2020-04-17
Linea Cgil-Bellanova sull’agricoltura Vogliono i clandestini ma non i voucher
Il ministro insiste: «600.000 stranieri da regolarizzare subito». E il sindacato applaude. Ma le aziende hanno bisogno di altro.La nave Alan Kurdi attende in mare da giorni: «A bordo situazione fuori controllo».Lo speciale contiene due articoli.In Germania mancano circa 300.000 lavoratori stagionali nel settore agricolo. Le autorità tedesche hanno reagito creando una serie di piattaforme digitali che mettano in contatto i disoccupati con le aziende che hanno bisogno di personale. Chi ha perso il posto nei bar, nei ristoranti e in altre attività di questo genere viene invitato a trovare un impiego nell'agricoltura o nell'allevamento. Nel Regno Unito, invece, la National Federation of Young Farmers'Clubs sta cercando braccia fra gli studenti, invitandoli a rivolgersi alle fattorie per rimediare qualche soldo. In Italia, secondo la Coldiretti, mancano più o meno 370.000 braccianti, ma la soluzione proposta dal governo è sempre la stessa: sanatoria per gli immigrati clandestini. Teresa Bellanova, ministro delle Politiche agricole, da settimane non fa che ripetere il mantra: braccia spalancate agli stranieri. Ieri, in Senato, ha rimbombato la medesima solfa: «Sono 600.000, secondo le stime, gli irregolari stagionali nell'agricoltura che vengono spesso sfruttati e lavorano in Italia per quella criminalità che chiamiamo caporalato, che per me significa mafia», ha detto la Bellanova. «O è lo Stato a farsi carico della vita di queste persone o è la criminalità organizzata». Dunque sanatoria e dentro tutti. Quando il governo si è insediato, il ministro dell'Agricoltura si è presentato con uno sgargiante vestito blu. Forse per questo ora si crede una Fata Turchina capace, con un colpetto di bacchetta magica, di trasformare i clandestini in cittadini.A darle manforte ci si è messa pure la Cgil, che ieri ha lanciato una campagna su Twitter con l'hashtag #regolarizzateli. «Per loro chiediamo subito la regolarizzazione, così da avere manodopera che possa lavorare nei campi con rapporti di lavoro che rispettino i contratti, non con i voucher, chiediamo tutele, diritti a partire da quello alla salute, a un lavoro dignitoso, a un alloggio», ha detto Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil. Curioso: regolarizzare i clandestini si può anzi si deve, ma utilizzare i voucher è proibito. Secondo i sindacati, infatti, i «buoni lavoro» consentirebbero alle aziende di sfruttare la manodopera. Beh, diamo un'informazione alla Triplice: lo sfruttamento esiste già. Proprio nelle scorse ore un'inchiesta contro il caporalato in Romagna della squadra mobile di Forlì ha portato all'arresto di quattro pakistani che sfruttavano 45 richiedenti asilo (loro connazionali e afghani), costringendoli a lavorare nei campi fino a 80 ore alla settimana, pagandoli 50 euro al mese. Questi poveretti venivano in condizioni pietose, con poco cibo, niente acqua calda, costretti a dormire su materassi gettati a terra. Ad avvalersi dei loro servizi sottopagati erano i titolari di alcune aziende agricole di Rimini, Forlì e Ravenna, che sono stati denunciati. Questa vicenda, per altro, dimostra che una regolarizzazione dei clandestini non condurrebbe automaticamente alla fine del lavoro nero, anzi. Gli sfruttati di cui sopra erano richiedenti asilo. La legge italiana consente a chi ha fatto regolare richiesta di accoglienza di lavorare, non per nulla molti ospiti dei centri di accoglienza anche in questi giorni continuano a muoversi liberamente proprio perché hanno un impiego. Tradotto: il fatto di avere un permesso di soggiorno non conduce necessariamente a maggiore legalità. I voucher, invece consentirebbe di pagare gli stagionali senza ricorrere al nero. Secondo Dino Scanavino, presidente della Cia, essi sono «uno strumento flessibile idoneo a reclutare chi è in cassa d'integrazione o percepisce il reddito di cittadinanza ma che non rinuncerebbe al suo ammortizzatore sociale per venire a lavorare nei campi. Con il voucher, invece, il lavoratore può integrare le sue entrate attraverso queste prestazioni occasionali, il cui compenso è esente ai fini Irpef». Oppure, appunto, si potrebbe impiegare in agricoltura chi è sprovvisto di un lavoro o campa con il reddito di cittadinanza. Sarebbe sensato, e lo fanno anche all'estero. Però la Bellanova si oppone, e la Cgil di nuovo la sostiene. Del resto la signora ha iniziato la sua carriera politica proprio nel sindacato rosso. Ed è grazie al sindacato che ha conosciuto il suo attuale marito, Abdellah El Motassime. Si sono incontrati in Marocco: lei era in visita istituzionale, lui le faceva da interprete. Sarà, forse, anche per queste ragioni sentimentali che il ministro è così attento alle esigenze degli stranieri. Non a caso ieri i giornali marocchini hanno dato grande risalto alla sua proposta di sanatoria: un bel messaggio a chi fosse intenzionato a lasciare l'Africa per venire qui. A quanto pare il governo teme il nero ma non ha paura di fare un favore ai trafficanti di uomini. