2018-09-25
L’inceneritore grossetano brucia l’ambientalismo e il Pd della Toscana
Dem allo sbando sulla riattivazione del termovalorizzatore decisa dalla Regione a Scarlino. I locali sindaci di sinistra alleati con il centrodestra. A gestire l'impianto, il sistema coop e un colosso dei rifiuti aiutato da Mps.Non c'è solo l'Ilva a minacciare la salute dei cittadini. In Toscana nell'area di Scarlino, un centro del golfo di Follonica, in provincia di Grosseto, si sta mobilitando una popolazione in ansia. Il territorio è storicamente bersaglio della speculazione ambientale: dai fanghi rossi degli anni Settanta e Ottanta, cioè le scorie del biossido di titanio, prodotte dalla Tioxide Italia, che venivano scaricate troppo vicine alla costa e che provocarono una polemica per quei tempi ancora non abbastanza consapevoli dei pericoli ecologici, ai gessi rossi di oggi. La paura è rimasta la stessa. Riaccesa dalla decisione della Regione Toscana che, alla chetichella, nel mese di agosto, ha stabilito di riattivare il termovalorizzatore e l'impianto per il trattamento dei rifiuti liquidi nel Comune di Scarlino. La gente teme che questo accanimento ambientale passi sotto silenzio. Accanimento. Così è percepito da chi abita nella piana, che già deve sopportare il polo chimico industriale del Casone, del quale fanno parte, oltre all'impianto di incenerimento, anche le industrie Nuova Solmine e Huntsman Tioxide, attività che producono rifiuti speciali. Ecco perché il ripensamento della Regione trova tutti i sindaci di sinistra della zona grossetana, in un'inedita alleanza con il centrodestra, schierati contro la decisione del governatore Enrico Rossi e sostenuta dalla sua maggioranza anomala Pd-Mdp.Ci si chiede perché l'ambientalista Rossi abbia avuto scrupoli verso l'inceneritore di case Passerini, nel territorio intorno a Firenze, bocciando l'autorizzazione, e non ne abbia verso quello di Scarlino. È solo una coincidenza che il gestore dell'impianto, Scarlino energia, sia una società della quale fanno parte la Sta, un sistema di cooperative storicamente legato al Pd, e Siena ambiente, il colosso dei rifiuti, che comprende anche le province di Arezzo e Grosseto e che ai tempi d'oro ha goduto degli aiuti del Monte dei Paschi? Secondo il consigliere regionale di Fratelli d'Italia, Paolo Marcheschi, qualcosa non quadra: «La concessione dell'ennesima autorizzazione non è un atto dovuto, ma politico. Rossi e il Pd vanno contro ogni logica di rispetto della salute della gente, dell'ambiente e dell'economia della zona e anche delle istanze dei sindaci locali. Evidentemente per Rossi e il Pd prevalgono altri interessi». I sindaci dem di Follonica e Scarlino, Andrea Benini e Marcello Stella, hanno definito Scarlino energia un «apparato di potere». Per loro la situazione si fa difficile perché la prossima primavera dovranno misurarsi con le elezioni amministrative e convincere i cittadini già abbastanza infuriati. Intanto hanno minacciato di stracciare la tessera del partito se la Regione non tornerà sui suoi passi. Altra posizione politicamente controversa, definita dagli avversari politici «cerchiobottista», è quella del capogruppo regionale pd Leonardo Marras, che da presidente della provincia di Grosseto aveva autorizzato l'inceneritore della discordia e ora non sa se stare con la gente o con il Palazzo. Il caso di Scarlino è anche la rappresentazione plastica della confusione e delle contraddizioni che ballano nell'ex impero dem e in tutto il centrosinistra. Uno decide senza ascoltare l'altro e la coerenza viene sfrattata dall'imbarazzo. Una volta, c'era il partito e via. Ma questo è un altro discorso. La salute è l'aspetto più serio e grave della questione. Oggi in Regione, a Firenze, i cittadini del Grossetano andranno a gridare, sperando di far cambiare idea a Rossi & c. Il sindaco Benini ha già detto la sua, a Rossi e al partito. «Non credo si possa continuare a banalizzare un problema che si considera arrivare solo da una parte politica. Non è più così». Allora si ripresenta la domanda: che cosa c'è di così importante da passare sopra la salvaguardia primaria della salute pubblica? Non pare esagerato sostenere che la zona fra Scarlino e Follonica sia una bomba ecologica. La «Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti», chiamata a occuparsi del problema, ha ascoltato fra gli altri il procuratore di Grosseto. Basterebbe quello che ha detto per inquietare la comunità: «Sono state segnalate stime superiori di malattie come il mieloma multiplo, sarcoma dei tessuti molli nei maschi, linfoma non Hodgkin e tumori della vescica nella femmina, tutte collegate a questo tipo di rifiuti». La stessa Arpat, l'agenzia regionale per l'ambiente, ha sostenuto che la presenza di contaminazioni dei suoli e delle acque è un lascito inevitabile del passato, nonostante le attività di bonifica; la presenza di aziende chimiche come Nuova Solmine, Tioxide e la Scarlino energia, operano nel rispetto delle norme ambientali ma con una elevata produzione di rifiuti speciali. La Nuova Solmine produce acido solforico ed elimina ceneri di pirite, ritenute sorgenti primarie di contaminazione di suolo e acque. L'azienda, ex Montedison, ora è stata privatizzata e acquistata dall'imprenditore Luigi Mansi, padre di Antonella, senese, ex presidente della Fondazione Mps e vicepresidente di Confindustria. Mansi ha spiegato alla Commissione parlamentare che per smaltire tutte le sostanze servono decenni. Questa è una zona turistica, tuttavia il divieto di balneazione del golfo di Follonica è molto limitato. La produzione alimentare e l'allevamento del bestiame hanno già subito danni. Insomma, qui si convive con il veleno. Proprio come a Taranto. E non è piacevole.