2021-10-18
«I veri nostalgici stanno a sinistra»
Rachele Mussolini (Facebook)
La nipote del Duce primatista di preferenze a Roma: «Se non avessero lo spettro del fascismo da agitare prima delle elezioni non so di cosa potrebbero parlare. Ho tanti voti perché sto tra la gente e conosco i suoi problemi».«Persino i paladini della tolleranza non si sono fatti scrupoli ad attaccarmi, con ogni mezzo. Per cinque anni la stampa si è dimenticata di me e del mio lavoro. Trovo molto strano che ora tutti si concentrino sulla mia biografia. Peccato che tutto questo clamore non ci sia stato nel 2016, quando sono stata eletta per la prima volta in Campidoglio: all'epoca, il nome era lo stesso». Visti i toni della campagna elettorale, anche solo il cognome che porta sarebbe bastato per attirarsi le critiche dei suoi detrattori politici. Il nome di battesimo poi, lo stesso della moglie del Duce, l'ha resa una sorta di bersaglio politico perfetto. «Troppo evocativo», si è detto, «per essere candidata». Consigliere Rachele Mussolini, se l'aspettava tutto questo clamore? Le elezioni di Roma hanno da sempre un peso politico di un certo rilievo. «Francamente no. Sono un consigliere uscente, sono già stata eletta a Roma cinque anni fa, seppur con un numero di preferenze inferiore». Ecco, le preferenze: lei è stata la più votata per la lista di Fratelli d'Italia, con 8.264 voti. È questo numero a spiegare il senso degli attacchi ricevuti?«Queste oltre 8.000 preferenze sono il risultato di un grande gioco di squadra e del buon lavoro svolto in cinque anni da consigliere. Ho girato il territorio, ho visitato più case popolari di quanto non abbia fatto l'ex sindaco Virginia Raggi. Nel mio piccolo, ho cercato di risolvere i problemi. Eppure, nessuno si è mai preso la briga di interessarsi a me, se non in occasione di qualche ricorrenza legata alla mia famiglia». Dicono che il boom di voti sia da attribuire al cognome che porta: una «garanzia per i nostalgici del Ventennio». Che ne pensa?«Anche nel 2016 c'era il nome Rachele Mussolini sulle liste elettorali, ma non ho sentito lo stesso rumore. Delle 700 preferenze di allora non si è preoccupato nessuno: chissà come mai all'epoca non c'erano i nostalgici, i facinorosi o tutte le altre sciocchezze che ho ascoltato in queste settimane. Non conosco la biografia di tutte le persone che mi hanno votato. Sono certa che siano quelle migliaia di cittadini che ho incontrato negli ultimi mesi. Persone normalissime, che conducono vite ordinarie e hanno idee moderate». L'hanno votata anche a sinistra?«Ho delle amicizie storiche con persone di sinistra: evidentemente hanno avuto fiducia in me e mi hanno premiato col voto disgiunto. Chi segue il mio profilo politico sa esattamente chi sono e come la penso».Chi è Rachele Mussolini?«Una persona molto schiva, basti pensare che prima di scendere in politica mi presentavo sulle piattaforme social con il cognome di mia madre, Puccini». Mussolini sarebbe stato troppo in vista?«Non ho mai cercato visibilità, le persone a me vicine sapevano benissimo chi fossi. Nel momento in cui ho deciso di candidarmi con una lista civica, ho dovuto usare il cognome paterno. Non rinnego la mia famiglia: sono prima di tutto la figlia di Romano Mussolini, musicista apprezzato a livello internazionale a dispetto del cognome e delle difficoltà che ha dovuto sopportare, soprattutto negli anni Settanta». Era pur sempre il figlio del Duce, consigliere. «E si è sempre schermito di fronte a chi gli rivolgeva il saluto romano. Mio padre non ha mai fatto una cosa del genere». E lei? «Sono contraria, non mi sognerei mai di farlo. Così come sono contraria a qualsiasi forma di razzismo e intolleranza. I famigerati nostalgici, che oggi per molti sono una sorta di pericolo pubblico, hanno smesso di seguirmi perché sono troppo moderata». Cosa pensa dei colleghi di partito ritratti mentre fanno il saluto romano?«Non ho mai visto i colleghi di Fratelli d'Italia con cui interagisco direttamente o i dirigenti e le persone che mi hanno sostenuto durante la campagna elettorale fare una cosa del genere. Neanche lontanamente». Loro magari no, ma ci sono esponenti del suo partito che lo hanno fatto.