2020-04-08
Lotte di potere all’ombra del virus. Gualtieri e Di Maio litigano per Sace
Luigi Di Maio e Roberto Gualtieri (Ansa)
Mentre imprenditori e cittadini attendevano gli interventi del governo, Mef e Farnesina si impantanavano in una serie di riunioni per contendersi gli investimenti esteri. E alla fine i grillini hanno avuto un contentino.Le lotte per il potere, per le poltrone e per la gestione dei fondi sono da sempre parte essenziale della politica. A volte sono screzi che divertono, altre volte fanno dannare e arrabbiare i contribuenti. Ma litigare per le competenze in momenti di coronavirus è a dir poco di cattivo gusto. Domenica e lunedì il Mef, guidato da Roberto Gualtieri, ha avviato una delicata triangolazione tra Cdp, Sace e il ministero degli Esteri di Luigi Di Maio. Da un lato la filiera del Pd legata a Massimo D'Alema e Gualtieri e dall'altra i grillini. Alla fine, dopo lo stallo di ben tre riunioni, si è trovato un compromesso sul ruolo di Sace, società che dovrà garantire prestiti delle grandi aziende, che resta in pancia alla Cassa depositi e prestiti, ma con un contentino del Mef alla Farnesina di almeno 50 miliardi di euro. Il compromesso raggiunto prevede che sarà Sace a gestire l'operazione liquidità, come voleva il ministro dell'Economia. Sace resta in Cdp, ma passa «sotto l'indirizzo e il coordinamento» del Tesoro, come Eni e Poste e le altre controllate. Ma allo stesso tempo, e qui le richieste dei 5 stelle sono state esaudite grazie all'intervento diretto di Giuseppe Conte, viene potenziato il ruolo di Sace nell'assicurazione delle imprese all'estero, con 50 miliardi di nuove garanzie. Si tratta di un compromesso raggiunto sul «filo di lana», dopo che una prima riunione, lunedì mattina, aveva segnato la fumata nera e dopo che nemmeno la prima tranche del Consiglio dei ministri era riuscita a sciogliere tutti i nodi. Il compromesso è stato particolarmente laborioso. Anche perché parte da lontano. E si muove su strade del tutto parallele. Da un lato il progetto dell'ex leader grillino e dall'altro la volontà del Mef - già dai tempi di Giovanni Tria - e del suo direttore generale, Alessandro Rivera, di riportare Sace sotto l'ascella del Mef. Il fronte grillino prende le mosse la scorsa estate, quando Di Maio lascia il Mise e prende possesso degli Esteri. Il suo progetto è di rendere la Farnesina il cuore degli investimenti esteri. Se a metà settembre del 2019 erano già passati dal Mise sotto la sua egida le deleghe sulla strategia per la politica commerciale, la promozione all'estero e l'internazionalizzazione del sistema Italia, è di metà novembre la decisione che anche i fondi di Simest andranno gestiti dall'ex ministro dello Sviluppo economico. Il passaggio di consegne è avvenuto proprio mentre Di Maio si trovava in Cina per discutere degli accordi sulla Via della Seta, su cui ora ha totale competenza. In pratica da gennaio il ministero degli Esteri ha il potere di indirizzo e vigilanza sulle attività dell'Agenzia Ice e si occupa della ripartizione delle risorse, già iscritte nello stato «di previsione della spesa del bilancio statale relativo al Mise destinate al contributo in favore di istituti, enti, associazioni, consorzi per l'internazionalizzazione e di Camere di commercio italiane all'estero». Attività che muovono fino a 10 miliardi. Infilandosi nel pacchetto del decreto liquidità in via di promulgazione, Di Maio è riuscito ad allargare il ventaglio di sua competenza. Ha così la possibilità di dire la sua nel campo di Sace e nelle attività di credito fino a un pacchetto di 50 miliardi. Di Maio ha attenuto il suo posto al sole infilandosi nella crepa della riorganizzazione piramidale di Sace. Renziani e contiani prima dello scorso fine settimana non volevano apportare troppo potere al Mef e così si era trovato un compromesso: non spostare Sace dalla Cdp al Mef e rivedere solo i canali di gestione. Poi l'intervento di D'Alema e l'asse con il presidente di Sace, Rodolfo Errore, già partner di Ey per cui l'ex Ds ha un ruolo consulenziale, ha chiuso il cerchio. Ora emerge che Sace non è soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Cdp, ma «consulta» preventivamente il ministero dell'Economia sulle «decisioni aziendali rilevanti per un'efficace attuazione delle misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti con particolare riferimento alle decisioni sull'assunzione degli impegni e al recupero dei crediti». Non solo. È stato aggiunto anche una sorta di controllo preventivo del Mef sui diritti di voto di Cdp in Sace e una consultazione preventiva ancora del Mef «sulle operazioni di gestione della partecipazione in Sace». Qualcosa in più del progetto di Tria che aveva per mesi bloccato tutte le nomine in Sace. Non sappiamo se mettere l'Agenzia per le assicurazioni estere allo stesso livello di Cdp sia la scelta più opportuna oppure fosse meglio lasciare il vecchio schema affinché le pratiche (di fido e di assicurazione) si coordinassero tutte da via Goito. Però la coincidenza del blitz con la crisi da coronavirus lascia un po' interdetti. Già il decreto liquidità è scritto sulla sabbia e promette una leva insostenibile. Con soli 2,5 miliardi (stanziati per il momento) vorrebbe arrivare a muovere 400 miliardi, praticamente una roba da maghi. Se poi dietro Pd e 5 stelle si litigano pure qual poco che c'è, concedeteci tutti i dubbi possibili.