2020-01-06
L’Iraq agli Stati Uniti: «Ritiratevi». Ma Trump minaccia nuovi raid aerei
Gli obiettivi Usa sarebbero 52 siti iraniani di interesse culturale. Teheran usa i funerali di Qassem Soleimani per riprendere i test atomici. Migliaia dei persone hanno preso parte ieri al corteo funebre, tenutosi ad Ahvaz, in memoria del Qassem Soleimani, il generale iraniano ucciso venerdì scorso da un raid statunitense. Il feretro, giunto dall'Iraq, è stato accompagnato da una grande folla, tra pianti e grida contro gli Stati Uniti (qualcuno avrebbe anche invocato una taglia su Donald Trump). L'omaggio al capo della Forza Quds si ripeterà a Machhad e a Qom. La cerimonia si sarebbe dovuta tenere anche a Teheran ma ieri ne è stato annunciato l'annullamento a causa dell'elevata affluenza. La sepoltura è invece prevista martedì a Kerman, città natale del generale.La tensione sul fronte geopolitico, intanto, continua a salire. Pur avendo dichiarato nei giorni scorsi di non volere una guerra e di non essere interessato a un cambio di regime in Iran, Trump - nelle scorse ore - ha assunto toni più minacciosi. Replicando alle promesse di vendetta scagliate da Teheran, il presidente americano ha tuonato su Twitter: «[…] se l'Iran colpisce qualche americano o beni americani, abbiamo nel mirino 52 siti iraniani […], alcuni ad un livello molto alto e importante per l'Iran e la cultura iraniana, e quegli obiettivi e l'Iran stesso, saranno colpiti molto velocemente e molto duramente. Gli Stati Uniti non vogliono più minacce!» Parole dure che, ieri, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha lievemente cercato di ammorbidire. «Il popolo americano dovrebbe sapere che ogni obiettivo che colpiamo sarà un obiettivo legittimo, e sarà un obiettivo progettato per la sola missione di proteggere e difendere l'America», ha dichiarato. Non si è fatta attendere la replica del consigliere dell'ayatollah Khamenei, Houssein Dehghan, secondo cui «la risposta dell'Iran sarà sicuramente militare e contro siti militari». Durissima anche la presa di posizione dell'organizzazione libanese filoiraniana Hezbollah, con il suo leader, Hassan Nasrallah, che ieri ha tuonato: «L'America ha iniziato una nuova guerra di tipo diverso nella regione. La morte di Soleimani ha dato il via a una nuova fase nella storia del Medio Oriente. L'Iraq si liberi dall'occupazione americana».La fibrillazione, insomma, è alle stelle. Se Teheran è intenzionata ad accentuare il proprio disimpegno dall'intesa sul nucleare del 2015, il parlamento iracheno ha votato ieri per espellere i militari stranieri dal Paese: in particolare, la risoluzione (non vincolante) chiede la fine della presenza dei circa 5.000 soldati statunitensi sul territorio e l'abrogazione dell'accordo che consente a Washington l'invio di truppe in loco per combattere i miliziani dell'Isis. Stando a quanto riportato dall'Associated Press, a sostenere la risoluzione sarebbero stati soprattutto i parlamentari sciiti, mentre quelli sunniti e curdi non avrebbero preso parte alla seduta (probabilmente perché in polemica con questa linea). Prima ancora del voto, la coalizione anti-Isis aveva sospeso le operazioni nell'area. Pompeo ha comunque difeso ieri la presenza americana in Iraq, affermando: «Siamo certi che il popolo iracheno vuole che gli Stati Uniti continuino a stare lì». Le turbolenze irachene costituiscono del resto un problema serio per Washington, che considera questo territorio di fondamentale importanza strategica, soprattutto per contenere l'influenza geopolitica iraniana sullo scacchiere mediorientale.Tra l'altro, il dossier iraniano sta creando profonde fratture anche in seno alla politica interna americana. Se la maggior parte dei parlamentari repubblicani ha fatto quadrato attorno a Trump sulla vicenda, i democratici criticano il presidente per aver ordinato l'uccisione di Soleimani senza chiedere l'autorizzazione del Congresso (esattamente come fece Barack Obama per l'intervento bellico in Libia del 2011). Ora, secondo quanto riportato ieri da The Hill, l'asinello si starebbe organizzando per votare una risoluzione che obblighi Trump a ottenere il consenso del Campidoglio prima di procedere con qualsiasi iniziativa in Iran: una risoluzione che prevedibilmente i repubblicani osteggeranno.In tutto questo, prosegue il silenzio assordante dell'Italia, che - anziché adottare una qualche strategia - continua ad auspicare un improbabile dialogo, appellandosi a un'Unione europea a sua volta abbastanza confusa. Roma rischia ciononostante di finire nel mezzo della polemica. Secondo quanto ventilato - pur senza riscontri ufficiali - dall'esponente Pci Luca Cangemi, sembrerebbe che il drone usato per uccidere Soleimani possa essere partito dalla base di Sigonella. Circostanza però smentita dalle nostre istituzioni in serata. È vero invece che gli Stati Uniti hanno preallertato le proprie truppe di «Camp Ederle», a Vicenza. Non è del resto l'unica tegola che potrebbe abbattersi sul governo Conte bis, visto che la missione in Libia dell'Unione Europea guidata dall'Italia rischia di saltare. Dopo l'attacco alla scuola militare di Tripoli, è infatti molto probabile un rinvio: oggi Luigi Di Maio incontrerà il rappresentante dell'Ue per gli affari esteri Josep Borrell. Ma la data del 7 gennaio presumibilmente slitterà.