
Londra e poi l’Ue hanno ostacolato i negoziati del 2022, convincendo il Paese invaso a mandare al massacro i suoi soldati. In vista di una vittoria impossibile fin dall’inizio.Mettiamo che Tizio sia in causa con Caio che pretende da lui, a torto o a ragione, la somma di 1.000 euro. Prima che la causa vada avanti Caio propone, però, di chiudere la controversia con una transazione, dicendo che si accontenterebbe di 100 euro. Tizio dice di no, su consiglio del suo avvocato, secondo il quale Caio è un soggetto inaffidabile, per cui ci sarebbe da temere che, una volta incassati i 100 euro, tornerebbe alla carica per ottenere il resto. La causa, quindi, prosegue fino a che, a un certo punto, non profilandosi all’orizzonte la favorevole decisione del giudice, che l’avvocato aveva dato per rapida e sicura, Tizio, a fronte delle sempre più gravose spese legali che non è in grado di sostenere, si dichiara disponibile a una nuova transazione con Caio, il quale, però, adesso vuole non più 100 ma 200 euro. L’avvocato, stavolta, consiglia a Tizio di accettare, ma pretende che i colleghi di studio, da lui vituperati per aver, a suo tempo, suggerito di aderire all’originaria proposta transattiva, accusandoli di collusione con l’avversario, ammettano di aver avuto torto e gli riconoscano il merito di avere impedito, con il suo patrocinio, che Tizio fosse costretto a pagare a Caio l’intera somma di 1.000 euro. Sembra evidente che una tale pretesa difficilmente potrebbe essere accolta. In ultima analisi, infatti, il risultato dell’opera dell’avvocato è stato che Tizio, per liberarsi dalle pretese di Caio, ha dovuto pagare il doppio di quanto Caio chiedeva all’inizio e si è dovuto gravare di spese legali che, altrimenti, avrebbe evitato. Se ora, al posto di Tizio, di Caio e dell’avvocato, mettiamo, rispettivamente, l’Ucraina, la Russia e i Paesi occidentali che hanno incoraggiato e sostenuto lo sforzo bellico della prima per resistere alla seconda, vediamo che la situazione corrisponde esattamente a quella sopra descritta. Se l’Ucraina, infatti, avesse accettato le proposte avanzate dalla Russia nel marzo del 2022, dopo appena un mese circa dall’inizio dell’«operazione militare speciale», se la sarebbe cavata con la rinuncia ai soli territori della Crimea, del Lugansk e del Donbass, già, di fatto, in tutto o in buona parte controllati dalla Russia. Quelle proposte furono però rifiutate dietro assicurazione, da parte dell’allora primo ministro britannico, Boris Johnson, nella veste di agente speciale degli Usa, e con la successiva adesione dell’Unione europea e di quasi tutti i singoli Paesi che ne fanno parte, che la guerra, grazie al loro sostegno, sarebbe in breve tempo finita con l’«immancabile vittoria» (copyright Benito Mussolini) nei confronti del russo invasore. Ma il risultato è stato, invece, quello che l’Ucraina, dopo un calvario di oltre tre anni di guerra, con spaventose perdite umane e materiali, si trova ora a dover accettare, avendo esaurito le proprie forze, sacrifici territoriali assai maggiori di quelli originariamente richiesti, atteso che la Russia pretende ora di ottenere anche gli ulteriori, vasti territori che, nel frattempo, è riuscita a occupare nell’Ucraina orientale. E all’accettazione di tali sacrifici mostrano, adesso, più o meno esplicitamente, di essere consenzienti anche quanti, fra i governanti europei, l’avevano spinta al confronto bellico e al rifiuto di ogni trattativa, perseverando in tale atteggiamento fino a quando, insediatosi al potere il nuovo presidente, Donald Trump, hanno dovuto adattarsi alla sua decisione di porre rapida fine, in un modo o nell’altro, alla guerra, secondo l’impegno da lui assunto nel corso della campagna elettorale. Ma costoro, invece di limitarsi, se non altro, a tacere (sarebbe troppo pretendere, infatti, che riconoscessero il loro torto), si gloriano, con impudenza degna di miglior causa, di aver avuto il merito di aiutare l’Ucraina a sottrarsi a quello che altrimenti, secondo loro, sarebbe stato il suo ineluttabile destino di soggiacere totalmente al dominio della Russia. E continuano a predicare - come ha fatto, ultimamente, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nella sua recente visita a Kiev - la necessità di fornire un sempre maggiore sostegno militare all’Ucraina, sia pure allo scopo non più di continuare la guerra ma di acquisire maggior forza contrattuale nelle future trattative di pace con la Russia. Il che equivale a lasciar intendere che, qualora tali trattative fallissero, la pur esausta Ucraina dovrebbe, tuttavia, tornare a combattere una guerra che resterebbe, comunque, senza speranza di vittoria e della quale, quindi, sarebbe assai difficile comprendere l’obiettivo finale. Salvo a pensare l’impensabile, e cioè che - esclusa in partenza, già dalla presidenza di Joe Biden, la possibilità di un intervento diretto degli Usa - si prospetti quella di un tale intervento da parte dell’Europa o, almeno, dei Paesi europei i cui governi sembrano a ciò più propensi: vale a dire, in particolare, la Francia e la Gran Bretagna, che sono anche le uniche potenze europee dotate di armamento nucleare. A quest’ultimo proposito sarebbe bene ricordare, però, che l’arsenale nucleare anglo-francese non raggiunge, com’è universalmente noto, neppure un decimo di quello russo. La Russia, quindi, qualora quella prospettiva si realizzasse, non avendo da temere rappresaglie da parte degli Usa, il cui arsenale nucleare è l’unico a poter reggere il confronto con quello russo, potrebbe essere fortemente tentata di far ricorso, specie nel caso che la situazione sul campo evolvesse a suo sfavore, all’uso dell’arma atomica contro tutti i Paesi europei che avessero assunto veste di belligeranti e, magari, per sicurezza, anche contro quelli che non si fossero apertamente dissociati. Dopodiché potrebbe dirsi finalmente conseguito l’obiettivo della «pace giusta»: quella, cioè, che regna sovrana nei cimiteri.
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






