardi di sostegno. Per il made in Italy agroalimentare il colpo è durissimo: al di là dei mancati sostegni il danno d'immagine è enorme. L'agroalimentare italiano vale all'incirca un quarto del nostro Pil: 180 miliardi di fatturato diretto che generano un valore aggiunto di 119 miliardi per un complessivo fatturato di filiera che sfiora i 600 miliardi di euro. L'esportazione vale 44,6 miliardi, nel caso del vino l'export è il 53,% del fatturato delle cantine, per i salumi (un comparto 8 miliardi) l'export vale 2,2 miliardi e per le carni la quota estera è circa l'11% sui 30 miliardi di fatturato. Dal campo alla tavola il comparto vale 3,4 milioni di occupati. In Francia sono già pronti a fare le barricate e nei giorni scorsi Ignacio Sanchez Recarte, segretario generale del Comité Européen des Enterprises Vins si chiedeva: «Perché se la Commissione europea è così fiera del nostro cibo, propone di fermare la promozione Ue per vino, spirits, birra e carne rossa nello Europe's Beating Cancer Plane?». In Italia solo la Coldiretti per ora ha lanciato l'allarme. Il presidente Ettore Prandini ha scritto a Paolo Gentiloni, che non ha accusato ricevuta, per dire : «Fermate questa penalizzazione, già il Covid ha messo a terra la filiera del vino e l'agroalimentare di grande qualità, ora si colpiscono prodotti simbolo con l'Italia che il principale produttore europeo di vino, ma anche il Paese più ricco di piccole tipicità tradizionali che così rischiano invece di essere condannate all'estinzione». Ed in effetti la contraddizione della Commissione è palese. Da una parte assegna Dop a pioggia a salumi e vini, dall'altra dice che sono potenziali bombe per la salute. Ma la verità probabilmente è un'altra. È che la Commissione vuole drasticamente ridurre i fondi per la politica agricola comunitaria. Si sapeva già che l'effetto Brexit avrebbe costretto a una riduzione del 15% dei fondi agricoli, ma ora c'è da finanziare il Recovery Fund e c'è da farsi belli con il green new deal che prevede che le mucche inquinano, i maiali sono nemici degli ambienti, il vino va sostituito con gli integratori delle multinazionali e la dieta vegana è quella politicamente corretta. Perciò basta inventarsi una nuova pandemia: Barbera e michetta sono peggio del virus cinese.
Federico Cafiero De Raho (Ansa)
L’ex capo della Dna inviò atti d’impulso sul partito di Salvini. Ora si giustifica, ma scorda che aveva già messo nel mirino Armando Siri.
Agli atti dell’inchiesta sulle spiate nelle banche dati investigative ai danni di esponenti del mondo della politica, delle istituzioni e non solo, che ha prodotto 56 capi d’imputazione per le 23 persone indagate, ci sono due documenti che ricostruiscono una faccenda tutta interna alla Procura nazionale antimafia sulla quale l’ex capo della Dna, Federico Cafiero De Raho, oggi parlamentare pentastellato, rischia di scivolare. Due firme, in particolare, apposte da De Raho su due comunicazioni di trasmissione di «atti d’impulso» preparati dal gruppo Sos, quello che si occupava delle segnalazioni di operazione sospette e che era guidato dal tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano (l’uomo attorno al quale ruota l’inchiesta), dimostrano una certa attenzione per il Carroccio. La Guardia di finanza, delegata dalla Procura di Roma, dove è approdato il fascicolo già costruito a Perugia da Raffaele Cantone, classifica così quei due dossier: «Nota […] del 22 novembre 2019 dal titolo “Flussi finanziari anomali riconducibili al partito politico Lega Nord”» e «nota […] dell’11 giugno 2019 intitolata “Segnalazioni bancarie sospette. Armando Siri“ (senatore leghista e sottosegretario fino al maggio 2019, ndr)». Due atti d’impulso, diretti, in un caso alle Procure distrettuali, nell’altro alla Dia e ad altri uffici investigativi, costruiti dal Gruppo Sos e poi trasmessi «per il tramite» del procuratore nazionale antimafia.
Donald Trump e Sanae Takaichi (Ansa)
Il leader Usa apre all’espulsione di chi non si integra. E la premier giapponese preferisce una nazione vecchia a una invasa. L’Inps conferma: non ci pagheranno loro le pensioni.
A voler far caso a certi messaggi ed ai loro ritorni, all’allineamento degli agenti di validazione che li emanano e ai media che li ripetono, sembrerebbe quasi esista una sorta di coordinamento, un’«agenda» nella quale sono scritte le cadenze delle ripetizioni in modo tale che il pubblico non solo non dimentichi ma si consolidi nella propria convinzione che certi principi non sono discutibili e che ciò che è fuori dal menù non si può proprio ordinare. Uno dei messaggi più classici, che viene emanato sia in occasione di eventi che ne evocano la ripetizione, sia più in generale in maniera ciclica come certe prediche dei parroci di una volta, consiste nella conferma dell’idea di immigrazione come necessaria, utile ed inevitabile.
Adolfo Urso (Imagoeconomica)
Il titolare del Mimit: «La lettera di Merz è un buon segno, dimostra che la nostra linea ha fatto breccia. La presenza dell’Italia emerge in tutte le istituzioni europee. Ora via i diktat verdi o diventeremo un museo. Chi frena è Madrid, Parigi si sta ravvedendo».
Giorni decisivi per il futuro del Green Deal europeo ma soprattutto di imprese e lavoratori, già massacrati da regole asfissianti e concorrenza extra Ue sempre più sofisticata. A partire dall’auto, dossier sul quale il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha dedicato centinaia di riunioni.
Gigi De Palo (Ansa)
Su «Avvenire», il presidente della Fondazione per la natalità, Gigi De Palo, contraddice la ragion d’essere del suo ente chiedendo più nuclei familiari immigrati. L’esito di politiche del genere è visibile in Scozia.
Intervistato dal quotidiano della Conferenza episcopale italiana, Avvenire, il presidente della Fondazione per la natalità, Gigi De Palo, ha rilasciato alcune dichiarazioni a pochi giorni dalla chiusura della quinta edizione degli Stati generali della natalità, indicando quelle che a suo dire potrebbero essere ricette valide per contrastare la costante riduzione delle nascite da cui l’Italia è drammaticamente afflitta (nel solo mese di agosto del 2025 il calo è stato del 5,4% rispetto ai già deprimenti dati dello stesso mese del 2024: in cifre, 230.000 neonati in meno).






