2020-09-21
«Dopo il termometro, l’autonomia»
Il governatore piemontese, Alberto Cirio, vittorioso sull'obbligo di misurare la febbre a scuola: «Roma pensi ai prof mancanti. Non c'è scusa, il fabbisogno era noto da un mese. Per questo io e Luca Zaia vogliamo la competenza sull'istruzione».«Ve l'avevo detto: nel cuore, sono un bogianen».Bogianen?«In piemontese significa “uno che non si muove". Non lo sapeva?». Come dire un testardo?«Diciamo perseverante, in senso buono. È il nome che diedero alle truppe piemontesi dopo la battaglia dell'Assietta, nel 1747». Quando si rifiutarono di ritirarsi dinanzi ai francesi, mantenendo la linea del fronte? «Non mollarono la trincea: e alla fine vinsero la battaglia. Ecco, è il comportamento di chi, con buon senso, resta fermo sulle sue posizioni». C'entra qualcosa il suo lavoro nei campi?«Può darsi. Sono un agricoltore convinto e contento. Nipote di nonni contadini e figlio di questa terra. Bogianen, appunto». Alberto Cirio, governatore della Regione Piemonte, ha appena vinto la «guerra del termometro» contro il governo. Il ministro Azzolina aveva impugnato l'ordinanza regionale che impone alle scuole sabaude di verificare l'effettiva misurazione della febbre da parte delle famiglie.E adesso che il Tar ha promosso la Regione e bocciato il governo, cosa si prova?«La battaglia non l'ho vinta io, e nemmeno la mia parte politica. L'ha vinta la mia gente. Il mio dovere era quello di tutelare la salute dei piemontesi».Però stavolta aveva tutti contro: Azzolina, Speranza, dirigenti, presidi, sindacati…«Ma dalla mia parte c'erano le mamme, i papà e anche i nonni, i più vulnerabili». I giornali sintetizzano: «La febbre si misurerà a scuola». «Mettiamola così. Lo Stato ha messo il limite a cinquanta all'ora. Io sono quello che ha messo l'autovelox».Fuor di metafora?«L'obbligo di legge, che investe la potestà genitoriale, dice che le famiglie devono misurare la febbre ai figli prima della scuola». E lei?«Io aggiungo: va bene, ma la scuola deve richiedere una autocertificazione». E se manca? «Allora ci penseranno gli istituti a misurare la temperatura. Uno Stato che ordina alle aziende, ai negozi e ai parrucchieri di misurare la febbre a tutti, come può rifiutarsi di farlo nelle scuole?». È la stessa domanda che ha fatto al ministro Azzolina? «Certo, gliel'ho detto con chiarezza».Risposta? «Mi ha detto che la sua impostazione è basata sul patto con le famiglie». Ecco, appunto: forse lei non si fida delle famiglie? «Mi fido di tutti. Ma a Grugliasco, vicino a Torino, ci sono genitori che per scelta non misurano la febbre ai figli». I negazionisti?«Dicono che il Covid non esiste, e si vantano di pensarlo. Avendo la responsabilità della salute, ho il dovere di intervenire». L'hanno accusata di minare la sicurezza sanitaria. «Al contrario, la rafforziamo, con un controllo in più. E adesso lo ha riconosciuto anche il Tar. Il governo dovrebbe prendere il Piemonte ad esempio». Ma non si formano assembramenti fuori dalle scuole?«Neanche uno. Nelle nostre scuole c'è gente che lavora con passione. Insegnanti, dirigenti e bidelli si sono dimostrati più efficienti del ministero». Però i presidi torinesi dicono che affonderanno nelle autocertificazioni.«Figuriamoci, forse qualche protesta isolata. Mi fa sorridere che qualche preside di istituto tecnologico si lamenti per troppa carta. Trovino meccanismi diversi. Sono loro gli studiosi, no?».Meccanismi diversi?«C'è il registro elettronico, le chat di classe, ci sono mille modi per non avere la carta. E poi, guardi, c'è già il diario».Il diario scolastico?«Quello che già si usa per le comunicazioni agli insegnanti. Cosa costa scrivere ogni mattina: “Niente febbre"? Con mia figlia lo faccio ogni giorno senza problemi».Il ministro Azzolina le ha telefonato dopo la decisione del Tar?«No». E Berlusconi?«Sì, una telefonata affettuosa. Era soddisfatto due volte, da uomo pubblico e da persona che ha vissuto il Covid sulla propria pelle. Il leone di sempre». Comunque, siamo al primo round. Dopo la decisione sulla sospensiva, si aspetta l'udienza del 14 ottobre.«Sì, ma la mia ordinanza scade il 7, in corrispondenza del Dpcm di Conte. Poi valuterò la situazione dei contagi e nel caso farò una nuova ordinanza esattamente identica». E se il governo impugnasse anche quella?