2019-03-16
L’impresa che comprò la Marmodiv ingrana la retro
La Dmp punta all'annullamento della cessione del ramo d'azienda. Per la coop legata a babbo Renzi fallimento più vicino.Sui genitori di Matteo Renzi, Tiziano e Laura, sta per abbattersi un nuovo tornado: il crac della cooperativa Marmodiv di Firenze. Per i magistrati Renzi senior e signora erano gli amministratori di fatto della coop sino al marzo 2018. Ora la ditta sta per essere dichiarata fallita. Infatti il salvatore che Tiziano Renzi e il suo ex socio bancarottiere Mariano Massone (i due sono stati arrestati il 18 febbraio scorso) avevano individuato per evitare questo nuovo rovescio, il genovese Massimiliano Di Palma con la sua Dmp servizi pubblicitari, è sparito dai radar di sindacati e lavoratori, e sembra aver innestato la retromarcia. Pare che non sia più intenzionato ad accollarsi gran parte dei debiti della cooperativa, né ad assumere i 23 dipendenti rimasti a piedi. A quanto risulta alla Verità avrebbe annunciato al sindacato Uil di voler chiedere l'annullamento dell'atto di cessione di ramo d'azienda siglato a dicembre e del passaggio dei dipendenti. La sua scomparsa dalla scena a quattro giorni dall'udienza del prossimo 20 marzo del Tribunale fallimentare che dovrà decretare o meno il default della coop sembra una sentenza anticipata di morte. Gli inquirenti sono abbastanza sicuri che la fine della Marmodiv sia segnata. Ma se il fallimento diventerà ufficiale, allora i magistrati apriranno un altro fascicolo per bancarotta e quasi inevitabilmente i genitori di Renzi si vedranno contestare il quarto concorso in un crac. E stiamo parlando di uno dei reati più gravi e ben costruiti a livello giuridico. L'ennesimo default potrebbe dar ragione al gip Angela Fantechi e al procuratore aggiunto Luca Turco che considerando i genitori dell'ex premier in grado, come amministratori di fatto, di reiterare i reati, li avevano mandati ai domiciliari. Non si sa perché Di Palma abbia cambiato idea. Ieri abbiamo provato a contattarlo per l'intera giornata, senza esito. L'imprenditore genovese aveva distribuito Il Secolo XIX più di due lustri fa con babbo Renzi e Massone. Nell'autunno scorso si era recato a Rignano sull'Arno per discutere dell'affare davanti a una bistecchina con Tiziano Renzi e con il genero Andrea Conticini, «sempre tramite Massone». La gip nell'ordinanza d'arresto, per sottolineare l'attivismo del babbo «pensionato» (che il 31 dicembre si è cancellato dal registro degli agenti di commercio) ha ricordato come, due ore prima dell'arresto del 18 febbraio, Renzi senior avesse avuto due contatti telefonici proprio con Di Palma. E una settimana dopo, il 25 febbraio, l'imprenditore ligure aveva fissato un appuntamento nuovamente con Conticini, braccio operativo nelle imprese di famiglia e ospite in quel momento dei due detenuti.Per evitare la nuova bancarotta lo scorso 7 dicembre il presidente della Marmodiv Aldo Periale (indagato e perquisito per la gestione della coop) ha firmato insieme con Di Palma, davanti al notaio torinese Leonardo De Luca, l'atto di cessione di un ramo d'azienda della ditta. Costo dell'operazione: 4.000 euro per l'avviamento aziendale e per cinque furgoni e un ciclomotore (oltre ad altri 5 mezzi in leasing). Praticamente lo stesso prezzo a cui Tiziano Renzi cedette nel 2010 un altro celebre ramo d'azienda, quello della Chil post, a Massone. Come finì i nostri lettori lo ricordano benissimo: crac, inchiesta della Procura di Genova, patteggiamento per Massone e archiviazione per Renzi senior. Il contratto firmato il 7 dicembre 2018 aveva come clausola che entro 60 giorni la Dmp avrebbe dovuto ricevere il «nulla osta da parte dei fornitori (a cui la Marmodiv doveva 385.247,97 euro, ndr) all'accollo debitorio liberatorio». I principali creditori erano la «Deliverando» di Brescia (per cui la Marmodiv distribuiva Pagine gialle e Tuttocittà), con 217.000 euro da riscuotere, e la «Martini Express» di Benevento. Il titolare di quest'ultima, Gerardo Martini, ci ha riferito di essere stato completamente liquidato. La proprietaria della Deliverando, Monica Corti, è stata più vaga: «Non credo che siamo ancora stati pagati, siamo andati per avvocati, ma sinceramente non mi occupo io della cosa». Quindi ci ha promesso di raccogliere informazioni più precise, ma da quel momento non ha più risposto al telefono. Debiti a parte, nel piano di salvataggio concordato da Renzi senior, Massone e Di Palma qualcosa deve essere andato storto. Fatto sta che da qualche settimana molti dei dipendenti della Marmodiv risultano assunti da un'impresa edile di Torino in liquidazione, condotta da un imprenditore campano che si è trasferito in un non meglio precisato Paese straniero.Per questo alcuni lavoratori hanno già presentato denuncia all'Ispettorato del lavoro. Il sindacalista che segue la loro pratica, Luca Ielatro della Uiltucs, ieri ha aggiornato i suoi assistiti: «Di Palma mi ha detto che invalideranno l'atto notarile e annulleranno il passaggio dei dipendenti». Il sindacato ha informato i lavoratori turlupinati che il 21 marzo chi vuole potrà far partire il sollecito per il pagamento delle retribuzioni e poi, la settimana successiva, dare le dimissioni per giusta causa. Infatti i lavoratori della Marmodiv sono ancora in attesa degli stipendi di gennaio e febbraio e dei ratei di tredicesima, quattordicesima, ferie e permessi. Il 19 marzo dovrebbe anche scattare lo sfratto esecutivo per la Marmodiv dalla sede di via Ferrarin e dovrebbe essere svuotato il magazzino dove giacciono decine di migliaia di volantini non distribuiti della Lidl e della Conad.Il 20 ci sarà l'udienza del Tribunale fallimentare. E dopo poco arriverà la sentenza.