2019-10-09
L’opera di Leonardo resta in Italia. Schiaffo a Franceschini e a Parigi
Il Tar del Lazio ha bloccato il prestito al Louvre dell'Uomo vitruviano autorizzato dal ministro.L'Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci non andrà in Francia. Il celebre dipinto dell'artista fiorentino, custodito alle gallerie dell'Accademia di Venezia, sarebbe dovuto andare in prestito al museo del Louvre di Parigi entro il 24 ottobre prossimo ed essere inserita in una mostra francese dedicata ai 500 anni dalla morte del genio di Vinci. Il Tar del Lazio ha tuttavia accolto il ricorso presentato da Italia nostra, la Onlus che si occupa della salvaguardia dei beni culturali, artistici e naturali. Italia nostra faceva notare che «non possono uscire dal territorio della Repubblica i beni suscettibili di subire danni nel trasporto o nella permanenza in condizioni ambientali sfavorevoli». E specificava che «tutte le relazioni tecniche hanno infatti sconsigliato il trasferimento del fragilissimo disegno».Tenendo conto dell'apertura della mostra parigina, prevista per il 24 ottobre, il tribunale amministrativo ha deciso di muoversi con urgenza, anticipando la discussione in camera di consiglio, annunciata per lo stesso giorno, al 16 ottobre. In questa sede verrà presa una decisione definitiva. La trattativa tra Roma e Parigi era stata avviata dall'ex ministro dei Beni culturali del governo gialloblù, Alberto Bonisoli. Il via libera è invece arrivato pochi giorni fa dal suo successore Dario Franceschini. Il quale aveva concluso un accordo che aveva fatto storcere la bocca a molti, perché prevedeva il prestito di 21 opere a Parigi in cambio di soli 7 quadri di Raffaello. Anche se l'aspetto meramente quantitativo può essere limitativo, lo squilibrio tra le opere date e quelle ricevute appariva lampante. Non sono comunque di questo tipo le obiezioni mosse da Italia nostra e accolte dal Tar del Lazio. L'associazione ravvisava soprattutto la violazione dell'articolo 66 del codice dei Beni culturali e del paesaggio, «che stabilisce che non possano uscire dal territorio della Repubblica i beni che costituiscono il fondo principale di una determinata ed organica sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica». Tanto è bastato per far saltare il prestito dell'opera più famosa di Leonardo dopo la Gioconda: un disegno su carta di piccole dimensione (34X24 cm) che illustra le proporzioni ideali del corpo umano in forma geometrica, ispirate a un passo di Vitruvio. Ma il Tar non si è limitato a bocciare il prestito dell'opera leonardesca; ha pure sospeso il prestito all'Italia dei quadri di Raffaello. Insomma, è stato bocciato l'intero accordo tra Parigi e Roma siglato da Franceschini. Il memorandum, scrivono i giudici, «viola il principio dell'ordinamento giuridico per cui gli uffici pubblici si distinguono in organi di indirizzo e controllo da un lato, e di attuazione e gestione dall'altro». Stizzita la replica dell'ufficio legislativo del Mibact, che ha definito «incomprensibile» quest'ultimo passaggio e ha ribadito che la procedura è stata «trasparente». Le celebrazioni per i 500 anni dalla morte del celebre pittore rinascimentale erano decisamente partite male, almeno sul fronte dei rapporti tra Italia e Francia. Un conduttore della trasmissione 20 heures, su France 2, aveva creato scandalo nel nostro Paese per il fatto di aver introdotto un servizio su Leonardo definendolo «un genio francese». Evidentemente il giornalista si riferiva al luogo della morte di Leonardo, avvenuta ad Amboise il 2 maggio del 1519. Lì si trova anche la tomba dell'artista, mentre i resti si persero durante le battaglie tra cattolici e ugonotti. Insomma, una sorta di ius mortis, per cui la cittadinanza si acquisisce nel luogo in cui si muore, uno ius soli al contrario. Per quanto fatua, la polemica aveva generato un servizio piuttosto risentito del Tg2 e poi un tweet riparatore del giornalista transalpino, che si era fatto fotografare nell'atto di leggere un libro su Leonardo sotto la scritta: «Ripasso. Viva l'Italia».