2021-03-01
Emanuele Dessì: «Neppure Conte resusciterà il M5s»
Il senatore ex pentastellato: «Al Movimento non basterà la presenza dell'ex premier. È stato Beppe Grillo a volere il salto carpiato verso Mario Draghi. Il quesito sulla piattaforma Rousseau era farlocco, la scelta era già presa»«Il Movimento 5 stelle ha imboccato un vicolo cieco. Non vedo all'orizzonte cambiamenti di fondo: se pensano che basti la presenza di Giuseppe Conte per dare un nuovo slancio, sono fuori strada». È stato uno degli ultimi a dire addio, il senatore Emanuele Dessì. Uno degli ultimi a lasciare una «casa» messa a soqquadro da faide interne, espulsioni e malumori. «Andrebbe buttato giù tutto per ricostruire da capo», racconta.Senatore, serve un commissario liquidatore per uscire dal pantano in cui si è cacciato il Movimento 5 stelle? «Un commissario liquidatore, forse, è troppo. Non si tratta di un fallimento totale, più che altro siamo di fronte a una serie di errori di strategia ripetuti per troppo tempo».Basterà Giuseppe Conte? «Ho stima dell'ex premier, ma è un paravento. Non cambierebbe nulla, la strada resterebbe la stessa. Le persone che hanno commesso errori clamorosi in questi anni sono ancora lì, al loro posto. Non sono stati capaci di trovare una sintesi interna, ora sono convinti che Conte possa risolvere tutti i problemi. Non credo sia in grado di cambiare la linea politica del Movimento 5 stelle».Tutto cambia perché nulla cambi. Ha questo sospetto?«La scelta politica è in mano a chi ha già peccato di autoreferenzialità. Giuseppe Conte potrebbe certamente risolvere alcuni problemi, ma sarà una mera questione di immagine. Di fatto, tutto resterà come prima: Beppe Grillo si terrà il suo ruolo da padre nobile, Luigi Di Maio il suo posto al ministero degli Esteri. I territori, sbriciolati in mille rivoli, non saranno nemmeno consultati. Personalmente, mi aspettavo una scelta diversa da Conte».Di che tipo?«Pensavo che avrebbe assunto il ruolo del federatore di una vasta area politica, non delle correnti del Movimento 5 stelle». Qual è il senso di questa operazione, allora?«Alla base c'è la paura che Conte possa farsi un contenitore politico proprio, che svuoterebbe gran parte del Movimento». «Chi oggi invoca Conte, ha contribuito alla sua fine», ha detto Massimo Bugani. È d'accordo?«Vista la facilità con cui ci si è buttati sul Governo Draghi, non ho visto gente strapparsi i capelli mentre Conte veniva estromesso. Nel Movimento c'è un problema di metodo: le scelte vengono prese da un ristretto numero di persone, al chiuso di una stanza. I gruppi parlamentari e la base vengono tenuti all'oscuro di tutto». L'uomo solo al comando smentisce la linea collegiale decisa al termine degli Stati generali. Che senso ha avuto quel Congresso?«È stato dipinto come un successo della democrazia, con 8.000 partecipanti che hanno proposto temi completamente diversi da quelli che porterà avanti il Governo Draghi. I grandi partiti popolari della storia hanno modificato la loro natura e i loro simboli. È un normale processo democratico, ma viene fatto nei congressi in cui tutti parlano e alla fine si decide a maggioranza. Io non riesco a capire qual è stato il luogo democratico in cui si è decisa la nuova linea del Movimento. Per l'ennesima volta, in pochi decidono e gli altri devono adeguarsi». E chi non lo fa, è fuori. «Il Movimento 5 stelle non ha processi democratici al suo interno. Il più forte impone la linea». Anche con la fiducia al nuovo Governo, la decisione è arrivata dall'alto. «Siamo passati, nel giro di poche ore, da “Conte o morte" a “tutti con Draghi". Un carpiato da manuale, elaborato da Vito Crimi». Il reggente perpetuo, molto contestato dagli espulsi. Gli riconosce ancora un ruolo?«Vito Crimi ha avuto la sfortuna politica di trovarsi a guidare il Movimento in una situazione molto complessa. Non ha capito una cosa fondamentale: accentrare tutto non è la soluzione. Si è trovato nel doppio ruolo di reggente e viceministro: troppo, in un Movimento così articolato. Si è isolato, chiuso con i capigruppo a scegliere linea politica e uomini. Beppe Grillo, invece, non ha fatto neanche quello: ha deciso da solo che il Governo si doveva fare e basta». Perché questa accelerazione, secondo lei? «Ho provato a chiederglielo anche io». E qual è stata la risposta? «Nessuna. Grillo non ha ascoltato nessuno: né i parlamentari né tanto meno la base, consultata solo dopo con un quesito farlocco». Con buona