2019-11-03
«L’Italia si ricorda a malapena di me. Eppure io vendevo più dischi di Elvis»
A 72 anni e 56 milioni di copie all'attivo, Roberto Loreti, in arte Robertino, voce d'angelo è ancora l'idolo dell'Est Europa: «Volle incontrarmi pure Eltsin».Quando papa Roncalli l'udì cantare, nel corso della rappresentazione romana dell'opera di Ildebrando Pizzetti Assassinio della cattedrale, nel 1958, mentre interpretava un angelo, al Pontefice parve che la voce di quel fanciullo di 11 anni provenisse da qualche angolo riposto del Paradiso. Con le doti canore di Roberto Loreti, in arte Robertino, ne nasce uno su milioni, e siccome le vie del Signore, o del caso, sono infinite, questo dono fu affidato a un bambino, quinto di otto figli di una famiglia residente nel quartiere popolare del Quadraro, vicino a Cinecittà, a Roma, che venne alla luce all'ospedale di San Giovanni il 22 ottobre 1947. Già a 5 anni Robertino cantava, cantava sempre, con una voce che si distingueva perentoriamente dalle altre per purezza e intonazione. Mentre frequentava la classe quinta, il padre Orlando, di professione stuccatore e decoratore, s'ammalò, un gran guaio in una famiglia così numerosa. Fortuna volle che un pasticciere di Trastevere, Renato Carluccini, dove il bambino aveva trovato lavoro per consegnare torte, pagnotte e pastarelle, s'avvide della sua ugola d'oro e lo volle aiutare, portandolo ad allietare matrimoni e comunioni. La grande occasione di Robertino, tuttavia, fu senza dubbio la presenza a Roma del regista televisivo danese Sejr Volmer-Sørensen, il quale, rapito dall'esibizione del giovanissimo cantante al caffè-concerto Grand'Italia, lo portò in Danimarca e lo fece apparire in tv, con un successo che si propagò in tutta la Scandinavia, una pioggia di dischi venduti e tanti soldi da mandare alla sua famiglia. La celebrità del bimbo dalla voce d'angelo si estese anche ai Paesi dell'Europa orientale, in particolare all'Unione Sovietica. Da quelle parti è ricordato ancora oggi, anche per memoria trasmessa dai genitori ai figli, e richiestissimo per concerti. Il pioniere delle missioni spaziali sovietiche Jurij Gagarin adorava le sue canzoni e la prima cosmonauta russa, Valentina Tereshkova, lo ascoltava via radio negli spazi siderali. Si esibì alla Carnegie Hall di New York nel 1962 ed ebbe glorie anche in Asia e Australia. In Italia pure, ebbe una discreta fama, ma nemmeno paragonabile a quella raggiunta all'estero. Quando, in età pubere, la sua voce cambiò, Robertino si depresse, ma ebbe la forza di studiare e riconvertirsi, con voce tenorile, per mettere in scena le passioni del suo repertorio, la canzone melodica, da Un bacio piccolissimo a Lo spazzacamino. Riascoltando oggi la sua interpretazione più celebre, Giamaica, con l'inconfondibile vocalizzo fanciullesco, viene la pelle d'oca. Robertino nel 2016 fu colpito da un ictus, che interessò anche una corda vocale, ma con stoicismo affrontò il percorso riabilitativo e si riprese. Oggi si esibisce ancora in serate e occasioni speciali. Evitando, però, eccessi di lavoro. Una storia originale e intensa, la sua, prodiga di colpi di scena. Il suo primo pigmalione fu un pasticciere trasteverino. «Da bambino m'impegnavo molto e sentivo di dover contribuire al sostentamento della mia famiglia. Renato mi vedeva volenteroso e mi disse: “Te vojo aiutà". Un giorno mi portò ad esibirmi a un banchetto di matrimonio sulla Casilina e mi portarono appresso un fisarmonicista per accompagnarmi. Tanti dettero un contributo e alla fine, quando tornammo, ci mettemmo in un prato a contare i soldarelli. Erano la bellezza di 300.000 lire, una fortuna, se si pensa che papà guadagnava 30.000 lire a settimana. Tornato a casa mamma mi disse: “Fijo mio benedetto!". E così continuai. Ebbi la ventura di esibirmi al Caffè Grand'Italia, dove tutte le sere me veniva a trovà Totò, in pausa tra un set e l'altro, che diceva: “Mi beo di questo bambino", e, in anonimato, mi mandava ogni volta 100.000 lire. Feci un'audizione al Teatro dell'opera e divenni primo corista».Anche papa Giovanni XXIII volle incontrarla. Cosa ricorda di quel momento?