2021-05-04
Lo scontro su Fedez una farsa del Pd per aumentare il suo potere in Rai
Fedez (Rosdiana Ciaravolo/Getty Images)
A Enrico Letta e compagni non importa nulla delle lamentele del rapper né in fondo della legge Zan. Il caso concertone, tutto interno alla «loro» terza rete, è solo un pretesto per sostituire i vertici di viale Mazzini. Passata la festa del lavoro, siamo alla fiera dell'assurdo. Abbiamo alcuni dei maggiori quotidiani italiani impegnati a parlare di «censura Rai» ai danni di un signore - Fedez - che non è mai stato censurato, anzi ha potuto salire su un palco e insultare liberamente chi gli pareva e piaceva. Abbiamo, poi, i capi giallorossi - Enrico Letta, Giuseppe Conte, il presidente della Camera Roberto Fico - che si scagliano all'unisono contro la «lottizzazione» della tv di Stato, sorvolando su un piccolo dettaglio: quella lottizzazione l'hanno fatta loro. Riassumendo: Pd e 5 stelle si strappano i capelli per una censura mai avvenuta e che, se anche fosse avvenuta, sarebbe stata messa in pratica da dirigenti da loro nominati.Come noto, il «concertone» è organizzato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, i quali hanno incaricato della produzione una società chiamata iCompany. La Rai, in teoria, non mette becco nell'organizzazione: si limita ad acquistare i diritti di ripresa e messa in onda della manifestazione. A quanto risulta, dalle casse della tv pubblica sono partiti quasi 600.000 euro: circa 168.000 per la produzione e circa 410.000 di «costi esterni». Il problema con Fedez sarebbe esploso venerdì, quando la società produttrice e i conduttori (Ambra, Lillo e Stefano Fresi) hanno letto il monologo del rapper sul ddl Zan. Spaventati da eventuali ricaschi politici, organizzatori e produttori avrebbero chiamato il cantante chiedendogli di moderare i toni. Nella diatriba sarebbe intervenuta anche Ilaria Capitani, vicedirettore di Rai 3. A sentire Fedez, lei e gli altri capoccia del concertone avrebbero messo in atto un tentativo di censura nei suoi confronti. Come si può vedere, dunque, tutto l'affare è interno al meraviglioso mondo dei progressisti: loro organizzano, loro invitano Fedez (anche se è un volto del concorrente Amazon), loro lo chiamano per chiedergli di moderarsi. Non è tutto. Sulla vicenda è intervenuto pure Fabrizio Salini, amministratore delegato di viale Mazzini non certo in quota destrorsa, anzi. L'ad ha rispedito al mittente le accuse di Fedez: «Rai 3 ha spiegato di non aver mai censurato Fedez né altri artisti né di aver chiesto testi per una censura di qualsiasi tipo». Fedez, punto nel vivo, ha reso pubblica la registrazione della telefonata incriminata: quella in cui - a suo dire - hanno provato a censurarlo. Ancora una volta, non c'è nulla che esca dal salotto della sinistra: i sinceri democratici bisticciano e si accusano tra loro. Nuovo giorno, nuovo capitolo. Ieri si è fatto vivo Franco Di Mare, direttore di Rai 3, uno che non si può certo definire un pericoloso sovranista (siamo in quota giallorossa pure qui). Di Mare ha accusato Fedez di aver manipolato la registrazione del colloquio con la Capitani: «Nella sua versione ci sono gravi omissioni e questi tagli alterano oggettivamente il senso di quanto detto dalla vicedirettrice che nel colloquio esclude fermamente, ben due volte, ogni intenzione censoria». Giusto per chiarirsi ulteriormente: un musicista filo grillino accusa i vertici di una rete storicamente di sinistra e i suoi responsabili graditi ai giallorossi di aver provato a censurarlo in occasione di un evento organizzato dai sindacati. I dirigenti giallorossi smentiscono, e in effetti Fedez ha potuto dire sul palco quel che voleva, attaccando violentemente la destra. Però - e questo è davvero surreale - il segretario del Pd Letta, il capo dei 5 stelle Conte e il presidente grillino della Camera Fico si schierano con Fedez «contro la censura», vaneggiando di una mordacchia salviniana contro il coraggioso artista che «difende i diritti». Follia pura. Oltre l'incredibile ipocrisia, tuttavia, in gioco c'è molto altro. A che serve la manfrina sul primo maggio? Non ci vuole molto a capirlo: non serve a eliminare la lottizzazione, ma a lottizzare ancora di più. Valeria Fedeli del Pd e Primo Di Nicola dei 5 stelle ne hanno subito approfittato per pubblicizzare le loro proposte - presentate al Senato - di riforma della governance Rai. Fantastico: i loro partiti sono al governo da anni ma le riforme diventano improvvisamente urgentissime adesso. In ogni caso, la revisione della governance, anche se fosse messa subito in cantiere, richiederebbe molti mesi. A stretto giro, invece, la politica dovrà rinnovare i vertici dell'emittente pubblica, a partire proprio dall'amministratore delegato. Enrico Letta, è risaputo, spinge per mettere alla guida di Viale Mazzini Eleonora Andreatta, già direttrice della fiction attualmente a capo della sezione italiana di Netflix. E il «caso Fedez» casca proprio a fagiolo: consentirebbe ai dem di cambiare i dirigenti Rai piazzandone altri ancora più graditi, magari presentandoli come sensibili alle istanze Lgbt. Insomma, ai cari progressisti non frega nulla della censura, e nemmeno, in fondo, del ddl Zan. Vogliono solo cogliere la palla al balzo per i loro giochetti di potere. Particolare non sfuggito al centrodestra: «Letta non faccia il finto moralista gridando contro la lottizzazione quando vuole soltanto applicare la più consueta e bieca lottizzazione pd», dice Maurizio Gasparri di Forza Italia. Sia gli azzurri sia la Lega appaiono decisi: la Andreatta può restare dov'è. E la presunta censura è un «cortocircuito della sinistra», come dice Giorgia Meloni. Già: qui di vero c'è solo l'arroganza con cui la sinistra, per l'ennesima volta, si è appropriata degli spazi pubblici.
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.