2019-01-11
Liti sui disabili e battaglia su Consob. Il decretone slitta di una settimana
Il Pd preso a schiaffi dalla Consulta: inammissibile il ricorso contro la manovra. A frenare l'approvazione di quota 100 e reddito non è la Ragioneria ma lo scontro in maggioranza per le nomine al vertice dell'autorità.Le uniche tensioni sembrano essere interne al governo. Perché l'opposizione, quella che prende formalmente tale nome, si prende a schiaffi da sé. I «singoli parlamentari sono legittimati» a sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale «in caso di violazioni gravi e manifeste delle prerogative che la Costituzione attribuisce loro», ma nell'iter della manovra finanziaria la Consulta non ha riscontrato «nelle violazioni denunciate quel livello di manifesta gravità che, solo, potrebbe giustificare il suo intervento».È la letterina che ieri Palazzo della Consulta ha inviato ai vertici del Pd per spiegare loro perché sia stato dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato sulla manovra stessa. In pratica tutto quell'urlare in difesa della democrazia e contro il solito fascismo immaginario sembra destinato a spegnersi nel breve termine. Come abbiamo sempre scritto, può non piacere l'uso della fiducia su un tema delicato come la manovra. Purtroppo è una prassi in Italia. Può non piacere essere arrivati lunghi dopo oltre un mese di trattativa con l'Unione europea, ma affidarsi alla Consulta per fare opposizione sembrava già da subito velleitario. Se qualcuno ancora avesse avuto un dubbio, basta leggersi il comunicato stampa della Corte. Il che riporta ancora una volta all'incapacità dell'opposizione di entrare su temi efficaci e su argomenti che in qualche modo riguardino le persone, quelle che ogni giorno devono mettere insieme il pranzo con la cena, pagare le imposte e mandare i figli a scuola. Ecco perché fanno notizia le tensioni interne all'esecutivo. Uno dei motivi per i quali ieri il Cdm si è riunito solo per affrontare il tema giustizia (rinnovo dei consigli degli ordini forensi) è l'applicazione del nuovo codice della crisi d'impresa. Niente decretone con Quota 100 o reddito di cittadinanza. Soprattutto nessuna nomina in Consob. Sui primi due temi, da Palazzo Chigi si fa presente che la Ragioneria dello Stato sta spulciando il provvedimento e ha bisogno di altro tempo. Le stesse fonti spiegano che il 18 gennaio potrebbe essere la prima data utile, anche per una questione di agende. A inizio settimana sarà infatti assente il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, impegnato a Mosca dal 14 al 16. Il premier Giuseppe Conte volerà in Niger e Ciad il 15 e 16. Mentre Luigi Di Maio sarà a Washington da lunedì a giovedì. Ecco perché fonti dell'esecutivo definiscono «probabile» che il decreto venga varato non prima di venerdì: quello stesso giorno i grillini potrebbero tenere il proprio evento di presentazione del provvedimento in un auditorium romano. Al di là delle dichiarazioni è vero anche che il cantiere del reddito di cittadinanza non è definitivamente chiuso. Mercoledì in mattinata, da Varsavia, Matteo Salvini minacciava: «Senza fondi per le pensioni di invalidità non voteremo il reddito di cittadinanza. Non è una ripicca, magari c'è stata una distrazione, ma faceva parte dell'accordo». Sul piatto ci sono poco meno di 400 milioni nel quadriennio, 140 nel solo 2019, che si liberano per la riduzione della platea di stranieri beneficiari: la bozza di decreto ha introdotto il criterio della residenza in Italia da almeno 10 anni di cui gli ultimi 2 continuativi, contro i 5 anni ipotizzati in precedenza. Ci sono altri 600 milioni destinati alle famiglie. La Lega vorrebbe qualche fondo in più. E per trovare l'accordo evidentemente serve qualche giorno in più, ma l'accordo che manca è quello su Consob. L'altro ieri Luigi Di Maio ha candidato urbi et orbi Marcello Minenna. Si tratta di un ex assessore di Virginia Raggi, inutile dirlo molto vicino al mondo dei 5 stelle e anche alla presidente della commissione Bilancio della Camera, Carla Ruocco. L'uscita di Di Maio ha però alzato un sacco di malumori. Innanzitutto la riunione a cui ha fatto riferimento non sarebbe mai avvenuta. Il che fa pensare alla volontà di bruciare gli altri candidati. Ecco perché la Lega non è voluta cadere nella trappola di un Cdm infuocato. Infatti, nei giorni scorsi, da via Bellerio era stata fatta filtrare per Consob la candidatura ufficiale di Alberto Dell'Acqua, professore della Bocconi, esperto di pmi. La situazione è fin troppo complessa. Sull'ex assessore della Raggi continuano a pendere anche il veto incrociato del Quirinale che da qualche giorno avrebbe fatto filtrare anche un altro nome, quello di Magda Bianco, economista, per anni al servizio studi della Banca d'Italia e anche consigliere di Mattarella per la politica economica. Su quest'ultimo nome a mugugnare sono invece i gialloblù, perché rappresenterebbe, a detta di alcuni di loro, di un commissariamento vero e proprio da parte di Bankitalia. E visto che già l'Ivass, l'authority delle assicurazioni, è considerata da molti una emanazione di Bankitalia (il direttore generale Salvatore Rossi è anche il numero uno dell'Ivass), inserire nell'elenco la Consob sarebbe un po' troppo. Non a caso nei giorni scorsi è spuntata pure la candidatura di Massimo Scolari. Si tratta del presidente di Ascosim da oltre 30 anni nel settore della finanza, conoscitore approfondito dell'Esma ed esperto del core business di Consob: la tutela degli investitori e dei risparmiatori. Sarebbe una new entry totalmente tecnica senza alcun partito alle spalle. Ma i 5 stelle sembrano molto interessanti a individuare lo sceriffo della Borsa e se vogliono uscire dall'imbarazzo nel quale si sono infilati dovranno offrire alla Lega qualcosa di molto goloso, dal punto di vista politico.
Beatrice Venezi (Imagoeconomica)