«Sarebbe assurdo, e poi c'è il principio del “ne bis in idem". No, la vera sfida si è giocata adesso, sulla sospensione. E con questa decisione del Tar considero chiusa la partita». Raccontata così, quella del governo sembra quasi una lite temeraria…«Per carità, non voglio colorare politicamente una questione così importante».Il ministero l'ha sfidata per evitare scontri con i sindacati? «Rispetto il ruolo dei sindacati, ma prima viene la salute. Anzi, in un Paese normale, il termometro dovrebbe restare a scuola anche dopo il Covid: ci salverà dall'influenza, dagli orecchioni e anche dalla pertosse». Sogna il medico in ogni scuola?«Ci sto pensando. Una volta nell'assessorato alla Sanità c'era una branca dedicata alla medicina scolastica. Faremmo bene a riesumarla». Il virus in Piemonte ha colpito pesante. Siete pronti all'eventuale seconda ondata?«Stiamo costruendo quel sistema di medicina territoriale che in Piemonte mancava». E come?«A febbraio avevamo 2 laboratori in grado di fare tamponi, alle Molinette e all'Amedeo di Savoia. Oggi sono 29, aperti in questi mesi. Anzi, riaperti: erano stati i governi precedenti a chiuderli».Perché?«Le famose razionalizzazioni: la rete di laboratori era stata smantellata. In pochi mesi abbiamo assunto 2.523 persone, con 90 reparti di continuità assistenziale operative. Credo nel privato, ma sulla sanità pubblica, mai più tagli». Oggi in classe qual è il primo problema? «I posti. Settimana scorsa avevamo 15.000 cattedre scoperte. L'altro giorno mi scrive una mamma: “Ho portato mia figlia a scuola ma non c'è l'insegnante di sostegno, la riporto a casa?". Devo confessare che su questo problema degli organici non riesco a darmi una spiegazione». Perché non se lo spiega?«Ci fanno iscrivere i figli a scuola in primavera, con larghissimo anticipo. Se hai il numero degli iscritti e hai il numero dei docenti, vivaddio, non si possono fare le assegnazioni un mese prima?».La burocrazia è quella che è. «Posso capire le difficoltà. Posso capire 300 insegnanti che mancano i primi giorni: ma ventimila! È una grave carenza. Ed è per questo che con Luca Zaia abbiamo inserito la scuola nella richiesta di autonomia regionale». Volete fare da soli? «Non pretendo certo la gestione della scuola per insegnare ai bambini come si fa la bagna cauda. Voglio insegnanti per tutti gli studenti. Il meccanismo statale non funziona a prescindere da chi governa: c'è un problema strutturale». Forse la febbre ha colpito anche il governo: la febbre dell'accentramento?«Sì, soprattutto sulla scuola. Sono gelosi dei loro poteri. Però quando parliamo di salute queste cose non devono esistere». Un suo assessore vuole ribaltare le linee guida del governo sulla pillola abortiva, che ad agosto hanno abolito l'obbligo del ricovero. Insisterete? «Si è montata una polemica che non esiste. L'assessore Marrone, che si occupa del legislativo, ha attivato una verifica di carattere giuridico sulla compatibilità tra normativa regionale e quella nazionale. Ma decisioni non ce ne sono». Su questo tema, come sulla vaccinazione antinfluenzale obbligatoria, gli alleati leghisti non vi seguono. «Credo nella libertà individuale, così come nella libertà della donna di scegliere della propria vita». Quando sente parlare i negazionisti, non le viene la tentazione di imporre il vaccino obbligatorio?«Il rischio psicologico di avere l'influenza pensando di avere il Covid può generare grandi problemi. Potenziare il vaccino soprattutto sugli ultra sessantenni è fondamentale. Ma troveremo un equilibrio tra le forze di maggioranza, come abbiamo sempre fatto». Cosa domanda al governo circa i denari del Recovery fund?«Più grave che non avere soldi, è non riuscire a spenderli. Per questo chiedo solo regole speciali, modello Ponte Morandi. Costruiamo un ponte anche verso il futuro del Paese». Per scardinare le pastoie?«Nominino i commissari che vogliono, i prefetti, chiamino chiunque. Ma poniamo regole precise». Che succede se finisce 4 a 2 per il centrodestra alle regionali? Il governo barcolla?«Se finisce 4-2 avremo semplicemente quattro regioni governate meglio».Asciutto stile sabaudo.«Vorrei solo avere un governo con cui sia più facile parlare di problemi concreti. Con meno strategie e più pragmatismo». Dunque? «Prima si vota meglio è. Sono cambiati tanti equilibri dalle ultime politiche. Se queste regionali saranno un viatico per il voto politico, sarà senz'altro un bene per il Paese».
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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