2025-10-20
Livio Gigliuto: «Le piazze possono creare più problemi alla sinistra»
Il sondaggista: «Gli elettori di centrodestra simpatizzano per i palestinesi ma non per i pro Pal. Sull’altro versante invece può nascere un partito concorrente del campo largo».Livio Gigliuto, l’Istituto Piepoli ha rilevato come la stragrande maggioranza degli italiani, anche a destra, sia simpatetica con la Palestina e antitetica a Israele. Questo vuol dire che la battaglia politica e comunicativa pro Pal - Flotilla inclusa - è vista con simpatia dalla maggioranza degli italiani?«Questo significa che sono due cose diverse. Una è la vicenda israelo-palestinese. L’opinione pubblica, sia di destra che di sinistra, comprende le ragioni della popolazione di Gaza e dice che Israele ha decisamente esagerato. Ma in un mese le cose sono un po’ cambiate. Al netto delle battaglie pro Pal e Flotilla, anche una larga parte dell’elettorato di centrodestra da noi interrogato sull’uso del termine “genocidio”, ritiene che Israele ne sia in qualche modo responsabile».Mi colpiva in quel sondaggio che, addirittura, quasi l’80% dell’elettorato di centrodestra si esprimeva in tal senso. «È questo l’ordine di grandezza. Ma torno alla sua domanda iniziale. Se sulla vicenda israelo-palestinese non c’è una così grande divisione nell’opinione pubblica, qualcosa è pur sempre cambiato nell’ultimo mese. Sono arrivate la Flotilla e le proteste di piazza. Qui le due opinioni pubbliche (che poi spesso sono tre perché assimilare il M5s al Pd è concettualmente errato) sono tornate a dividersi. Solidali gli elettori di sinistra. Orientamento negativo da parte degli elettori di centro e di destra».Anche se simpatetici con la Palestina, giusto?«Sì, perché vivono le due vicende come diverse. Anche gli elettori di centrodestra che comprendono le ragioni della causa palestinese distinguono le vicende. Non simpatizzano per la Flotilla (vista come iniziativa politica più che umanitaria) e men che meno per le piazze. Provo a tradurgliela in numeri. Nell’elettorato del centrodestra il 27% degli elettori concorda. Che comunque non è pochissimo. I rimanenti tre quarti sono contrari. Mentre nel centrosinistra il 70% è favorevole. Percentuale che aumenta fra gli elettori del M5s».Guardiamo a destra. La posizione di Tajani e Meloni ha molte sfumature. Salvini è schierato nettamente con Israele. Un tema come Gaza fa prendere e perdere voti?«Intanto sul voto incidono moltissime variabili e di solito le principali hanno a che fare con la politica interna. La guerra sconvolge. È chiaro. Ma la politica estera entra nella decisione di voto, vedi Meloni, come giudizio sul suo operato. Quanto è stata brava a gestire la situazione di crisi? Però poi l’elettore tende a ragionare sulla base di variabili che segnano di più la sua vita. Gli stipendi sono adeguati al costo della vita? Il pronto soccorso funziona? Il treno arriva in orario?».Chiaro.«Gli amici di Youtrend hanno fatto una bellissima analisi sul recente voto in Toscana chiedendo agli elettori quanto ha pesato la situazione di Gaza sul voto. Pochissimi hanno detto sì. Ovviamente nelle amministrative l’incidenza tende a essere più bassa. Poi c’è un altro tema e c’è un pezzo di elettorato che in questo momento non va a votare e che magari si riconosce in quelle piazze».Mi verrebbe da dire che Gaza è un argomento che induce più a non votare piuttosto che a votare in un certo modo anziché in un altro.«Esatto. E nello stesso tempo questo spiega anche il successo di una candidata alternativa come la Bundu in Toscana».Che spiegazioni dà da sondaggista?«Ha preso più del 5%, ma non è entrata in consiglio regionale. Come sa la sua lista si è fermata un po’ sotto».E comunque è un risultato alto.«Alto, ma pure non sorprendente. Circa la metà dei voti arriva da chi cinque anni prima aveva votato Eugenio Giani. Un flusso dalla maggioranza uscente. Però ho anche notato che nell’analisi di dettaglio del voto, nella fascia di elettorato 18-34 anni, lei ha fatto l’8%. Quella candidatura così radicale a sinistra del campo largo forse ha addirittura raccolto una parte di quel sentimento giovanile riversato in piazza. Cosa che non avevamo visto nelle Marche e in Calabria. Che però sono anche regioni meno politicizzate per storia e tradizione. Un piccolo segnale. Dove la protesta diventa addirittura voto per le amministrative».Questo indurrebbe a intravedere uno spazio politico teorico occupabile dalla sinistra estrema. Si sarebbe detto una volta.