
Potrebbe essere lungo l'elenco delle vittime del senegalese Moustapha Diop. La donna violata in Bergamasca: «Lotta di un'ora, ero esausta».Quella che sembrava solo una terribile ipotesi è, invece, una vera e concreta pista d'indagine nelle parole del comandante provinciale dei carabinieri di Bergamo, colonnello Paolo Storoni. «Riteniamo possibile che ci siano stati altre violenze o tentativi di violenza sul territorio. Quindi speriamo che, facendo vedere il volto del ragazzo, ci sia una presa di coscienza». Il che vuol dire: chi ha avuto la sfortuna di incrociare sulla sua strada Moustapha Diop, il senegalese di 29 anni arrestato per lo stupro di una commessa a Osio Sotto, nel Bergamasco, denunci. Non abbia paura. Trovi il coraggio e la determinazione che ha avuto l'ultima vittima di questo criminale seriale africano che ha acquisito la scaltrezza e i trucchi del «mestiere» di un consumato delinquente mafioso italiano: spegnere il cellulare prima di assalire la preda per impedire la geolocalizzazione e poi riaccenderlo solo giorni dopo. Un espediente che, però, non è servito a evitargli le manette per l'ultimo oltraggio al corpo e all'anima e all'esistenza di una donna, consumatosi il 7 giugno scorso all'interno di un negozio, in una delle aree commerciali più frequentate di Osio Sotto. Ostaggio una ragazza di 27 anni che ai militari ha svelato un'ora e più di terrore. Picchiata con schiaffi e pugni e calci perché resisteva, perché non cedeva. «A un certo punto ero esausta, non vedevo l'ora di finirla. Gli ho detto di fare quello che voleva» racconterà lei in lacrime ai militari quando tutto sarà finito, e bisognerà iniziare a riempire il verbale. «Mi teneva bloccata a terra e continuava a toccarmi nelle parti intime», saranno le sue ultime parole prima di addentrarsi nei dettagli raccapriccianti dello stupro vero e proprio. E pensare che, in quel momento, lei non doveva essere lì. Era tornata nel negozio per il suo senso del dovere, questa ragazza straniera ma naturalizzata italiana. Già in auto, con le chiavi inserite nel cruscotto, si era accorta di aver dimenticato l'incasso della giornata nella bottega. Aveva lasciato la borsa col cellulare sul sedile lato guidatore ed era tornata di corsa indietro. Ad attenderla, nei pressi della saracinesca aperta a metà, c'era l'ombra nera di Diop. Coltello in pugno, e sguardo assassino.I militari gli hanno dato la caccia per tre settimane fino al fermo del 25 giugno scorso. «Ma solo oggi abbiamo potuto pubblicizzare l'evento perché abbiamo avuto il riscontro del Ris di Parma sul Dna, quindi una conferma di tipo scientifico», ha spiegato il colonnello Storoni. Gli investigatori lo hanno rintracciato in mezzo a una decina di connazionali, in strada, mentre provava a passare inosservato. Poco lontano dal capannone abbandonato dove, con tutta probabilità, aveva trascorso le ultime notti per depistare le indagini. Perché questo è Diop, secondo i risultati dell'inchiesta: un bruto consapevole della gravità delle sue condotte che non solo non prova rimorso, ma è profondamente impegnato a evitare la galera.Tutta la famiglia, che vive a Verdellino, ha provato a coprirlo, per di più. La mamma ha continuato a ripetere che si era trasferito in Spagna per lavoro, e così gli altri parenti. In realtà, Diop vive di espedienti. Qualche mezza giornata passata come muratore nei cantieri, come il padre, e il resto della settimana a ciondolare in strada. La svolta nelle indagini è arrivata grazie non solo alla perfetta descrizione fisica della commessa, che al momento di ritrovarselo davanti, in un confronto all'americana in caserma, è scoppiata in lacrime e l'ha individuato con certezza assoluta, ma anche per il contributo offerto da una prostituta lituana che ha denunciato di aver subito un analogo tentativo di stupro e di essere stata rapinata da un ragazzo africano, sempre a Osio Sotto. Diop sarebbe anche l'autore di un terzo colpo, ai danni di una prostituta rumena, a cui nel novembre scorso aveva sottratto la borsa. Nemmeno lei ha avuto dubbi, guardandolo oltre il vetro di protezione, durante l'incidente probatorio che si è tenuto il 10 luglio scorso. Così, è arrivato il decreto di fermo del pm convalidato dal giudice delle indagini preliminari. Lui si è avvalso della facoltà di non rispondere così come ha preferito il silenzio il suo avvocato che ha scelto di non commentare gli esiti delle investigazioni.Si poteva evitare questa catena di tragici azioni criminali? Probabilmente, sì. Diop il 3 aprile 2014 era stato arrestato proprio per aver tentato di violentare una donna nel parcheggio di un supermercato. Era rimasto in carcere, però, per appena ventiquattr'ore perché il giudice, dopo il giudizio per direttissima che lo aveva condannato a 14 mesi di carcere, lo aveva liberato. Per il senegalese era stata decisa, nel 2016, anche la revoca del permesso di soggiorno ma nessuna delle autorità aveva dato seguito alle procedure di legge, e così il ventinovenne aveva proseguito a vivacchiare, come uno sbandato, tra i casermoni della bassa Bergamasca. «Questa bestia non è l'unico colpevole della violenza, per cui dovrà stare un bel po' di anni in carcere. Anche la “giustizia" che gli ha regalato la libertà in passato non è la giustizia di un Paese civile», ha commentato il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. E la certezza che Diop sarà ospite dei penitenziari italiani ancora a lungo è arrivata con la prova genetica del Dna recuperato dalle tracce biologiche e dal negozio dove è andata in scena l'ultima assurda replica di Arancia meccanica. Ma stavolta, purtroppo, non stiamo parlando di una pellicola.
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