2024-04-04
L’inflazione comincia a chinare la testa: Bce senza più scuse
A marzo è scesa al 2,4%: la Lagarde deve tagliare i tassi. Cresce l’occupazione ma resta aperta la questione salari e produttività.Dando uno sguardo all’inflazione viene da pensare che una rondine non fa primavera. È insomma presto per gioire. A marzo l’inflazione è scesa al 2,4% su base annua rispetto al 2,6% di febbraio. Si tratta di un dato che fa sperare ma che allo stesso tempo indica che la normalizzazione è ancora lontana. Anche l’inflazione di fondo, quella che indica i prezzi senza i costi energetici e alimentari, è scesa al 2,9% negli ultimi 12 mesi. A febbraio era al 3,1%. E sono sempre meno le scuse a cui Christine Lagarde può appellarsi per rimandare la sforbiciata. «Le stime dell’indice dei prezzi a marzo ha mostrato un aumento del 2,4% su base annua, con un calo dello 0,2% rispetto alla lettura del mese scorso», ha dichiarato Michael Field, stratega di Morningstar. «Con l’inflazione vicina al livello target del 2% della Bce, gli investitori saranno ancora più convinti che i tagli dei tassi di interesse siano all’orizzonte a breve termine». A marzo però ci sono ancora beni o settori il cui valore continua a salire. Basti pensare ai servizi (+4%), seguiti dai prodotti alimentari, alcolici e tabacco (+2,7% su base annua) e ai beni industriali non energetici (+1,1%). Giù invece l’energia (-1,8%). C’è un cauto ottimismo tra gli addetti ai lavori. «L’inflazione in Eurozona continua a calare» con un andamento «in linea con un rallentamento dell’economia che rafforzerebbe la tesi dello stimolo monetario» dice Richard Flax, responsabile investimenti di Moneyfarm. «Nonostante le ultime dichiarazioni di Christine Lagarde ribadiscano l’approccio cauto della Bce, lasciando intendere che l’inversione di rotta potrebbe non essere imminente, gli analisti propendono attualmente per un primo taglio dei tassi già a giugno. I prossimi dati sulle buste paga potrebbero essere decisivi, ma, a questo proposito, il nuovo membro del consiglio della Bce Piero Cipollone sottolinea l’importanza di non concentrarsi esclusivamente sul rallentamento della crescita salariale: una voce fuori dal coro, che tuttavia lascia intendere che l’opzione di un taglio anticipato dei tassi, magari già in occasione della riunione di aprile, resta aperta. La sfida per la Bce rimane quella di riportare l’inflazione entro il target del 2%, ma l’ultimo tratto del cammino prima del traguardo potrebbe essere il più accidentato, con probabili cali progressivi dei prezzi».«I dati odierni sull’inflazione nell’Eurozona non suggeriscono alcun cambiamento nella politica della Bce questo mese», dice invece Ulrike Kastens, economista di Dws, l’asset manager di Deutsche bank. «In varie dichiarazioni, i funzionari Bce hanno reso noto che hanno bisogno di maggiori dati per valutare il trend dell’inflazione sottostante. È probabile che questo rimanga il messaggio chiave della Lagarde ad aprile, dato che i dati chiave sui salari saranno resi noti solo nelle prossime settimane. Pertanto, è probabile che il tasso di interesse di riferimento del 4% venga riconfermato, con la prospettiva di un primo taglio a giugno, come ci aspettiamo da tempo».Anche oltreoceano c’è cautela. «La Fed teme che l’ultimo tratto della sua lotta all’inflazione possa rivelarsi in salita e i dati dell’indice dei prezzi al consumo di quest’anno non fanno che aumentare tali timori. In questo contesto, la Banca centrale invierà un messaggio cauto ai mercati, riconoscendo i progressi compiuti nella riduzione dell’inflazione, ma avvertendo che è necessario un ulteriore rallentamento per giustificare una riduzione dei tassi», ricorda James McCann, vicecapo economista di Abrdn. «La buona notizia è che l’inflazione dovrebbe attenuarsi nel corso della prima metà dell’anno, preparando un primo taglio dei tassi da parte della Fed a giugno». Quello che è certo è che senza una politica monetaria adeguata anche il mercato del lavoro resterà al palo con stipendi italiani da canna del gas e una produttività inferiore alla media. Una spirale da cui è difficile uscire, anche se il mercato del lavoro manda segnali positivi. Secondo i dati diffusi ieri dall’Istat, confrontando il trimestre dicembre 2023-febbraio 2024 con quello precedente (settembre-novembre 2023), si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,3%, per un totale di 65.000 occupati. In dettaglio, a febbraio 2024, rispetto al mese precedente, sono aumentati gli occupati e i disoccupati, mentre sono calati gli inattivi. L’occupazione è cresciuta (+0,2%) tra uomini, over 24 e dipendenti permanenti. Giù invece tra le donne, i 15-24enni, i dipendenti a termine e gli autonomi. Il tasso di occupazione è salito al 61,9% (+0,1 punti). La diminuzione del numero di inattivi (-0,5%) caratterizza tutte le classi d’età, a eccezione della fascia 15-24 anni. Il tasso di inattività scende al 33% (-0,2%).
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