2019-04-14
L’intelligenza non è mai artificiale. Senza il sentimento non c’è l’uomo
Chi considera la mente un meccanismo, da Galileo ai cultori odierni del transumanesimo, si sta sbagliando. Le nuove ricerche, al contrario, mostrano che la coscienza ha a che fare con le attività affettive e istintuali.Il cervello umano non ha niente a che vedere con le macchine. Certo è perfettamente in grado di inventarle, farle e maneggiarle, ma è completamente diverso da loro. Accostare il funzionamento dell'uomo a quello meccanico è sbagliato e ha fatto perdere alla scienza tempo e occasioni preziose. A stabilirlo non è qualche umanista o artista fantasioso, ma uno dei più famosi e autorevoli neuroscienziati viventi, Michael S. Gazzaniga, direttore del centro Sage per gli studi sulla mente all'Università di Santa Barbara, California, e membro delle più autorevoli Accademie di scienze e medicina americane.La coscienza umana descritta da Gazzaniga non ha nulla di meccanico ed ha invece molto a che fare con l'istinto, che sua volta ha poco a che vedere con le «pulsioni» freudiane e niente con i riflessi automatici o obbligatori del determinismo scientifico, ma moltissimo con i sapienti programmi e trasformazioni che hanno da sempre presieduto all'origine della vita e accompagnato la sua evoluzione nel corso dei millenni. Gazzaniga presenta queste sue più recenti riflessioni nel nuovo libro La coscienza è un istinto. Il legame misterioso tra il cervello e la mente (Raffaello Cortina editore). Il libro del neuroscienziato americano (approfondendo i suoi lavori precedenti e quelli dei suoi maestri e allievi) è un potente siluro all'interpretazione materialistica delle neuroscienze, che segue il mito di successo dell'«uomo macchina» descritto nel 1747 da uno dei nobili illuministi francesi, Julien Offroy de la Mettrie, e che nelle versioni più recenti tenta di ridurre la mente umana a interazioni automatiche tra le cellule nervose e le aree cerebrali ad esse collegate. Sono le ultime ricadute del tentativo iniziato con Galileo nell'Umanesimo e affermato poi con Descartes e il suo collegare il pensiero a un'attività prevalentemente intellettuale, riducibile a formule, separata dalle complesse dinamiche della materia vivente. Confessa in queste pagine Gazzaniga, senza timore di andare contro un mostro sacro: «Se invece di dire “penso, dunque sono", Descartes avesse detto “sento, dunque sono" ci avrebbe risparmiato un sacco di lavoro», evitandoci di considerare per più di due secoli l'intera materia vivente una «cosa inerte», e spingendoci a non riconoscere la forza intrinseca dei fenomeni naturali. È dal «sentire», dall'insieme delle attività affettive e istintuali, più che da un pensiero astratto, che possiamo capire dove ci orienti una coscienza sana, testimone autentica dell'insieme del nostro essere e della nostra personalità.Perché questa è la trappola in cui la scienza è rimasta ingabbiata da Galileo fino a ieri: se tutti i fenomeni naturali erano riducibili a materia e movimento, e rappresentabili in formule geometriche e matematiche, come si spiegavano i cambiamenti della mente e le evoluzioni della coscienza? La realtà è che tutto ciò che vive è in continua trasformazione. A dimostrarlo non è però la matematica cara agli scienziati televisivi, ma la biologia, la scienza che è maggiormente a contatto con il modo vivente. La coscienza-istinto di cui parla Michael Gazzaniga assomiglia allo slancio vitale di cui parlava Henry Bergson un secolo fa: la spinta di tutto l'organismo umano a continuare e valorizzare la vita, cui si oppongono le malattie, anche mentali e le forme e modi di vita malsani. Come dimostra l'osservazione della mente e della psiche, è poi proprio lo sperimentare e valorizzare i cambiamenti positivi, virtuosi, che ci fa cambiare. E comprendere la relazione tra i cambiamenti fisici, del corpo e i suoi comportamenti, e quelli psicologici e