2019-10-20
«L’intimo per lui cambia con Cr7 e Yamamay»
Il manager Gianluigi Cimmino: «Abbiamo rinnovato l'accordo con Cristiano Ronaldo, un campione ammirato anche da chi non segue il calcio. La gamma dei prodotti è cresciuta: ora comprende pure i pigiami. L'obiettivo è far passare il fatturato del settore uomo dal 7 al 15%».Classe 1985, cinque volte Pallone d'oro, quattro volte Scarpa d'oro, cinque volte giocatore dell'anno per la Fifa, miglior marcatore di sempre con la nazionale portoghese, record di gol e di presenze. In due parole, Cristiano Ronaldo. Che da pochi giorni ha firmato il secondo contratto di collaborazione con Yamamay e Cr7 per la linea di intimo del campione portoghese e che sarà distribuita, in esclusiva assoluta in Italia, da Yamamay, su concessione di Brandsdistribution (divisione di Idt). «Questa collaborazione», spiega Gianluigi Cimmino, ad di Pianoforte group, cui fa capo Yamamay, «carica il marchio e tutta la sua squadra di una nuova energia e Ronaldo, atleta di grande fascino, è il testimonial per eccellenza. La collezione Cr7 underwear è ricca di modelli di tendenza, dall'ottima vestibilità, dallo stile moderno e sportivo per uomini che vogliono essere al top. Il lancio vedrà una forte campagna pubblicitaria». Un campione come Ronaldo ha dato davvero una forte spinta al brand? «Sì, penso sia il numero uno nell'immaginario maschile e non solo, è fra le persone più famose al mondo. È un personaggio in grado di trainare al di là della sua linea e rappresenta il meglio che un'azienda possa avere in fatto d'immagine. Siamo più che soddisfatti dei risultati».Come l'avete avvicinato?«La licenza originale è di Idt di Carlo Tafuri. Noi abbiamo una conoscenza comune che ci ha messo in contatto. Tafuri aveva un problema distributivo perché aveva in mano il personaggio ma non la catena per seguirlo nel modo adeguato e quindi grazie a un intreccio d'intenti siamo riusciti a combinare un accordo sui generis, una sorta di licenza con esclusiva di distribuzione, quindi non facilmente riportabile in uno schema classico. Tutto sommato abbiamo chiuso l'operazione velocemente».Chissà quanto costa un campione così... «Costa per quello che vende. Sicuramente il costo è proporzionato a quello che apporta al fatturato e nel nostro caso c'è un accordo di licenza, tanto più vendiamo tanto più guadagna lui e siamo tutti felici. Si deve tener conto anche del fatto che ormai anche l'uomo è attento quasi quanto le donne all'abbigliamento intimo. L'offerta cresce di pari passo con una domanda che cambia, evolve e aumenta. C'è uno spazio da prendere, stiamo focalizzandoci indirizzando l'attenzione verso lo sviluppo di questo settore». L'intimo maschile quanto incide nel vostro fatturato?«Il fatturato di Yamamay si attesta a 160 milioni di euro; la percentuale dell'intimo maschile non è mai andata oltre il 7-8% ma con l'operazione Ronaldo l'obiettivo è arrivare al 12/15%. Con il rinnovo della collaborazione abbiamo rilanciato e allargato la gamma dei prodotti alla pigiameria».Oltre a Ronaldo siete riusciti ad avere anche la sua compagna, Georgina Rodríguez.«Ci siamo fatti una famiglia. Uno dei figli è apparso sui social con un pigiama, ma quella era un'immagine privata, non utilizzabile commercialmente. La fidanzata di Ronaldo risponde perfettamente a quei canoni di bellezza di donna generosa nelle forme, sensuale, naturale. Ci siamo trovati in un momento in cui è estremamente contemporanea l'immagine di Georgina e lei ha un seguito di follower sui social importante, è ancora più trasversale del compagno perché piace anche a chi non segue il calcio. Con lei abbiamo accontentato tutti. Soprattutto i tifosi della mia città, Napoli, così lontani dalla Juve. Con lei ho bilanciato la mossa Ronaldo. E comunque lui è un campione apprezzato anche da chi non ama la Vecchia signora, è un personaggio al di sopra di qualunque maglia, un super atleta che rappresenta il calcio più che una squadra di calcio». Chi segue la campagna?«La curano loro internamente, hanno un team e ci viene consegnato il prodotto finito. Non interveniamo come in altri casi nella direzione artistica. Cr7 è un marchio globale, attivo in più categorie e con licenze che vanno dal profumo alle calzature e all'intimo». Questo vale anche per Georgina?«No, lei è una nostra testimonial pura, scattiamo di volta in volta con i fotografi e i contesti decisi da noi. Lui è un brand autonomo e come tale gestisce la sua immagine».Testimonial di calibro sono davvero un valore aggiunto?«Ne abbiamo avuti diversi, certamente nessuno importante come Ronaldo. Per la linea uomo, Bob Sinclar e squadre di vari sport. Diverse le donne, da Jennifer Lopez a Emily Ratajkowski, Hailey Clauson, modelle famosissime e Chiara Ferragni quando era ancora all'inizio. Comunque oggi tutto si valuta in base ai social. Nel passato, quando c'erano le top model, si valutava per chi avevano sfilato, le varie campagne, le copertine che in un anno avevano conquistato. Oggi la decisione è strettamente legata al numero dei follower, ogni contratto è affiancato anche a un certo numero di post che il personaggio è tenuto a pubblicare. Nomi come le Kardashian, non modelle, né attrici, né influencer in senso classico, ma donne attive in diversi campi con milioni di follower, sono l'esempio più eclatante».Chi le piacerebbe avere ma è irraggiungibile?«Vorrei riuscire a individuare una tendenza prima degli altri e ad anticipare tutti. Ci sono stati i sogni da ragazzo da realizzare, come Eva Herzigova e Naomi Campbell. Magari proprio in questo momento sta entrando nel mondo della moda la futura top model, non ancora scoperta da nessuno. Ne abbiamo avuta una bellissima per la campagna d'autunno, l'italiana Matilde Rastelli, sono sicuro che farà una carriera strepitosa, ha una bellezza non scontata, particolare, una classe estrema, e rappresenta perfettamente i valori dell'italianità». Yamamay prosegue il suo cammino con il vento in poppa.«Abbiamo circa 600 negozi in tutto il mondo con prevalenza nel bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente e con puntate nel Centro e Sud America. Siamo una famiglia impegnata quotidianamente nel business e io sono il front man di un gruppo di lavoro molto ampio. Stiamo allargando lo sviluppo a livello globale perché il mondo è da conquistare. La sfida più importante ora è quella dell'ecommerce, che deve interagire con la rete dei negozi. Il commercio sta subendo una trasformazione che ogni giorno è più violenta, un'accelerazione impressionante. Alla fine vincerà chi riuscirà a realizzare l'integrazione fra i due mondi».
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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