«Non rispondo per le altre persone. Per quanto mi riguarda, è un gesto anacronistico. Come mai lo stesso tipo di critiche non ci sono quando Enrico Letta saluta la piazza con il pugno chiuso? Anche quello è un gesto esplicito, che rimanda a un passato con cui quella parte politica dovrebbe fare i conti. E invece certe cose si chiedono sempre e solo alla destra. Che strano».Sui social ha ripreso a circolare un suo vecchio post, piuttosto esplicito: «Il 25 aprile festeggio solo San Marco», è scritto nel cartello con cui si è fatta fotografare. «Spero che ora si siano stufati di mostrare l'unica foto che è circolata sul mio conto. Non ci si prende il disturbo di scandagliare il mio profilo per raccontare il mio lavoro, fa più comodo sbattere sui giornali una foto che avevo eliminato da almeno 2 anni, dopo essermi accorta di aver fatto una leggerezza che poteva essere strumentalizzata. Esattamente come è avvenuto dopo le elezioni: ci sono state giornaliste televisive che l'hanno utilizzata per dare delle informazioni false e distorte. Passata questa tornata elettorale, mi riservo di togliermi qualche sassolino dalle scarpe contro certa stampa pilotata».L'accusa che vi rivolgono è sempre la stessa: la destra italiana - e Fratelli d'Italia in maniera particolare - non ha tagliato i ponti col fascismo. «Mi sembra che i conti siano stati fatti, e anche da un bel po'. La comunità che frequento, le persone con cui collaboro hanno firmato un codice deontologico molto chiaro: non c'è spazio per totalitarismi, razzismo e xenofobia. Più chiaro di così».Peppe Provenzano, vicesegretario del Pd, vi pone «fuori dall'arco democratico e repubblicano».«Parole di una gravità assoluta, che rientrano in quel calderone di mistificazione tipica della campagna elettorale. Mi sarei aspettata una netta presa di posizione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e di Mario Draghi. Queste sì che sono nostalgie di regime». Passate le elezioni, si dissolverà il rischio fascismo?«Fino a due settimane fa si è parlato solo della pandemia. Adesso sembra andare tutto bene e il pericolo numero uno è diventato il fascismo. Se non ci fosse questo spettro da tirare fuori nei momenti elettorali, non so di cosa la sinistra potrebbe parlare, visto che ha smarrito il contatto con la sua base elettorale». L'assalto alla sede della Cgil «danneggia» anche voi?«Di fronte alla violenza, non possiamo che esprimere una posizione di condanna. Non dimentichiamo però che in piazza c'erano oltre 10.000 persone: famiglie di commercianti, imprenditori, gente normalissima. La libertà di poter esprimere dissenso è stata sporcata dalle frange più estreme, lasciate libere non solo di partecipare, ma anche di annunciare l'assalto dal palco». A cui è stato «permesso di effettuare un percorso dinamico verso i locali della Cgil», si legge in una nota della questura di Roma. «Non escludo la possibilità di una regìa occulta: faceva comodo dare libero sfogo a certi personaggi, benché le autorità fossero bene informate sui fatti». Si è tornati a parlare di «strategia della tensione». Lei è d'accordo con questa visione? «Dietro tutto questo c'è una volontà ben precisa: alla vigilia di una elezione così importante, ha fatto comodo a qualcuno che degli estremisti pericolosi sporcassero il diritto di manifestare dei cittadini. Per giorni non si è parlato d'altro: niente programmi, ma solo una fantomatica ricostituzione del partito fascista. Una follia: l'unico pericolo è arrivato da persone che avrebbero dovuto essere altrove, non su un palco. Le risposte che ha dato il ministro dell'Interno hanno messo in evidenza l'inefficienza del sistema di ordine pubblico. Delle due l'una: o Luciana Lamorgese non l'ha voluta gestire o si è rivelata incapace di farlo. Ancora una volta, dopo quello che è successo al rave di Viterbo».Sarebbe favorevole allo scioglimento di Forza Nuova?«Sappiamo che i mezzi per farlo ci sono. Personalmente, eliminerei tutte le frange estreme, ma ritengo che lo scioglimento possa essere giustificato solo da una sentenza della magistratura».Sabato si è tornati in piazza a sostegno della Cgil: «No ai fascismi e alla violenza», uno degli slogan principali. Lo considera un «evento elettorale» mascherato?«Rispetto tutte le manifestazioni, ma quella di sabato è stata un modo per fare campagna elettorale nel giorno in cui avrebbe dovuto esserci il silenzio elettorale. Si tratta di una manifestazione giustissima, che però avrebbe dovuto essere organizzata in un altro momento». Ci tolga una curiosità: Alessandra Mussolini l'ha chiamata dopo il risultato delle elezioni? «No, non lo ha fatto. Ma non mi stupisce: non ci sentiamo più da tempo».