«È possibile che ci sia questo spazio».Anche perché nelle Marche le piazze non erano ancora maturate e non c’era un candidato come la Bundu in corsa. «Un elettorato che guarda ancora più a sinistra e ancora più radicale di Avs».Per dirla alla Nenni, quello più puro che ti epura…«C’è sempre qualcosa a sinistra di qualcos’altro».A proposito di astensione, i politici sono soliti darle la responsabilità della loro sconfitta. In breve: «Sono rimasti a casa i nostri». Ma gli elettori si astengono più a destra o a sinistra?«Mi permetto di evidenziare un principio base. Spesso sbagliamo perché immaginiamo gli astenuti come alieni. Esistono le persone che vanno a votare e poi esiste l’altra metà del cielo che si astiene. Chissà come sono fatti questi astenuti. In realtà, molto banalmente, gli astenuti sono esattamente come gli elettori attivi che però quel giorno si sono sentiti meno motivati degli altri e non sono andati a votare. In Toscana il crollo è stato di 15 punti. Dal 62% al 47%. Ma il distacco di Giani sul secondo - considerando cinque anni fa l’apporto del M5s che allora correva da solo - sempre di 15 punti è stato. Cambia l’affluenza, non cambia per niente il risultato. L’astensione non ha un impatto sull’esito. Stiamo perdendo pezzi di Paese, che forse è ancora più grave. La metà del cielo che raccontiamo in questa chiacchierata è sempre meno metà. È sempre più piccola».Ma i vostri intervistati sono pronti a dirvi come la pensano politicamente. Solo che poi non votano. E nemmeno dicono che non andranno. Giusto?«La sua domanda va divisa in due parti. Iniziamo dall’orientamento politico generale. Su questo mi rispondono quasi tutti. Ma quando chiedo se andranno a votare c’è un pezzo di elettorato che in questo momento non riesce a trasformare quell’orientamento politico in un’intenzione di voto. Insomma, c’è pezzo di elettorato che ha un’idea politica ma non riesce a trovare un partito dal quale sentirsi rappresentato».Non è intercettabile l’intenzione di voto e neppure la propensione a recarsi alle urne.«Poi c’è un tema di coerenza. Fra intenzione di voto e orientamento politico generale. Che orientamento politico hai? Di sinistra! Cosa voti? Meloni. Non sono infrequenti situazioni così apparentemente distorte che evidenziano una sostanziale sfiducia nei confronti dei partiti».Perché la situazione nelle intenzioni di voto in Italia è così stabile dal 2022 in poi?«Abbiamo studiato a suo tempo la morfologia dell’elettorato italiano in termini di orientamento politico generale. La faccio semplice: 40-40-20».O 4-4-2 per dirla alla Arrigo Sacchi. «Il 40% è di destra, il 40% di sinistra, il 20% di centro. Questa morfologia non è mai cambiata. Cambiano i leader. Cambiano i partiti. Cambiano le intenzioni di voto. Ma non la morfologia in generale. Ma da tre anni non cambiano più nemmeno le intenzioni di voto. Prima del 2022 la Lega passava dal 17% al 30%. E poi è scesa all’8%. Per non parlare del M5s. Ma dal 2022 tutto si è stabilizzato».Sta dicendo quindi che la mobilità dell’elettore sta tutta dentro il recinto? Cambio partito ma rimango dentro la coalizione?«Ma nemmeno più di tanto. Rimane proprio stabile l’intenzione di voto al singolo partito. I rapporti di forza fra i partiti rimangono stabili. Da oltre due anni e mezzo. Non abbiamo solo i sondaggi a dircelo. Ma le tante tornate elettorali. Fra amministrative ed europee».Ultima domanda. Com’è messa Giorgia Meloni a gradimento e fiducia? A che punto è della sua parabola? Si è logorata?«Gliela racconto in breve. Diventa presidente del Consiglio. E come spesso accade cresce molto il consenso. Il giorno in cui diventa presidente del Consiglio credo che fosse al 53%. Raccoglieva consenso anche perché è stata il primo presidente donna. L’immagine era potentissima. Il sostegno emotivo molto forte. Dopo un anno, era scesa di dieci punti, intorno al 43%-44%. Pure questo fisiologico. Generalmente da qui inizia una parabola discendente. Più o meno graduale. Il presidente del Consiglio si logora».Anche se Andreotti sosteneva perfido che il potere logora chi non ce l’ha.«E infatti Giorgia Meloni non subisce questo logoramento. Rimane stabile intorno al 43-44%. Con normali oscillazioni statistiche. Una linea cioè assolutamente piatta. Una traiettoria di forte stabilità in questi anni di governo».