2024-08-06
Lavoro e Pil, l’Italia può tenere botta. Sono Parigi e Berlino i malati dell’Ue
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
I 24,7 miliardi di entrate aggiuntive sosterranno la manovra. Industria tedesca in crisi.L’onda lunga della crisi americana questa volta non troverà l’Italia in una posizione di fragilità tale da fare da amplificatore della situazione d’oltre oceano, rendendo più facile il contagio recessivo in Europa. Il nostro Paese non è più l’anello debole, il grande malato dell’Eurozona che rischia di trascinare i partner nel gorgo della recessione. Nonostante l’alto debito pubblico, che resta il tallone d’Achille, l’economia italiana ora ha le spalle più solide di qualche anno fa, ha reagito meglio e più velocemente alla crisi aperta dalla pandemia e grazie al sistema degli ammortizzatori sociali non ha fatto ricorso ai licenziamenti in massa come altri Paesi ed è potuta ripartire subito potendo contare sugli organici pre Covid. Questo ha consentito all’industria di riavviare la macchina produttiva in tempi stretti e alle amministrazioni di attivare subito gli investimenti finanziati dal Pnrr con un ritmo di marcia in linea con le tappe fissate dall’Unione. L’impatto sul mercato del lavoro e sulla crescita si è fatto sentire. Negli ultimi tre anni l’occupazione non solo è cresciuta, (ha interessato soprattutto il Mezzogiorno) ma è anche migliorata nella qualità: in particolare, gli incrementi hanno interessato soprattutto la fascia di lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Quindi non solo i contratti precari e gli stagionali. Confrontando il trimestre marzo-maggio 2024 con quello precedente (dicembre 2023-febbraio 2024), l’occupazione è aumentata dello 0,6%, per un totale di 148.000 occupati in più.Un trend rilevante se lo si paragona, ad esempio alla Germania. Tra il 2019 e il 2023 mentre da noi gli occupati aumentavano dell’1,4%, a Berlino crescevano di uno striminzito 0,6%. Per quanto riguarda il Pil, nel Rapporto di primavera del Centro studi di Confindustria si legge che la crescita italiana ha sorpreso in positivo nel 2023, arrivando al +0,9% annuo nonostante i tassi e l’inflazione alti. Una crescita che è pari al doppio di quella media dell’Eurozona. Mentre «la variazione acquisita» per il 2024 è pari allo 0,7%, quindi nei restanti mesi dell’anno si dovrebbe agevolmente raggiungere il traguardo dell’1% indicato dal governo nel Def.A completare il quadro si aggiungono i risultati delle entrate che dovrebbero produrre un extragettito di 24,7 miliardi. Proprio per questo dal Mef si dicono fiduciosi se non certi di riuscire a confermare la riduzione dell’Irpef e a coprire la proroga del taglio del cuneo contributivo. Un segnale di una certa ripresa dell’economia. Un altro elemento che contribuisce a mitigare l’immagine di «pecora nera» dell’Europa è il risultato della lotta all’evasione. Hanno influito gli interventi normativi volti a far emergere la base imponibile, ad aumentare l’adesione spontanea agli obblighi contributivi e, più in generale, a potenziare il contrasto all’evasione fiscale. Con questi numeri l’Italia non può più essere considerata l’anello debole dell’Europa. Semmai il fronte fragile è quello tedesco e francese. Nel secondo trimestre di quest’anno l’economia della Germania è tornata a contrarsi, -0,1% rispetto allo stesso periodo del 2023, male anche per l’occupazione: il mese scorso oltre 82.000 persone hanno perso il posto di lavoro, il dato peggiore degli ultimi vent’anni. Poi ci sono i problemi dell’industria dell’auto messa in crisi dalla concorrenza cinese. La Francia non sta meglio, con un deficit previsto vicino al 5% del Pil nel 2024 e un debito intorno al 111%. Una situazione aggravata dall’incertezza del quadro politico. «L’Italia affronta le turbolenze dei mercati da una posizione di relativa solidità grazie a una postura di prudenza fiscale e alla stabilità politica. La crisi degli Stati Uniti rischia sì di propagarsi in Europa, ma a fronte di un’economia tedesca stagnante e della situazione politica incerta della Francia. Il nostro Paese non è più un elemento destabilizzante del quadro europeo come al tempo della crisi debitoria del 2010-12, ma contribuisce, invece, a mitigare gli elementi di incertezza che provengono soprattutto da Francia e Germania», commenta a La Verità l’economista e professore della Luiss Domenico Lombardi. Lo studioso fornisce anche uno scenario di prospettiva: «Se le turbolenze osservate dovessero deflagrare in una crisi, della quale ancora non siamo in grado di prevederne l’entità e l’estensione, occorrerà una risposta credibile a livello europeo che preveda l’introduzione di elementi di flessibilità». Significa che si dovrà derogare al nuovo Patto di stabilità? «L’Eurozona», continua, «dovrà intervenire con tutti gli elementi a disposizione. Una deroga al Patto è possibile ed è prevista. Se il timore è una recessione economica globale bisogna predisporre con urgenza misure di stabilizzazione che includano tutti gli strumenti a disposizione a partire dalla politica monetaria che rimane ancora particolarmente restrittiva». In questo che ruolo può avere la Bce per evitare che si propaghi la vampata recessiva americana? «I mercati stanno chiedendo alle banche centrali, a partire dalla Fed, di abbassare i tassi e di farlo in misura significativa. La Bce dovrebbe agire in modo più aggressivo come, del resto, la Fed americana. La risposta alle turbolenze finanziarie di queste ore deve venire soprattutto dalle banche centrali più che dalla politica fiscale».
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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