2019-08-08
Francia, Irlanda e Usa utilizzano il disavanzo per rilanciare l'economia. Solo nel nostro Paese è considerato una sciagura.Già imperversa il «disco per l'estate». E che dice il tormentone? «No al deficit, a morte il deficit, guai al deficit!», in un crescendo di minacce e sciagure. Del resto, per certi commentatori, l'Italia è sempre a pochi minuti dall'Apocalisse, quando la maggioranza è di segno politico sgradito.Lungi da noi rispondere con un grido uguale e contrario («Viva il deficit!»), che sarebbe altrettanto stolto, a maggior ragione in un Paese che deve misurarsi in modo prudente con l'antica eredità di un consistente debito pubblico. Eppure, ci sono almeno quattro ragioni per ridimensionare paure e demonizzazioni rispetto a un ragionevole, contenuto e soprattutto motivato ricorso all'indebitamento. 1Il deficit è uno degli strumenti ordinari di finanziamento dei governi. La stessa Ue, che pure ora adotta criteri ancora più complicati ed esoterici, ha a lungo indicato come soglia-limite quella del 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Francamente, non si capisce per quale ragione, se l'Italia discute su un rapporto superiore al 2%, e comunque inferiore al 3%, questo debba determinare scandalo e vesti stracciate. Tra l'altro, è sufficiente dare uno sguardo ad alcune serie storiche eloquenti (tratte da Countryeconomy.com), che riguardano molti Paesi significativi, dentro e fuori i confini dell'Ue: la Francia si è tenuta sopra il 3% in nove degli ultimi 11 anni, la Spagna in dieci degli ultimi 11, il Regno Unito in otto degli ultimi 11, mentre per trovare un dato del Giappone inferiore al 3% occorre risalire al 1993, cioè a 26 anni fa. Non basta ancora? Citiamo altri due casi diversissimi: gli immensi Usa non sono mai rimasti sotto il 3% negli ultimi dieci anni, ma pure la piccola Irlanda arrivò al 32% (in circostanze particolari) nel 2010. E la vituperata Italia, presunta madre di tutti gli sforamenti, regina del buco, e via autoflagellandoci? Tenetevi forte: negli ultimi dieci anni, abbiamo superato il 3% solo tre volte (2009, 2010, 2011). Tutte le altre volte siamo rimasti sotto quella soglia: 2,10% nel 2018, 2,40% nel 2017, 2,50% nel 2016, 2,60% nel 2015, 3% nel 2014, 2,90% nel 2013, ancora 2,90% nel 2012. La domanda nasce spontanea: perché al governo oggi in carica non dovrebbero essere concessi i rapporti deficit/Pil scelti dai cinque governi di centrosinistra della passata legislatura, a loro volta - peraltro - sempre inferiori a quelli dei nostri competitor europei? 2È sciocco discutere del deficit in sé. Occorre semmai discutere degli obiettivi per cui lo fai. Questo è a maggior ragione vero se si considerano le attese dei mercati. Certo, fare deficit per finanziare spesa allegra e assistenziale (reddito di cittadinanza, sussidi, salario minimo, eccetera) non sarebbe un'operazione ben vista dagli investitori. Ma al contrario, uno sforamento concepito per realizzare uno choc fiscale, e quindi con potenti chance di riportare l'Italia a una crescita più sostenuta, sarebbe realisticamente incoraggiato dai mercati. Gli investitori - è bene ricordarlo - sono molto più interessati alla crescita effettiva di un Paese, e assai meno a sgranare il rosario dei parametri Ue. 3Questo è più che mai vero se si considera la nostra attuale situazione. Le aste dei titoli italiani, anche in questa fase delicata, continuano ad andare molto bene, con domanda largamente superiore all'offerta, e soprattutto con rendimenti in discesa: cioè, gli investitori non ci stanno strangolando con interessi eccessivi per continuare a prestarci denaro. Nessuno dispone di una sfera di cristallo: ma è ragionevole ipotizzare che l'atteggiamento sarebbe di incoraggiamento ancora più convinto in caso di manovra espansiva. 4Qual è l'emergenza dell'economia italiana? Tutti lo ammettono: crescita bassa e Pil allo zero. E allora è evidente che occorra una cura da cavallo: un mix trumpiano (meno tasse e più investimenti). Ed è altrettanto intuitivo che sarebbe poco produttivo ridurre tutto a una partita di giro: tanto ti levo di tasse, ma altrettanto ti sottraggo attraverso il taglio delle tax expenditures. Se vuoi indurre le famiglie a consumare e le imprese ad assumere e a investire, deve trattarsi di un gioco a saldo positivo per i contribuenti. Ergo, un po' di deficit (lo ripetiamo ancora: per un robusto choc fiscale) non ci farà del male. Se possiamo aggiungere un modesto suggerimento per tutti, c'è (semmai) da avere la preoccupazione opposta: che lo choc non si riveli abbastanza forte, che un taglio di tasse tra 10 e 15 miliardi, pur assai positivo, non sia sufficiente per scuotere il cavallo dell'economia. A maggior ragione, dunque, la discussione dovrebbe essere su come potenziare il taglio di tasse, su come renderlo duraturo negli anni, anziché (all'opposto) su come sminuzzarlo, diluirlo, anestetizzarlo. Sempre ammesso che tutti abbiano davvero l'obiettivo della ripresa economica dell'Italia.
