2020-07-17
L’opera d’arte supera il suo creatore. Quindi lasciamo stare quelle povere statue
Nikolaj Gogol' era a favore della schiavitù, ma i suoi libri la denunciano E nessuno si sogna di considerarlo un mostro da abbattere.In questa rubrica settimanale mi sono proposto di provare a leggere le cose che ci succedono con gli strumenti della letteratura, prevalentemente quella russa, che è quella che io conosco meno peggio, e questa settimana pensavo di parlare delle statue che cadono, o rischiano di cadere, o sono imbrattate, o contestate, perché si è scoperto che i personaggi ai quali sono dedicate si sono comportati male, o in un modo che, ai loro tempi, era accettato, ma oggi non lo è più. A questo proposito mi vengono in mente tre cose. La prima non viene da un russo ma da un polacco, Ryszard Kapuscinski, che, in un libro dedicato alla Persia che si chiama Shah-in-shah, riporta l'intervista di un giornalista del quotidiano Kayan di Teheran a un uomo che abbatteva le statue dello scià:«Erano anni che il giovane scià non faceva che erigere statue in onore suo e del padre, per cui ce n'era un bel po' da abbattere», dice l'abbattitore di statue. «Le ha abbattute tutte?» chiede il giornalista. «Sì» risponde l'abbattitore «non è stato difficile. Al rientro dello scià dopo il colpo di stato non c'era più un solo monumento a Pahlavi. Ma lui cominciò immediatamente a farne erigere dei nuovi, a sé stesso e al padre». «Vuol dire che voi li tiravate giù, lui li ricostruiva, voi li tiravate giù di nuovo e via di seguito?».«Sì, proprio così. Roba da far cascare le braccia. Ne distruggevamo uno, e lui ne costruiva tre; ne distruggevano tre, e lui ne tirava su dieci. Non se ne veniva mai a capo». Poi c'è un'osservazione dell'abbattitore che può venire buona anche per i nostri tempi: «Nel '79» dice «durante l'ultima rivoluzione, ci si vollero immischiare anche i dilettanti, per cui purtroppo ci furono molti incidenti: più d'uno ci rimase sotto. Abbattere un monumento non è semplice come sembra. Ci vogliono pratica e professionalità. Bisogna stabilire di che materiale è fatto, il peso, l'altezza, se all'intorno è saldato o cementato, in che punto attaccare la fune, in che direzione fare oscillare la statua e, infine, come distruggerla. Appena cominciavano i lavori per erigere una nuova statua, noi ne approfittavamo per fare i nostri calcoli» (la traduzione è di Margherita Belardetti). Ecco. La seconda cosa a cui ho pensato è l'opera di Nikolaj Gogol', lo straordinario scrittore russo che, nel 1842, pubblica un romanzo straordinario, Anime morte, il cui protagonista, Pavel Ivanovič Čičikov, era un signore non troppo alto ma nemmeno troppo basso; non che fosse ricco ma non era nemmeno povero; non era tanto giovane, ma non si poteva dire neanche che fosse vecchio; non è che fosse magro, Čičikov, ma non si poteva nemmeno definire grasso. Era uno che, in sostanza, non era niente, e che, con i suoi due servi, girava i governatorati russi dove c'erano state delle epidemie e chiedeva ai grandi proprietari di servi della gleba, detti anche anime, cioè di schiavi (fino al 1861, in Russia, c'è la servitù della gleba, cioè la schiavitù) se, dal momento dell'ultimo censimento, erano loro morti dei servi della gleba. I proprietari, tutti, rispondevano di sì, e si lamentavano del fatto che, fino al censimento successivo, avrebbero dovuto pagare le tasse anche sui servi della gleba morti; Čičikov allora proponeva di comprare lui quelle anime, quelle morte, e di pagare lui, per gli anni successivi, le tasse. I proprietari, a questo punto, di solito, glieli regalavano, i servi della gleba morti, e Čičikov, sulla carta, diventava un proprietario di molti servi della gleba, cioè di molte anime, che erano in realtà, per la maggior parte, morte. E si spargeva la voce che Čičikov era un milionario, aveva tante anime, depositava tanti contratti di acquisto di anime, e alle donne del governatorato della città di N., dove si svolge l'azione, Čičikov cominciava a sembrare perfino bello. Una cosa notevole, del libro di Gogol', è che Čičikov, questo imbroglione da quattro soldi, è il personaggio più positivo del libro, tutti gli altri sono peggio di lui, e quando il libro esce il grande critico progressista Vissarion Belinksij, a cui Gogol' piace molto fin dagli esordi, lo vede come una dimostrazione delle proprie tesi: Gogol' avrebbe dipinto, con Anime morte, la palude in cui ristagna la Russia, e chi legge il romanzo, secondo Belinskij, non può non pensare che siano indispensabili e urgenti delle riforme profonde, prime tra tutte l'abolizione della servitù della gleba e delle punizioni corporali (all'epoca, in Russia, un proprietario, se credeva che un suo servo si fosse comportato male, lo poteva fare fustigare senza dover ricorrere al tribunale: decideva lui). Nel 1847, cinque anni dopo Anime morte, Gogol' pubblica un libro che si intitola Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici, cioè parte della propria corrispondenza, e da questo libro risulta evidente che Gogol' è tutt'altro che un riformista: non dice niente contro la servitù della gleba e contro le punizioni corporali e difende i proprietari terrieri che sono proprietari terrieri, e padroni di schiavi, secondo Gogol', non per caso, o per abuso, ma per scelta divina. Il libro non ha tanto successo, e Belinkij, dopo averlo letto, scrive una lettera a Gogol' in cui lo chiama «Predicatore della frusta, apostolo dell'ignoranza, propugnatore dell'oscurantismo» e gli dice gli dice che lui, Gogol', «se ama la Russia dovrebbe essere il primo a rallegrarsi con me dell'insuccesso del suo libro». Dico, per inciso, che due anni dopo, nel 1849, per aver letto in pubblico quella lettera di Belinksij a Gogol' (lettera prontamente vietata dalla censura zarista), Fëdor Dostoevskij viene condannato a morte.Tornando al libro di Gogol', è effettivamente un libro stupefacente: Gogol' sembra convinto di essere un profeta e della necessità che il suo libro sia letto in Russia da tutti, anche da quelli che non sanno leggere. Qualcuno potrà pensare: cosa c'entra questa storia con i monumenti? A me sembra che c'entri perché una domanda che viene spontanea dopo aver letto e apprezzato Anime morte e Il naso, Diario di un pazzo e Il cappotto e Il revisore e Le veglie alla fattoria vicino a Dikan'ka e tutte le altre meraviglie che ha scritto Gogol', e dopo aver letto, stupefatti, Brani scelti dalla corrispondenza con gli amici, e dopo aver scoperto che Gogol' è un oscurantista, un propugnatore della frusta, un apostolo dell'ignoranza eccetera eccetera, una domanda che viene spontanea, dicevo, è: ma i suoi libri sono meno belli? Chissà. Io dico di no, e posso forse sbagliarmi, ma il fatto che, in Russia (e in Unione sovietica), i monumenti a Gogol' non abbiano corso e non corrano rischi è una cosa che mi sembra sensata. E l'ultima cosa che mi è venuta in mente è una proposta del grande poeta russo Velimir Chlebnikov, che immaginava un mondo in cui sarà possibile erigere i monumenti solo agli antipodi del luogo in cui è nato il soggetto raffigurato nel monumento, nel nostro caso l'Oceano Pacifico. Un mondo così, a me non dispiacerebbe, devo dire. (2. Continua)
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