mentali. È quella la base sicura per fondarci la personalità individuale. La «plasticità del cervello», la grande scoperta delle neuroscienze degli ultimi decenni, ci mostra come non solo il nostro cervello continui a cambiare a seconda delle indicazioni che riceve dal corpo (al contrario di quanto si riteneva e insegnava fino a trent'anni fa), ma addirittura quanto ci chieda in continuazione di fornirgli direzioni di sviluppo e ci solleciti a trasformarci in meglio. Star bene insomma è un istinto, una direzione della coscienza sana. È noto come i bambini non stimolati ad apprendere e a impegnarsi cadano più frequentemente in depressione. Gli adolescenti poi si ammalano a volte quando «non vogliono crescere», e la coscienza spesso non segue e si rifiuta di riconoscere e di organizzare i cambiamenti già in atto nel corpo. Anche i pensionati si ammalano, anche di mente, quando il mondo attorno a loro cerca di convincerli che ormai devono «solo godersela», perché hanno già fatto tutto ciò che dovevano fare. La vita, invece, ha bisogno di impegnarsi, trasformando in continuazione se stessa e il mondo, e il cervello ci chiede di fornirgli direttive positive e fruttifere per farlo. A differenza dei meccanismi chiusi delle macchine e delle reazioni riflesse dei robot poi, «le rappresentazioni simboliche della coscienza sono in grado di accogliere nel sistema mentale credenze, idee e pensieri» che nessun sistema meccanico o ideologico accoglierebbe. Come diceva lo psicologo laico William James: «Per prima cosa, avvalendomi del libero arbitrio, sceglierò di credere nel libero arbitrio». Al contrario della ristretta «coscienza» meccanicistica, quella istintuale è capace e (come abbiamo visto con la plasticità del cervello) disponibile ad accogliere istanze di natura superiore. «Nessun bisogno di fasciarsi la testa», scrive Gazzaniga, «gli stati mentali hanno il potere di influenzare l'agire fisico operando dall'alto verso il basso». È insomma il contrario di quanto accada anche con le «pulsioni slegate» come le chiama Sigmund Freud, spinte istintuali cieche che partono dal basso e poi ti vincolano e rendono dipendente. In questo la coscienza-istinto di Gazzaniga conferma anche le recenti ricerche di Marc Hauser (dell'Università di Harvard) e di Steven Sloman della Brown University di Providence), che dimostrano come le intuizioni morali siano innate negli esseri umani, mentre le giustificazioni razionali variano moltissimo. È di ragionamenti sottili che si nutrono le perversioni, non di sentimenti affettivi e istintivi, come sapeva perfettamente il marchese Donatien Alphonse de Sade con i suoi elenchi di orrori.Questo approccio neuroscientifico va a intaccare profondamente le prospettive del campo della cosiddetta Intelligenza artificiale, uno dei pilastri della visione del post o trans umanesimo, ma soprattutto una delle principali scommesse della finanza internazionale, oggi impegnata a farne un riferimento obbligatorio per le decisioni sullo sviluppo futuro dell'umanità, in ogni campo. Gazzaniga ritiene e scrive invece che l'Ia funzioni secondo un modello deterministico che non possiede (al contrario della mente umana) la propria controparte «simbolica, arbitraria, fatta dai prodotti della selezione naturale», indispensabile a bilanciarne le analisi altrimenti unilateralmente razionaliste. Se si pensa che molti governi hanno già in corso enormi progetti di investimenti in Intelligenza artificiale con la pretese di risolvere i problemi più svariati, si capisce quanto le posizioni di Gazzaniga e delle correnti a lui vicine possano modificare interi orientamenti di politica economica e sociale. Sono le ultime battute, in corso, dell'antico dibattito scientifico tra Leonardo da Vinci e Galileo: chi riconosce il mistero e chi vuol chiudere la vita in formule. Continuerà a lungo (forse per sempre): ma la libertà umana ha qui segnato altri punti importanti.