Ursula von der Leyen (Ansa)
La società belga che li detiene avvisa dei rischi sul debito. Mosca minaccia ritorsioni.
Ieri è suonato l’ennesimo campanello d’allarme per Ursula von der Leyen a proposito del suo piano per prestare 140 miliardi all’Ucraina, facendo leva sulle attività finanziarie russe tuttora sequestrate. Visto che finora Ursula è rimasta sorda agli inviti alla prudenza - anche a quello di Christine Lagarde - ieri il Financial Times ha reso noti i dettagli di una preoccupatissima lettera che Valérie Urbain - amministratore delegato di Euroclear, l’istituzione finanziaria belga che è depositaria di ben 185 miliardi tra riserve di banca centrale e asset di entità private riconducibili a Mosca - ha inviato alla Von der Leyen e ad António Costa, presidente del Consiglio europeo.
Vladimir Putin (Ansa)
Lo zar: «Ucraini via dal Donbass, ma niente accordo finché c’è Volodymyr Zelensky». Dagli Usa garanzie a Kiev solo a trattato siglato.
Non che ci sia molto da fidarsi. Fatto sta che ieri, mentre monta la psicosi bellica del Vecchio continente, Vladimir Putin ha lanciato un segnale agli europei: «Se hanno spaventato i loro cittadini», ha detto, «e vogliono sentire che non abbiamo alcuna intenzione e nessun piano aggressivo contro l’Europa, va bene, siamo pronti a stabilirlo in ogni modo». L’impegno firmato di Mosca a non attaccare l’Occidente, in effetti, era uno dei 28 punti del primo piano di Donald Trump, ricusato con sdegno sia dagli europei stessi, sia da Kiev. Ma è ancora la versione americana che lo zar confida di discutere, dal momento che i russi specificano di non vedere alcun ruolo dell’Ue nei negoziati.
(Esercito Italiano)
Oltre 1.800 uomini degli eserciti di 7 Paesi hanno partecipato, assieme ai paracadutisti italiani, ad una attività addestrativa di aviolancio e simulazione di combattimento a terra in ambiente ostile. Il video delle fasi dell'operazione.
Si è conclusa l’esercitazione «Mangusta 2025», che ha visto impiegati, tra le provincie di Pisa, Livorno, Siena, Pistoia e Grosseto, oltre 1800 militari provenienti da 7 diverse nazioni e condotta quest’anno contemporaneamente con le esercitazioni CAEX II (Complex Aviation Exercise), dell'Aviazione dell'Esercito, e la MUFLONE, del Comando Forze Speciali dell’Esercito.
L’esercitazione «Mangusta» è il principale evento addestrativo annuale della Brigata Paracadutisti «Folgore» e ha lo scopo di verificare la capacità delle unità paracadutiste di pianificare, preparare e condurre un’operazione avioportata in uno scenario di combattimento ad alta intensità, comprendente attività di interdizione e contro-interdizione d’area volte a negare all’avversario la libertà di movimento e ad assicurare la superiorità tattica sul terreno e la condotta di una operazione JFEO (Joint Forcible Entry Operation) che prevede l’aviolancio, la conquista e la tenuta di un obiettivo strategico.
La particolarità della «Mangusta» risiede nel fatto che gli eventi tattici si generano dinamicamente sul terreno attraverso il confronto diretto tra forze contrapposte, riproducendo un contesto estremamente realistico e imprevedibile, in grado di stimolare la prontezza decisionale dei Comandanti e mettere alla prova la resilienza delle unità. Le attività, svolte in modo continuativo sia di giorno che di notte, hanno compreso fasi di combattimento in ambiente boschivo e sotterraneo svolte con l’impiego di munizionamento a salve e sistemi di simulazione, al fine di garantire il massimo realismo addestrativo.