pace della democrazia diretta, sostenuta da sempre. «Adottare i sistemi della democrazia diretta serve a orientare le scelte di chi poi deve metterle in atto. Nell'ultima votazione su Rousseau, sulla fiducia al governo Draghi, è stato fatto il contrario: la scelta era già stata presa, il quesito è servito solo a ratificarla. La natura manipolatoria della domanda non ha nulla a che vedere con la democrazia diretta».Eppure, quasi il 60% degli iscritti ha detto sì. «Certo, ma a un quesito totalmente farlocco. La fiducia si dà a un presidente del Consiglio, con una squadra ben definita di ministri. Non a un singolo ministero. Su Rousseau è stata presentata una domanda parziale e ingannevole: attraverso la creazione di un super ministero, si lasciava credere che tutti i problemi del Governo sarebbero spariti. Non è così: abbiamo il ministero della Transizione ecologica, ma anche Renato Brunetta alla Pubblica amministrazione. Se la base avesse potuto votare conoscendo il perimetro politico del nuovo Governo e le persone che ne avrebbero fatto parte, non credo che la percentuale di voto sarebbe stata così alta».Nei giorni che hanno preceduto il voto di fiducia, lei «non aveva motivi per lasciare il Movimento». Oggi è fuori e lavora alla creazione di un nuovo gruppo al Senato, con il simbolo di Italia dei Valori. Come si spiega un cambiamento tanto repentino?«Ho aspettato fino all'ultimo, ho sperato che la scelta non fosse definitiva. Che si potesse rivedere. E invece si è partiti con il solito modo di giustificare l'ingiustificabile, con una comunicazione che ha fatto muro al dissenso».La fiducia a Draghi è la negazione di anni di battaglie, anche se non tutti la pensano così. Carlo Sibilia, attuale sottosegretario agli Interni, ha fatto sparire i tweet in cui chiedeva l'arresto dell'ex Governatore della Banca centrale europea. «Siamo di fronte all'ultimo degli errori che il Movimento ha fatto in questi anni». La lista è lunga, non crede? Qual è stato il peggiore?«Dire sì a un governo con la Lega. Governare con Salvini è stato l'inizio della nostra fine. Dopo la parentesi semistrutturale con i partiti di centrosinistra, oggi ci ritroviamo in un Governo in cui non dovremmo stare, non abbiamo nulla a che fare con la gran parte delle persone che ne fanno parte. Stare lì dentro ci farà perdere gli ultimi caratteri distintivi e ci porterà praticamente prossimi allo zero». Esisteva un piano B, secondo lei?«L'appoggio esterno, l'unica scelta compensativa di due esigenze: smarcarsi dal “Governo di tutti e a tutti i costi" e dare il nostro contributo per la ripresa del Paese. Il Movimento 5 stelle avrebbe dovuto assumere una posizione neutra, e invece oggi tutti esultano. Quello attuale sembra essere diventato il nostro Governo, ma nessuno si accorge di una differenza di fondo: nei Governi Conte eravamo maggioranza nella maggioranza, con un premier che era nostra espressione. Oggi non è così». Che cosa pensa delle parole di Luigi Di Maio, che ha invocato una nuova linea, «moderata e liberale»?«Quelle posizioni mi hanno convinto che il Movimento 5 stelle non è più la mia casa. Se Luigi Di Maio ha un'idea “moderata e liberale", concordata in un perimetro democratico che comprende tutti, mi sta bene. Anzi, decidere una linea politica in maniera collegiale è un valore aggiunto. Credo sia sbagliato quando Di Maio pensa di imporre quel che pensa, di stabilire che il Movimento è un'altra cosa. Ha deciso lui per tutti, sbagliando».Davide Casaleggio, nel frattempo, batte cassa: nelle ultime ore sono partite le mail per chiedere ai parlamentari di mettersi in regola con versamenti. Ha controllato la casella di posta, senatore?«Io Casaleggio non lo pago, lui lo sa. Ho dato i soldi al Movimento 5 stelle, pago lo staff che mi aiuta nelle attività legislative, ma Casaleggio non lo pago».Perché? «Perché non serve a niente, non butto i soldi dei cittadini in una cosa che non serve a niente». Nell'eventuale nuova veste che potrebbe assumere il Movimento 5 stelle, c'è spazio per Davide Casaleggio e per l'associazione Rousseau?«Non avrebbe mai dovuto esserci spazio per Davide Casaleggio, sin dall'inizio. Un partito politico non può farsi tenere per la giacchetta da un esterno, vertice di una associazione privata. Qui ci sono due partiti in uno: il primo non ha eletto nessuno, l'altro ha eletto più di 300 parlamentari per farsi dire cosa fare? Una follia».
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».