2018-11-05
L’Italia straziata da venti e piogge. Non possono farci prediche sui conti
Oggi l'Eurogruppo: Bruxelles deve sbloccare i fondi di solidarietà e altri finanziamenti straordinari, o almeno consentire di scorporare dal deficit/Pil le risorse necessarie. Altrimenti, tanto vale mettere il veto sul bilancio.Viene giù tutto, dal Veneto alla Sicilia, dal Trentino Alto Adige al Friuli Venezia Giulia, senza dimenticare danni e rischi anche in Liguria ed Emilia Romagna, Calabria e Sardegna. In tutto questo sfacelo, alzi la mano chi ha sentito una sola parola, una sillaba, un sospiro, da parte degli stessi signori della Commissione Ue che fino all'altro giorno (rigorosamente a Borse aperte) sparavano a palle incatenate contro l'Italia. Jean Claude Juncker avrà passato il weekend a curarsi la sciatica? Pierre Moscovici a occuparsi dello «stress test» (psicofisico) di Emmanuel Macron? Jyrki Katainen si sarà perso tra le renne e gli orsi della sua Finlandia? Valdis Dombrovskis si sarà abilmente mimetizzato tra cervi e castori lettoni? Tutti muti? Tutti afoni? Già questo dice molto di un animus, di un atteggiamento.Una ragione di più, per noi, per non dimenticare cosa sia l'Italia: siamo uno dei Paesi fondatori dell'Unione, e soprattutto un contribuente netto, visto che l'Italia dà ogni anno all'Ue molto più di quanto riceva (14 miliardi contro 11 circa). E se prendiamo il caso dell'immigrazione, il rapporto dare/avere si fa addirittura offensivo, se si considera che quest'anno l'Italia ha speso tra i 4,6 e i 5 miliardi di euro per l'accoglienza (ben più del gettito della vecchia tassa sulla prima casa, per capirci) ricevendo in cambio la miseria di 80 milioni. Su queste basi, mentre già all'Eurogruppo in programma oggi pomeriggio qualcuno aveva apparecchiato una specie di «processo» all'«imputato» Italia, sarà bene rovinare questa sceneggiatura, passare dalla difesa all'attacco, e proporre un film del tutto diverso. Proviamo a mettere in fila quattro punti fermi che il governo potrebbe considerare in un dialogo con Bruxelles che a questo punto non può più essere lo stesso, come ieri ha fatto chiaramente intuire Matteo Salvini («Con quello che sta succedendo a Belluno e Palermo, per quello che mi riguarda la letterina dell'Europa finisce in archivio»). Primo. Bruxelles ha il dovere, in presenza di circostanze come queste, di attivare il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue), uno strumento ordinario per far fronte ai disastri naturali e per alleviare le condizioni delle popolazioni colpite. La (purtroppo farraginosa) procedura richiede una domanda che il Paese interessato deve fare entro 12 settimane dalla calamità: la Commissione esamina la domanda, e propone uno stanziamento a Parlamento e Consiglio Ue. Il difetto di questo strumento è evidente: non si tratta di un intervento a risposta rapida, ma di un ristoro che finisce per scattare solo alcuni mesi dopo il disastro. Secondo. Dalle casse italiane sono già autonomamente pronti 250 milioni, che un Consiglio dei ministri apposito attiverà in settimana. Ma l'Italia farebbe bene a chiedere all'Ue di mettere a disposizione anche fondi europei di carattere straordinario, vista l'emergenza, da erogare con una tempistica più adeguata. Terzo. Se ciò non avverrà, ex malo bonum: il governo potrebbe cercare di trarre dal grande male almeno un piccolo bene. Visto che l'Italia (secondo i desideri della Commissione Ue) dovrebbe entro il 13 novembre riscrivere la manovra, tanto vale riscriverla davvero, ma (badate bene) a questo punto scorporando dal deficit previsto tutte le spese necessarie ai soccorsi, al ripristino delle infrastrutture, alle necessarie attività di messa in sicurezza. Si spenda quello che si deve, senza che ciò sia computato nel rapporto deficit/Pil. Quarto. Non bisogna dimenticare un'arma finale a disposizione di ogni Paese membro, in questo caso dell'Italia, e cioè la minaccia di bloccare la proposta di bilancio pluriennale dell'Ue per il settennato 2021-2028, che è stata presentata l'estate scorsa dalla Commissione Juncker e deve ancora essere approvata. Va infatti ricordato che su questo tema esiste un potere di veto degli Stati (il bilancio pluriennale dell'Unione, diversamente da quello annuale, richiede l'unanimità). Insomma, anche noi abbiamo una «pistola» (metaforicamente parlando) da mettere sul tavolo delle trattative. Ma, al di là di questi quattro punti e delle tecnicalità, c'è una questione di fondo tutta politica. Bruxelles comprende che il disastro di questo weekend cambia le cose, o intende procedere come se nulla fosse accaduto? Business as usual? O invece ci saranno forze di buon senso disponibili a un dialogo più adulto? Le stesse massime autorità istituzionali italiane, così pronte a bacchettare il governo quando non è abbastanza europeista, leveranno la voce verso Bruxelles per chiedere altrettanto fair play verso di noi?Da ultimo, per onestà intellettuale, va citato un tema che però non riguarda Bruxelles, ma le libere scelte che le forze di maggioranza possono autonomamente compiere. Da mesi, La Verità difende a spada tratta la decisione di forzare la mano sul deficit, e contemporaneamente invita a un diverso dosaggio delle misure contenute nella manovra. In decine di articoli, questo giornale ha suggerito di puntare su un mix alla Donald Trump: mega tagli di tasse (non solo i giusti ma assai contenuti tagli fiscali previsti nella manovra) e altrettanto forti investimenti pubblici. La novità è che molti economisti internazionali hanno sposato questa linea, e la stessa direzione del Wall Street Journal (il più autorevole quotidiano economico al mondo) ha fatto le medesime osservazioni. In due occasioni, in questo weekend, con ammirevole lucidità, lo stesso sottosegretario Giancarlo Giorgetti, uno che le parole le sa scegliere e non le dice a caso, ha ammesso che un diverso mix della manovra avrebbe ricevuto una diversa accoglienza anche da mercati e investitori. Forse la tragica occasione di queste calamità può indurre anche i partner grillini a riflettere meglio sulle decisioni da prendere.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)