Di particolare rilievo le attività condotte con l’obiettivo di sviluppare e testare le nuove tecnologie, sempre più fondamentali nei moderni scenari operativi. Nel corso dell’esercitazione infatti, oltre ai nuovi sistemi di telecomunicazione satellitare, di cifratura, di alimentazione elettrica tattico modulare campale anche integrabile con pannelli solari sono stati impiegati il Sistema di Comando e Controllo «Imperio», ed il sistema «C2 DN EVO» che hanno consentito ai Posti Comando sul terreno di pianificare e coordinare le operazioni in tempo reale in ogni fase dell’esercitazione. Largo spazio è stato dedicato anche all’utilizzo di droni che hanno permesso di ampliare ulteriormente le capacità di osservazione, sorveglianza e acquisizione degli obiettivi.
La «Mangusta 2025» ha rappresentato un’importante occasione per rafforzare la cooperazione e l’amalgama all’interno della cosiddetta Airborne Community. A questa edizione hanno partecipato la Brigata Paracadutisti Folgore, la 1st Airborne Brigade giapponese, l’11th Parachute Brigade francese, il 16 Air Assault Brigade Combat Team britannica, il Paratrooper Regiment 31 e la Airborne Reconnaissance Company 260 tedesche, la Brigada «Almogávares» VI de Paracaidistas e la Brigada de la Legión «Rey Alfonso XIII» spagnole e la 6th Airborne Brigade polacca.
L’esercitazione ha visto il contributo congiunto di più Forze Armate e reparti specialistici. In particolare, l’Aviazione dell’Esercito ha impiegato vettori ad ala rotante CH-47F, UH-90A, AH-129D, UH-205A e UH-168B/D per attività di eliassalto ed elitrasporto. L’Aeronautica Militare ha assicurato il supporto con velivoli da trasporto C-27J e C-130J della 46ª Brigata Aerea, impiegati per l’aviolancio di carichi e personale, oltre a partecipare con personale paracadutista «Fuciliere dell’Aria» del 16° Stormo «Protezione delle Forze» e fornendo il supporto logistico e di coordinamento dell’attività di volo da parte del 4° Stormo.
A completare il dispositivo interforze, la 2ª Brigata Mobile Carabinieri ha partecipato con unità del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti «Tuscania», del 7° Reggimento Carabinieri «Trentino Alto Adige» e del 13° Reggimento Carabinieri «Friuli Venezia Giulia». Il 1° Tuscania ha eseguito azioni tipiche delle Forze Speciali, mentre gli assetti del 7° e 13° alle attività di sicurezza e controllo nell’area d’esercitazione e alle attività tattiche di contro-interdizione.
Questa sinergia ha permesso di operare efficacemente in un ambiente operativo multi-dominio, favorendo l’interoperabilità tra unità, sistemi e procedure, contribuendo a consolidare la capacità di coordinamento e integrazione.
Oltre a tutti i Reparti della Brigata Paracadutisti «Folgore», l’esercitazione ha visto la partecipazione del: 1° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Antares», 4° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Altair», 5° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Rigel», 7° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Vega», 66° Reggimento Fanteria Aeromobile «Trieste», 87° Reparto Comando e Supporti Tattici «Friuli», 9° Reggimento d'Assalto Paracadutisti «Col Moschin», 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi «Folgore», 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, 1° Reggimento «Granatieri di Sardegna», 33° Reggimento Supporto Tattico e Logistico «Ambrosiano», 33° Reggimento EW, 13° Reggimento HUMINT, 9° Reggimento Sicurezza Cibernetica «Rombo» e 4° Reparto di Sanità «Bolzano» e di assetti di specialità dotati di sistema d’arma «Stinger» del 121° Reggimento artiglieria contraerei «Ravenna».
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Soldati Francesi (Ansa)
Dopo la Germania, Emmanuel Macron lancia un piano per 50.000 arruolamenti l’anno. E Guido Crosetto prepara la norma. Vladimir Putin assicura: «Non ci sarà un attacco all’Europa. Pronto a firmare la pace se Kiev si ritira dal Donbass».
I tre grandi Paesi fondatori dell’Europa unita mettono l’elmetto. Dopo la Germania, che in agosto aveva iniziato l’iter per una legge sulla reintroduzione del servizio di leva, puntando a costituire un esercito da mezzo milione di persone, tra soldati e riservisti, ieri anche Francia e Italia hanno avviato o ipotizzato progetti analoghi.






