2025-05-15
Tornano le pressioni sull’Italia per la ratifica della riforma. Spread sotto i 100 punti: è il momento giusto per dire basta.C’era da attendersi che durante l’ultimo Eurogruppo rispuntasse la questione della mancata ratifica della riforma del Mes da parte dell’Italia. Infatti due volte l’anno partecipano alla riunione dei ministri dell’Economia dei Paesi dell’Eurozona anche i due presidenti del Meccanismo di vigilanza unico (la tedesca Claudia Buch) e del Comitato di risoluzione unico (il francese Dominique Laboureix). Quest’ultimo infatti dovrebbe essere il principale «cliente» del Mes riformando, cioè il beneficiario del prestito paracadute, qualora la risoluzione di una crisi bancaria esaurisca tutti i fondi disponibili (circa 80 miliardi). In questo caso, il Fondo di risoluzione unico potrebbe richiedere circa altri 60 miliardi al Mes, fornendo adeguate garanzie.Abbiamo più volte in passato spiegato che queste somme sarebbero schiuma sulla battigia di fronte allo tsunami di una crisi che coinvolgesse una banca medio-grande dell’Eurozona. In quel caso, l’intervento dello Stato e della Banca centrale - che ha risorse per definizione illimitate - sarebbe inevitabile. Invece almeno ogni semestre siamo costretti a tornare sull’argomento. E così il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe nelle sue conclusioni è tornato a tirare le orecchie all’Italia, la cui mancata ratifica impedisce «di mantenere gli impegni che tutti gli altri Stati membri hanno già sottoscritto». Se questi sono i toni ancora arrembanti del comunicato, possiamo soltanto immaginare cos’altro abbia dovuto ascoltare il ministro Giancarlo Giorgetti nella riunione a porte chiuse di cui, come noto, non si redige verbale.Il richiamo di Donohoe all’Italia è comprensibile anche alla luce dell’ormai prossima (giugno) riunione del consiglio dei governatori del Mes per l’approvazione del bilancio 2024. In quella sede il direttore generale Pierre Gramegna dovrà trovare argomenti idonei per giustificare la ragion d’essere del Mes, che ormai appartiene a un’altra era geologica della storia delle istituzioni europee. Nelle sue conclusioni, Donohoe oltre alle questioni di routine relative a vigilanza e risoluzione ha evidenziato che la discussione su quei temi si è rivelata tempestiva alla luce dei recenti eventi di mercato e ha sottolineato l’importanza della stabilità finanziaria, fulcro della competitività del sistema. Ha aggiunto che il settore bancario europeo è in buona salute, con livelli di capitale e liquidità rafforzati grazie agli sforzi di banche, supervisori e regolatori. Tuttavia, a suo dire, permangono sfide come trasformazione digitale, minacce informatiche e cambiamento climatico, oltre all’impatto delle tensioni commerciali globali. Nel ribadire l’impegno a rafforzare il settore bancario e completare l’unione bancaria, ha fatto riferimento all’incompletezza della riforma del quadro di gestione delle crisi e della necessità di assicurare l’adeguatezza degli strumenti di intervento del Mes alle sfide attuali.Ed è proprio su questo fronte che si rivela la sostanziale inadeguatezza del Mes. Dopo aver erogato, nella prima metà dello scorso decennio, prestiti a Cipro, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, oggi il Mes si limita a rimborsare le obbligazioni in scadenza e incassare le quote di prestiti ancora dovute da Cipro, Spagna e Grecia. In particolare, il bilancio 2023 mostra come quest’ultimo Paese sia il più grande debitore del Mes (59,8 su 82,5 miliardi) che può restituire in comode rate fino al 2070.Per fare quest’attività, paghiamo ogni anno un carrozzone che, tra stipendi e costi operativi, costa circa 120 milioni, e che nel 2023 ha conseguito un utile risicato, dopo aver chiuso il 2022 in perdita.Tra qualche settimana, più di uno Stato membro (ci auguriamo che Giorgetti lo faccia) potrebbe chiedere a Gramegna il perché di 91 miliardi di obbligazioni emesse a fronte delle quali ci sono altrettanti miliardi di liquidità e obbligazioni. A Lussemburgo giocano a fare i banchieri con le garanzie degli Stati membri (ricordiamo che l’Italia pesa per il 17,7% del capitale)? Perché non usare tutte le disponibilità finanziarie per rimborsare anticipatamente i bond emessi e avviare il Mes verso la liquidazione?Quest’ultima sensata ipotesi, avanzata dalla Lega, purtroppo non consentirebbe all’Italia di tornare in possesso dei circa 14 miliardi di capitale versato, perché quelle somme oggi sono immobilizzate nei crediti verso Spagna, Grecia e Cipro, con i termini di rimborso già fissati, anche se più volte quei Paesi hanno eseguito rimborsi anticipati. Quindi Roma potrebbe essere solo assegnataria di quota parte di quei crediti, ammesso e non concesso che siano trasferibili.L’altra ipotesi di convertire il Mes per finanziare gli investimenti nel settore militare degli Stati membri trova insormontabili ostacoli nello statuto e nelle finalità del Mes. Che interviene solo se c’è minaccia alla stabilità finanziaria o difficoltà di ricorso al mercato da parte di uno o più Stati membri. Ma con Piazza Affari in salute, lo spread Btp-Bund ieri intorno a 100 - livello che non si vedeva dal 2022, quando però la Bce comprava a piene mani i nostri titoli mentre oggi li vende -e il Tesoro che non ha problemi a finanziare un fabbisogno che ad aprile si è attestato a 20 miliardi, il Mes resta desolatamente senza clienti. La mancata ratifica dell’Italia mette soltanto a nudo l’inutilità del Mes, perché ne blocca una nuova (inservibile) funzionalità. Per il resto è sempre a disposizione dei Paesi che malauguratamente fossero costretti a servirsene.
