2025-06-26
La sinistra francese protegge gli autori delle molestie di Parigi
«Frontières media» pubblica i nomi di coloro che sono stati arrestati per aver aggredito 145 ragazze con le siringhe. Quasi tutti arabi o nordafricani. Ma il partito di Mélenchon se la prende coi giornalisti.Nomina nuda tenemus. Alla sinistra piace da sempre Umberto Eco, molto meno il messaggio fondante de Il nome della rosa, soprattutto quando giustifica la pubblicazione di certi elenchi. Quella francese è in subbuglio non per la violenza contro le donne alla Festa della musica di Parigi (145 vittime, 12 tra fermi e arresti), non per l’uso odioso delle siringhe come arma di terrore anche solo psicologico, non per la continua discriminazione di genere, non per la paura sempre più concreta che i quartieri islamici sfuggano al controllo delle istituzioni, ma perché il sito di destra Frontières Media ha diffuso i nomi degli aggressori denunciati e portati nelle gendarmerie.L’elenco è un vero e proprio spaccato sociale, con stranieri irregolari, immigrati di seconda generazione già noti alle forze dell’ordine, vecchi arnesi della piccola criminalità da banlieue. Quasi tutti con un denominatore comune nei nomi arabeggianti, Mohamed, Fadi, Ayoub, Walid, Aboubakr, Yasser, ai quali si aggiungono come isole nella corrente un Jacky e uno Jerome. Algerini, tunisini, marocchini in maggioranza, con precedenti oppure «conosciuti dai servizi di polizia». Nella lista non compaiono minorenni, non si può parlare di baby gang anche perché i capi vanno dai 35 ai 44 anni, sbandati di professione senza una bussola interiore.L’identikit del fenomeno si sovrappone all’identikit di chi ne è protagonista, un altro (non nuovo) aspetto di quella «taharrush gamea», la molestia collettiva, l’aggressione sessuale di massa ai danni delle donne come espressione di machismo, di sottomissione, tollerata nei paesi islamici ma insopportabile nella società occidentale. Il progressismo radical non si ferma neppure davanti alla barbarie. «Mettere alla berlina persone non processate e condannate è pessimo giornalismo», accusano dal quartier generale di France Insoumise, la sinistra radicale guidata da Jean Luc Mélenchon. Anche la tv filo-macroniana tende a relativizzare. Tf1-Lci e France Bleu (oggi Ici) parlano di «punture misteriose» e di «inchiesta complessa fra luci e ombre», dove le ombre sembrano rappresentate dal rischio del «percepito e della psicosi». Il tema è affrontato con ben altra schiettezza dal canale Cnews di Vincent Bollorè, che accusa Matignon e l’Eliseo di voler sfuggire alle responsabilità politiche.Mentre cresce l’indignazione per quelle siringhe terrorizzanti, il fronte radicale si schiera a difesa dell’indifendibile al grido di «basta dare la colpa ai migranti». Fino a ieri era un mantra, ma dopo l’apertura di tre inchieste e la pubblicazione dei nomi degli arrestati è solo una frase imbarazzante che arriva nel giorno più sbagliato. Proprio ieri Mélenchon ha infatti sottolineato che «la lingua francese non dovrebbe più essere chiamata francese perché la parlano anche i non francesi. E se la si chiama francese sembra quasi uno strumento di soft power dei francesi sui non francesi». Il global warming colpisce anche in Francia ma l’inchino continuo della sinistra parigina alla galassia islamica ha un senso nei numeri: gli immigrati irregolari sono suoi elettori. Per gli altri vale lo slogan «Liberté, égalité, securité».Dopo le violenze di Parigi, Tours, Roanne, Metz, Nancy, Rouen, Angoulême e Limoges aleggia un senso d’angoscia. Torna alla mente il dossier del ministero dell’Interno, pubblicato un mese fa da Le Figaro, nel quale viene fotografata l’emergenza dell’Islam radicale in 20 distretti francesi con l’implicazione diretta dei Fratelli musulmani. È l’esempio plastico di una «Sharia friendly» costruita sull’indifferenza quando non sull’immobilismo delle istituzioni. E non si possono dimenticare gli allarmi della polizia per l’aggressività degli immigrati clandestini, moltiplicata dalla Rete. Nelle banlieue di Parigi, Lione, Marsiglia la moda più in voga è l’assalto ai gendarmi. A turno, agenti, vigili del fuoco, ambulanze, ricevono chiamate d’emergenza e, una volta arrivati sul posto, trovano ad attenderli bande organizzate e pronte a scatenare la guerriglia urbana. Tutto preordinato e coordinato: gli scontri vengono filmati e postati sui social, dove una giuria stabilisce il premio al miglior agguato della settimana.La chiamata social è un denominatore comune e ha funzionato anche alla Festa della musica parigina. In questo caso gli esperti sono divisi: c’è chi parla di «panico collettivo, corto circuito psichico alimentato da paure reali» e chi di «una forma subdola di aggressione psicologica alle ragazze». Perché la puntura, anche se non contiene droghe, crea disagio, allerta sociale. Soprattutto in una folla giovane, vulnerabile. Secondo il giornalista Felix Lemaître, autore di un libro-inchiesta sul fenomeno, «è poco verosimile l’iniezione della droga dello stupro in così poco tempo. L’Agenzia nazionale per la salute e i farmaci (Ansm) privilegia la pista delle violenze volontarie; si usa la siringa per fare una puntura senza iniettare alcun prodotto, ma l’obiettivo è seminare paura. È un crimine sottile». Che non significa un crimine minore.
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