2020-08-10
«Crolla il Pil e loro fanno marchette»
L'imprenditore veneto Giordano Riello: «Conte allunga l'emergenza per prendersi i pieni poteri. Ma le aziende non sopportano altri tre mesi di bonus monopattini, liquidità finta e regole assurde. È peggio del 2008, ora esplode la povert໫Mettiamo subito in chiaro una cosa, io questo governo lo rispetto ma non lo stimo. I soldi dell'Europa? Un fallimento, altro che vittoria. I prestiti con garanzia pubblica? Una marchetta elettorale. Il prolungamento dell'emergenza sanitaria? Un affronto alla democrazia. I banchi di scuola con le rotelle? Uno spreco di soldi». Giordano Riello, presidente della Pmi innovativa Nplus e rappresentante della quinta generazione della nota famiglia industriale veneta, trent'anni vissuti tra l'azienda e l'impegno associativo in Confindustria come presidente dei giovani imprenditori del Veneto, non le manda a dire. «Avremmo dovuto pensare all'emergenza economica contemporaneamente a quella sanitaria. Ora ci troviamo con un 30% di aziende a rischio e il comparto turistico in stato comatoso. Ed è un settore che continuerà a soffrire anche nel 2021. Le stime indicano che il traffico aereo tornerà ai volumi pre Covid dal 2024».Vuol dire che il governo, dando la priorità al problema sanitario, ha sottovalutato il rischio di una crisi economica grave? «I due temi andavano affrontati in parallelo. C'è stata superficialità. Giuseppe Conte sarà un bravo avvocato, non lo metto in dubbio, ma di impresa non sa nulla. Non penso che abbia mai visto una linea di montaggio o uno stabilimento produttivo e l'Italia è il secondo Paese manifatturiero d'Europa. Noi avevamo lanciato subito l'allarme ma non siamo stati ascoltati».Cioè un «al lupo al lupo» a cui nessuno ha creduto?«Il lupo l'avevamo in casa e ora ci sta mangiando. Non si può tralasciare un problema perché ce n'è un altro. Quando il virus colpisce una persona può portare la morte, ma quando muore un'azienda lascia dietro di sé molte più persone morte. A fine maggio non c'era ancora contezza di quello a cui andavamo incontro. Il governo ha agito con misure estemporanee: ha prolungato la cassa integrazione, ha bloccato i licenziamenti e ha chiesto una proroga di ulteriori tre mesi dello stato di emergenza sanitaria. Ha congelato il Paese. Altro tempo per fare cosa?».Sulle cause del prolungamento dello stato di emergenza si sono fatte tante congetture. Non ultima quella di una sorta di assicurazione sulla vita del governo.«Glielo dico io. Emergenza sanitaria vuol dire concedere al premier la possibilità di emanare, con i Dpcm, tutto quello che vuole, senza passare da Camera e Senato. È un affronto alla democrazia, a quello che la nostra Costituzione prevede. È un modo per attribuirsi pieni poteri. Lo trovo molto pericoloso perché si crea un precedente».Anche Matteo Salvini aveva chiesto i pieni poteri e non gli sono stati concessi. «Proprio così e direi giustamente. Con i Dpcm il premier può legiferare come gli pare. Non ho stima per questo governo e le imprese non possono avere in questo momento un governo mediocre, non lo meritano».Non salva nessuno nel governo?«Sì, uno c'è. L'unico che ha competenze, con il quale dialogo bene è il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, pur essendo distante da me per ideologie politiche. Mi conforta perché almeno il mondo delle imprese ha un alleato».Vuol dire che le imprese si sentono ascoltate solo da Patuanelli?«Il governo è sordo alle richieste del mondo imprenditoriale. Al vertice degli Stati generali dell'economia ho proposto la detassazione degli utili reinvestiti in azienda. Ma la richiesta è caduta nel vuoto».Le detassazioni costano. «È a costo zero per l'erario. In questo momento significa raddoppiare la capacità di investimento delle aziende, vuol dire mettere nel sistema produttivo più liquidità, far girare l'indotto, poter assumere più persone che pagheranno tasse e metteranno soldi nell'economia reale. Quindi il gettito fiscale che lo Stato avrà nel lungo periodo è superiore a quanto gli viene dalle tasse sugli utili». Ma la detassazione del reddito reinvestito non è già prevista dall'Ace, l'aiuto alla crescita economica, reintrodotta dalla legge di bilancio 2020?«Con l'Ace, per 100.000 euro di investimenti, un imprenditore risparmia solo 312 euro. È quasi una presa in giro. Ma dove vogliamo andare? Manca una politica industriale seria. In piena crisi economica con il crollo del Pil, il premier non trova di meglio che prolungare di altri tre mesi lo stato di emergenza sanitaria. Conte ci dimostri di meritarlo. A noi imprenditori, altri tre mesi così, il mercato della concorrenza non ce li concede». Vuol dire che il prolungamento dell'emergenza sanitaria danneggerà le imprese?