«Ricordo le carezze e le benedizioni che mi diede quel pontefice straordinario e il momento in cui gli baciai la mano con l'anello dalla grande ametista».Poi l'incontro determinante per la sua carriera, sempre al Caffè Grand'Italia.«Il produttore della tv danese Volmer-Sørensen fu entusiasta delle mie canzoni e volle portarmi con sé in Danimarca. Mi fecero partecipare a due programmi televisivi, dove cantai due canzoni, 'O sole mio e Rondine al nido. Le trasmissioni, sotto Natale, andarono in onda in Eurovisione Nord in Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda, Groenlandia. Incisi un 45 giri che solo in Danimarca vendette in due mesi 260.000 copie, tantissime se si pensa che uno dei miei maestri, Beniamino Gigli, con il nuovo disco ne fece 125.000. Avevo 12 anni».Come si sentiva un bambino quasi travolto da un così improvviso successo internazionale?«Non me ne rendevo conto e nemmeno pensavo davvero ai soldi. Mi piaceva cantare e basta. Fui coinvolto in così tanti impegni, con tre spettacoli al giorno per alcuni mesi, che a un certo punto mi venne la febbre alta e stetti male. Come tre anni fa, quando fui colpito da un ictus dopo un tour massacrante di concerti in Russia e nelle ex repubbliche sovietiche. Tornando all'inizio, però, ricordo sempre un sogno che feci quando ero molto piccolo».Ossia?«Sognai la Madonna che mi diceva che sarei diventato celebre e che la mia voce avrebbe girato tra le grandi scogliere bianche del Nord, le scogliere della Scandinavia».La sua celebrità si diffuse in molti altri Paesi, soprattutto quelli dell'Europa orientale.«Solo nei Paesi dell'Est ho venduto 56 milioni di dischi. Nel 1962 fui premiato con l'“Angelo d'oro" come miglior artista europeo. A un certo punto, nelle classifiche delle vendite, superai Elvis Presley e venivo subito dopo i Beatles. Ciò mi consentì di trasformare le condizioni mie e della mia famiglia. Papà morì a 86 anni e mamma a 91. E i ricordi sono infiniti. Al matrimonio di Tyron Power, nella chiesa di Santa Francesca Romana, a Roma, fui invitato a cantare l'Ave Maria di Schubert. Avevo 10 anni, mi diedero un compenso di 300.000 lire».Anche i cosmonauti sovietici Gagarin e Tereshkova s'innamorarono della sua voce, che ascoltavano nelle navicelle spaziali.«Sì, la Tereshkova volle anche parlare con me qualche anno fa per telefono quando ero ospite di una trasmissione televisiva».Poi, in età pubere, la sua voce cambiò.«Me so' trovato uno gnocco in gola, come avé 'na mela in bocca. Non riuscivo a capacitarmi. Poi, con lo studio e l'applicazione, riuscii a continuare a cantare con la voce adulta».Ha continuato a fare concerti in pressoché tutti i continenti, capi di Stato hanno voluto stringerle la mano.«Boris Eltsin chiese di incontrarmi, dopo un concerto al Bolshoi. Insistette per un bicchierino di vodka».In molti si ricordano di lei anche in Italia. Ma è un fatto che il suo successo all'estero sia imparagonabile a quello nazionale. Qualche amarezza?«Molta amarezza. Ho 72 anni e non ho peli sulla lingua. Se avessi avuto un carattere diverso sarei arrivato all'Olimpo anche in Italia. Ma sono sempre stato una persona sana, ho seguito gli insegnamenti della mia famiglia. Mai assunto droghe, mai accondisceso a compromessi o sotterfugi loschi. Mai ceduto alle lusinghe di infilarmi in letti altrui in cambio di qualcosa. Ora, dopo 60 anni di carriera, sto pensando de tirà i remi in barca. Il mio cervello deve riposare».
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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