2024-07-29
L’Italia copia la Francia: fuori le auto dalla città
Milano, all’avanguardia nell’importare il green e i modelli antidemocratici, punta a far scuola. Nonostante il flop dell’elettrico, vuole far pagare di più la sosta ai Suv e si prepara a bandire i parcheggi da intere vie.C’è un posto di Milano che farebbe volentieri a meno di auto e camion: è palazzo Mezzanotte. Ma è l’unico, nonostante Elena Grandi, assessore al Verde - c’è da intendersi sul significato dell’espressione - della giunta a pedali di Giuseppe Sala, abbia dichiarato che vuole adottare i parcheggi a peso e sfrattare le automobili da quante più strade possibili. La Borsa venerdì scorso ha preso uno schiaffo mica da ridere: meno 1,2 % in una sola seduta, peggio ha fatto solo Parigi e non è una gran consolazione. A far tremare il listino l’onda lunga di Wall Street dove i titoli dell’automotive - da Tesla a Stellantis passando per Ford - hanno perso il 12% causa pessimi risultati delle macchine a pila e hanno bruciato 80 miliardi di capitalizzazione nell’incertezza del futuro del trasporto. La guerra alle quattro ruote, primo comandamento dell’ideologia green, non paga. Per due motivi: l’auto a batteria non è percepita dai consumatori come un’alternativa credibile al motore endotermico. Aveva ragione Henry Ford - uno che di macchine se ne intendeva - a dire: «C’è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia sono per tutti». E con l’auto a pila così non è. Il secondo motivo è che le misure vengono adottate in base all’emendamento Greta Thunberg alla civiltà occidentale e sono inattuabili. In settimana la giunta di Milano deciderà di accogliere la mozione che vuole introdurre a Milano come già a Parigi (è un disastro) a Londra (nessuno ci fa caso perché la metropolitana funziona e i taxi pure) e a Lione (è solo sulla carta) la tariffa differenziata per le auto in base alle dimensioni e al peso. La mozione è sottoscritta da consiglieri del Pd, del gruppo misto e della lista Sala. Si tratta di far pagare molto di più il parcheggio a chi ha un’ auto che supera 1,6 tonnellate di peso. L’assessore al Verde è entusiasta per quella che già chiamano mobilità dolce: «Bisogna essere consapevoli che se si occupa il suolo pubblico con un Suv forse è giusto che si paghi qualcosa di più. Credo che la sosta su strada debba essere pagata come fa un bar. Il suolo è di tutti. Questione di equità e giustizia, non di fare cassa». E allora bisogna spiegare a Elena Grandi come stanno le cose. Una Lamborghini Hurricane pesa 1,3 tonnellate, una Dacia Duster 1,45 tonnellate (con una Lamborghini si comprano 15 Dacia, giusto per la democrazia), ma una Tesla Model, l’auto a pila per antonomasia, pesa 1,7 tonnellate. In media qualsiasi auto a batteria pesa il 125% in più di un modello analogo a motore endotermico. Se il principio per la sovra-tariffazione è l’occupazione del suolo pubblico lo sconto alle auto green non dovrebbe essere ammesso. Dunque tutte le macchine a pila pagheranno di più. E poi pigliare a modello Parigi non è il migliore dei riferimenti. La sindaca parigina Anne Hidalgo, socialista ambientalista, ha nuotato nella Senna per far vedere che è pulita, ieri però è stato annullato l’allenamento dei triatleti per la scarsa qualità dell’acqua; rischiano di saltare anche le gare di nuoto libero perché il fiume è inquinato. La stessa cosa alla Hidalgo è capitata con la sicurezza, con la disorganizzazione monstre durante la cerimonia olimpica, col blocco di treni e trasporti urbani. La lotta ai Suv per lei però è un successo: «Ho vinto il referendum, i parigini sono al 54% con me». A votare c’è andato solo il 5%. La giunta Sala e l’assessore Elena Grandi rischiano di fare la stessa fine. «Quando facciamo il No Parking day, a settembre», sostiene però l’assessore, «liberiamo 9 strade in 9 municipi e arrivano le associazioni con le loro attività di solidarietà e sociali. Allora si capisce quanto si può fare nello spazio occupato da un’auto». Dalla Milano da bere alla Milano da riders è un attimo, peccato che quelli che fanno le consegne – sostengono i giudici - siano lavoratori sfruttati. Per la giunta Sala Milano vive nel Bosco verticale con i servi della gleba che pedalando soddisfano ogni bisogno, compreso accompagnare il signore danaroso a Linate a prendere il suo jet privato con l’ecologico, ma faticoso, risciò. È l’idea di Brera e dei Navigli pedestri, è l’area C e B dove si paga gabella come in Non ci resta che piangere di Troisi e Benigni: «Quanti siete? Dove andate? Un fiorino!». Peccato che Milano sia una città dove i servizi di trasporto pubblico non coprono tutti i bisogni di mobilità: i taxi costano un occhio, la metro va a singhiozzo. Nessuna città - neppure Montecarlo - potrebbe vivere di soli miliardari, ha bisogno di chi lavora! Scatta però il riflesso pavloviano della gauche caviar che non fa i conti con la realtà, che sogna la patrimoniale ignorando che col gettito dei super ricchi non si tiene in piedi un paese. Diceva Agata Christie: «Nessuno oggi può capire quali cambiamenti il possesso di un’automobile provocasse nella vita di una persona. Si era liberi di andare ovunque, raggiungendo luoghi dove le gambe non ci avrebbero mai portato; tutto l’orizzonte della vita si allargava». Forse è questo che la sinistra non sopporta (e mira partendo da Milano a far scuola nel resto d’Italia): l’auto mezzo di libertà!
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
Continua a leggereRiduci
«Ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano la cultura woke». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un video messaggio al gala 50esimo anniversario della National Italian American Foundation a Washington. "È un tentativo di cancellare la storia fondamentale degli italoamericani e di negare il loro posto speciale in questa nazione. Non glielo permetteremo. Il Columbus Day è qui per restare», ha aggiunto il presidente del Consiglio ringraziando Donald Trump per aver ripristinato quest'anno la celebrazione.
Continua a leggereRiduci