2022-10-21
L’Ocse sbanda sul processo flop Eni
L’organizzazione internazionale boccia l’Italia: non contrasta sul serio la corruzione. Le sue fonti? I pm (sotto inchiesta) di Milano. Il Cane a sei zampe protesta: noi ignorati.L’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) attacca la giustizia italiana per il basso numero di condanne per corruzione internazionale. Loda la Procura di Milano, ma allo stesso tempo, senza aver sentito le difese, se la prende con i giudici che hanno assolto definitivamente tutti gli imputati nel processo Opl 245, dove Eni e Shell erano accusate di corruzione internazionale. L’Ocse arriva persino a criticare, senza citarlo espressamente, il procuratore generale Celestina Gravina per la sua requisitoria in appello contro i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. È quanto emerge nelle 118 pagine del report Implementing the Oecd anti-bribery convention, il gruppo di lavoro sulla corruzione che in primavera aveva incontrato magistrati, giornalisti e esponenti della società civile. Le critiche al tribunale di Milano sono dure, ma allo stesso tempo mancano di sostanza, dal momento che non è chiaro chi abbiano incontrato gli emissari dell’Ocse, a parte diversi magistrati e le associazioni non governative che in questi anni si sono scagliate contro Eni. Non a caso, proprio ieri, a quanto risulta alla Verità, da San Donato è partita una lettera diretta a Anthony Gooch, direttore degli Affari pubblici e delle comunicazioni dell’Ocse, dove si ricorda che Eni non ha mai espresso «il suo punto di vista». Anzi, ricorda di non essere mai stata interpellata sull’argomento. E allo stesso tempo, sempre nella missiva firmata dal direttore affari legali Stefano Speroni, Eni spiega che le considerazioni del report Ocse «non rispecchiano la sua posizione». Del resto, non è neppure chiaro come gli emissari per la cooperazione e lo sviluppo economico arrivino a citare spesso, nel loro rapporto, audit in forma anonima. La critica che viene fatta alle sentenze di assoluzione è stata quindi fatta senza ascoltare nemmeno uno degli avvocati delle difese. Eppure erano 13 gli imputati poi assolti, ognuno con almeno due legali al seguito. Eni è stata ascoltata in modo sommario in compliance sulle procedure, ma mai nel merito dei processi. Non solo. All’Ocse non è neppure venuto in mente di sentire qualcuno della Procura di Brescia che ha chiesto il processo per De Pasquale e Spadaro, accusati di rifiuto d’atti d’ufficio. Nel report viene lodata la creazione del «dipartimento per contrastare la corruzione internazionale», voluto dall’ex capo della procura Francesco Greco, che dimostrerebbe «l’impegno dell’Italia ad attuare la Convenzione Ocse [...] una buona pratica che dovrebbe essere mantenuta». Ma allo stesso tempo però si dedica davvero poco spazio alle indagini della Procura bresciana su come si è svolto il processo Opl 245. Il video del luglio del 2014 - dove l’ex avvocato di Eni Piero Amara e l’ex manager Vincenzo Armanna complottavano contro l’ad Claudio Descalzi («Faccio arrivare la valanga di merda») prima degli avvisi di garanzia - viene citato solo di striscio. Nel report l’Ocse riporta di fondo quanto sostenuto dalle Ong, ovvero che il video - nascosto dai pm De Pasquale e Spadaro come si legge nella sentenza di assoluzione - sarebbe già stato a disposizione delle difese. Fatto, quest’ultimo, che è già stato smentito, dal momento che il video integrale (non parziale) nell’ufficio di Enzo Bigotti, sarà recuperato per puro caso solo nel 2019 in un altro procedimento. A questo si aggiunge poi un’altra lettera, del tutto inusuale, inviata dal presidente del gruppo di lavoro, lo sloveno Drago Kos, a sostegno di De Pasquale e Spadaro. Insomma, un report a senso unico che doveva e poteva essere decisamente più completo.
(Ansa)
Lo ha detto il Commissario europeo per l'azione per il Clima Woepke Hoekstra a margine del Consiglio europeo sull'ambiente, riguardo alle norme sulle emissioni di CO2 delle nuove auto.