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/linea-cgil-bellanova-sullagricoltura-vogliono-i-clandestini-ma-non-i-voucher-2645736002.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-ong-alzano-ancora-la-pressione-un-migrante-ha-tentato-il-suicidio" data-post-id="2645736002" data-published-at="1587060217" data-use-pagination="False"> Le Ong alzano ancora la pressione: «Un migrante ha tentato il suicidio» Oggi i 146 migranti della Alan Kurdi che si trova al largo delle coste di Termini Imerese, in prossimità del porto di Palermo, saranno trasferiti su una nave della Compagnia italiana di navigazione (e non della Gnv come sembrava inizialmente), con cui esiste una convenzione dal 2012. Il provvedimento è stato firmato ieri dal capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, su richiesta del ministro dei Trasporti, Paola De Micheli, per contrastare la diffusione del contagio da coronavirus e «nella non possibilità di indicare il “place of safety", un luogo sicuro». Le persone a bordo della nave che batte bandiera tedesca faranno dunque la quarantena su un traghetto italiano, a nostre spese. A occuparsi del carico umano, anche sotto l'aspetto sanitario, sarà la nostra Croce Rossa. Mercoledì notte, tre migranti erano state fatti scendere dalla nave della Ong tedesca Sea Eye (che per il maltempo si era spostata dalle coste trapanesi verso quelle palermitane) e portati a terra, in quanto in condizioni sanitarie definite preoccupanti. Tra questi, un giovane che aveva tentato il suicidio: «Il paziente è un pericolo per sé stesso e per gli altri. Siamo certi che la condizione peggiorerà ulteriormente», aveva dichiarato il medico a bordo, l'italiana Caterina Ciufegni, nella sua relazione alla guardia costiera. Evacuato anche un altro migrante che avrebbe più volto compiuto gesti di autolesionismo. «Ciò che ho vissuto con il mio equipaggio negli ultimi giorni mi lascia triste», si lamentava in un Twitter il capitano della imbarcazione, Bärbel Beuse. Aggiungeva: «Da dieci giorni l'equipaggio ha aspettato un'azione invece di parole». Perché la signora non protesta con la Germania, visto che la nave batte bandiera tedesca? Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, altra Ong tedesca, ha attaccato il nostro Paese e Malta perché l'unico modo per raggiungere le coste europee «è solo in presenza di condizioni mediche sufficientemente gravi». La Linardi ci accusa di aver rimandato in Libia una cinquantina di naufraghi «respinti illegalmente nel Paese da cui hanno tentato disperatamente di fuggire», lasciando morire 12 migranti «sotto gli occhi dei bambini». Altre Ong «sono ancora in mare senza un porto sicuro», denuncia la portavoce. Di certo, però, trovata una soluzione italiana per l'Alan Kurdi, ci aspettiamo che anche i 37 clandestini al largo di Lampedusa, sulla Aita Mari della Ong spagnola Salvamento Marítimo Humanitario, vengano sistemati su una nostra nave. La Ong sta lanciando i soliti allarmi di difficoltà nel gestire i migranti a bordo, due giorni fa tre persone, tra le quali una donna al sesto mese di gravidanza, sono stati trasferiti al centro di prima accoglienza di Contrada Imbriacola, a Lampedusa. Adesso che c'è una motonave italiana designata per la quarantena dei migranti, chi fermerà più gli arrivi sulle nostre coste? «Dalla Alan Kurdi alla Aita Mari, le Ong - spesso tedesche - insistono per far sbarcare gli immigrati sempre e solo nel nostro Paese. Italiani chiusi in casa e immigrati liberi di arrivare in Sicilia, e magari da lì in Sardegna, nonostante la finta chiusura dei porti: è tornato il business dell'immigrazione a 30 euro al giorno a testa, anche a costo di mettere in pericolo la salute delle persone», non ha mancato di commentare il leader della Lega, Matteo Salvini. A rivelare il giochino delle Ong è proprio il presidente di Sea-Eye, Gorden Isler, che ieri in un'intervista alla Süddeutsche Zeitung osservava come migranti siano sull'Alan Kurdi «da undici giorni, quindi il periodo di quarantena di 14 giorni è quasi terminato e nessuno mostra sintomi. Non abbiamo più bisogno di una nave da quarantena», ma che «queste persone siano distribuite tra i Paesi Ue». Il capo della Ong ha aggiunto: «Se necessario, la Germania deve essere pronta ad accettare tutte le 146 persone a bordo. Non è chiedere troppo». Lo diciamo anche noi, senza doverci accollare il costo di una motonave adibita a ospedale per migranti.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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