Rame, filiere e prezzi in altalena. Congo, il cobalto resta limitato e la pace non si vede. In India arriva la prima gigafactory cinese. I ricambi auto cinesi invadono la Germania.
Michele Emiliano (Ansa)
Dopo 22 anni di politica, l’ex governatore chiede di rientrare in magistratura (con uno stipendio raddoppiato). E se dovesse indagare su esponenti di partito?
Dipendenza dalla toga: dopo ben 22 anni di attività politica, Michele Emiliano vuole tornare a fare il magistrato. Non ha intenzione di restare disoccupato neanche per un paio d’anni (sono insistenti le voci di una sua candidatura in Parlamento nel 2027) questo istrionico protagonista della vita pubblica italiana, che ha appeso la toga al chiodo nel 2003, quando è diventato sindaco di Bari, carica ricoperta per due volte e alla quale è seguita quella di presidente della Regione Puglia, un altro decennio di attività istituzionale. Emiliano, prima di indossare la fascia tricolore a Bari, dal 1990 al 1995 aveva lavorato presso la Procura di Brindisi occupandosi di lotta alla mafia; poi si era trasferito a Bari come sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia. Emiliano viene rieletto primo cittadino nel 2009, dopo aver tentato invano la scalata alla presidenza della Regione Puglia, e resta in carica fino al 2014. Prima di diventare governatore, nel 2015, ricopre l’incarico di assessore alla legalità di San Severo.
Sullo sfondo Palazzo Marino a Milano (iStock). Nei due riquadri gli slogan dell’associazione Mica Macho
Bufera sul «Tavolo permanente» dedicato alla correzione degli uomini, annunciato dal Consiglio comunale. Critica Forza Italia: «Impostazione woke». Mentre i dati dicono che queste attività sono inutili. E resta il mistero sui fondi impiegati da Palazzo Marino.
A Milano il nuovo Tavolo permanente sulla «rieducazione maschile», annunciato dal Consiglio comunale, si apre tra polemiche e dubbi sulla sua reale utilità. Le critiche del centrodestra sono arrivate subito, mentre le ricerche internazionali mostrano da anni risultati incerti sui percorsi rivolti agli uomini.
Nel primo pomeriggio sul sito del «Corriere» esce la notizia che Caltagirone, il numero uno di Delfin e l’ad del Monte sono indagati per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza per l’Opa su Mediobanca. Scattano forti vendite in Borsa. Uno sgambetto anche al Tesoro.
In Italia c’è sempre un istante preciso in cui la giustizia decide di scendere in campo con un provvedimento a orologeria. Non è mai un caso, mai un incidente: è una coreografia. E così, nel giorno in cui Mps perde il 4,56%, Mediobanca scivola di un altro -1,9%, e il mercato si chiede cosa stia succedendo, arriva il colpo di teatro: la Procura di Milano notifica avvisi di garanzia a Borsa aperta, come se si trattasse di un profit warning. Tempismo chirurgico. L’effetto è devastante: Mps affonda a 8,330 euro, Mediobanca scivola a 16,750. E tutto perché la notizia - trapelata prima da Corriere.it e poi confermata da un comunicato di Rocca Salimbeni - corre come una scintilla tra gli operatori: Francesco Gaetano Caltagirone, Francesco Milleri e il ceo Luigi Lovaglio sono indagati nell’inchiesta sulla scalata che ha portato l’istituto senese a conquistare l’86,3% di Mediobanca.