«Quando a settembre le imprese potranno portare i libri in tribunale e falliranno, sarà un disastro. È stata prolungata la cassa integrazione ma senza coperture, devono ancora arrivare i soldi di maggio. C'è un pressappochismo nella politica, una mancanza di serietà che è aberrante. Sono arrabbiato ma anche deluso, ci sentiamo presi in giro, trattati come uno strumento utile a finanziare le scelte elettorali di breve periodo, mentre c'è bisogno di una politica industriale con un orizzonte che vada al di là dei cinque anni di legislatura. La detassazione degli utili reinvestiti, scusi se insisto, insieme alla semplificazione degli oneri da Covid, sarebbe una manovra sensata». Le misure sulla sicurezza hanno complicato la vita alle imprese?«Con il distanziamento fisico, le aziende hanno dovuto ridisegnare gli spazi e chiedere il cambio di destinazione d'uso per alcuni locali. Lei ha idea di quanta burocrazia si deve superare per trasformare uno spazio vuoto in una mensa se quella consueta non può essere utilizzata nel massimo della capienza a causa delle regole del distanziamento?».No so, me lo dica lei.«Per un semplice cambio di destinazione d'uso, per mantenere il distanziamento sociale durante l'attività produttiva, ci sono una serie di passaggi che richiedono settimane, se non mesi».In attesa di avere le autorizzazioni imposte dalle regole Covid, l'azienda che fa? Sta ferma?«È una domanda che vorrei girare a Conte. L'imprenditore sarà costretto a organizzare il lavoro su più turni con maggiori oneri fiscali».Che ne è stato della promessa di semplificare le procedure?«Me lo chiedo anche io. Alle spese per applicare le regole sulla sicurezza si aggiunge il dispendio di tempo per le pratiche burocratiche. Se almeno si potessero semplificare i nuovi procedimenti da Covid, saremmo un passo avanti». Il credito con garanzia statale è un altro flop. Come mai non funziona?«Anche in questa operazione c'è una lungaggine burocratica assurda. Innanzitutto, rispetto al normale iter di richiesta di credito, ci sono due moduli in più da compilare. Nell'operazione liquidità sono stati coinvolti Sace e Cassa depositi e prestiti con i quali la banca deve confrontarsi per tutti gli adempimenti burocratici, prima di poter concedere all'azienda il prestito garantito dallo Stato. Un altro fattore frenante è la responsabilità per la restituzione del credito, attribuita al funzionario che sottoscrive le pratiche. È evidente che prima di mettere una firma ci pensa bene, a meno che non sia alle prese con aziende solide e liquide, ma queste, ovviamente, non hanno esigenza di chiedere soldi. Inoltre l'impresa deve superare un processo di rating da parte della banca. Spesso chi ha bisogno di liquidità, ha una situazione economica complessa che rende difficile l'accesso ai prestiti. Il problema non è la banca ma lo Stato, che ha pensato male il meccanismo. Non si possono dare ampie garanzie pubbliche e poi mettere paletti». Cosa bisognava fare per superare queste strozzature?«Semplice. Lo Stato dà le garanzie e la banca eroga il credito, tutto qui. Ma siamo di fronte a un'altra squallida marchetta elettorale. Le imprese sono senza soldi ma nessuno si preoccupa di quello che succederà in autunno, quando esploderà la povertà».Teme casi di suicidi di imprenditori come accadde nella crisi del 2008?«Quando ci furono i suicidi in Veneto, la situazione era migliore di oggi. La tensione sociale sta salendo e oramai è irreversibile, perché il governo non è stato tempestivo nell'affrontare l'emergenza economica». Il blocco dei licenziamenti non è un giusto paracadute in questa emergenza?«Il blocco dei licenziamenti è una sciocchezza. Piuttosto bisogna mettere le imprese nella condizione di assumere. Ma il governo pensa al bonus monopattini».Non le piacciono i monopattini?«Mentre sei alberghi su dieci rischiano di chiudere, dobbiamo chiedere prestiti all'Europa, il governo dà soldi per comprare i monopattini, non le sembra assurdo? Favorendo peraltro le aziende produttrici straniere, soprattutto cinesi. Per non parlare dei banchi con rotelle per le scuole. Il budget stanziato è folle. Tutte risorse che si potrebbero impiegare in modo più intelligente, a sostegno dell'economia». I soldi prestati dall'Europa possono far comodo.«Altro che vittoria come ha detto Conte. Il Recovery fund è un fallimento. Gli 81 miliardi di sussidi a fondo perduto in realtà sono 26 miliardi. E a fronte di questo finanziamento, il governo si è impegnato a mettere 55 di questi 81 miliardi, sul budget europeo. Gli altri 126 miliardi sono prestiti che dobbiamo restituire. Quindi dobbiamo capire che questi soldi vanno spesi in modo intelligente e non per i banchi con le rotelle. Dobbiamo centellinare ogni singolo euro prestato. Se sbagliamo un solo investimento siamo condannati a fare la fine del Venezuela o dell'Argentina».
Jose Mourinho (Getty Images)