2024-05-09
Ma il centrodestra ha salvato la Regione in declino
Giovanni Toti (Getty Images)
Per anni Genova è stata la bella addormentata del Nord Italia. Mentre le altre città industriali cambiavano e si adeguavano a un’economia che non era più quella del secolo scorso, il capoluogo ligure restava immobile, vedendo sparite o ridimensionate le grandi aziende che nel corso del Novecento avevano contribuito al suo sviluppo. Ridotta e un po’ a rischio a causa della vicenda Ilva l’attività dell’acciaieria di Cornigliano, ceduto qualche pezzo di Ansaldo, venduta la storica centrale del latte, liquidate le aziende tessili. Una storia in retromarcia, con un centro asserragliato intorno al porto, da sempre vero polo di potere sotto la Lanterna. Il destino sembrava segnato anche dalla riduzione degli abitanti, scesi rapidamente intorno al mezzo milione, dagli ottocentomila che erano cinquant’anni fa. Poi la svolta, che guarda caso coincide più o meno con l’elezione di Giovanni Toti, presidente della Regione. L’ex direttore di Studio aperto e del Tg4 subentra nel 2015 al triste Claudio Burlando, quello che andò contromano in autostrada, e da feudo della sinistra, strappato per una sola stagione da Sandro Biagiotti di Forza Italia, la Liguria passa al centrodestra. È il segnale di un’inversione di rotta per la stessa Genova. Infatti, dopo due anni, proprio con il sostegno di Toti, Marco Bucci, un tipo senza tessera ma con una fama di ottimo manager, conquista la città, divenendone sindaco dopo una sfilza di uomini provenienti dal Psi e dal Pci: l’ultimo prima di Bucci, Marco Doria, di Sinistra italiana, da tutti ricordato come un mezzo disastro.Con la coppia Toti-Bucci, la rinascita. Non solo di Genova, ma anche della stessa Regione. Adesso Ferruccio Sansa, sconfitto alle ultime regionali dall’ex direttore Mediaset (ma soprattutto dal Pd, che gli voltò le spalle, preferendo al giornalista del Fatto quotidiano, ritenuto troppo grillino, il pacioso collega) commenta l’arresto del governatore parlando del partito del cemento. Ma senza Toti, Genova e la Liguria sarebbero rimaste le belle addormentate dell’ultimo mezzo secolo, con le aziende in fuga, i camalli in estinzione, le infrastrutture a pezzi. Si può discutere se sia stato opportuno che il presidente della Regione salisse sulla barca di un imprenditore con il quale doveva negoziare delle concessioni. Si può ritenere sbagliato che abbia parlato contemporaneamente di atti amministrativi e di finanziamenti elettorali. E si può pure fare ironia sulla patata e sul caviale che avrebbero dovuto accompagnare gli incontri fra Aldo Spinelli, l’ex presidente del Genoa e del Livorno, e il governatore. Però la sostanza è che la stagione di Toti ha rimesso in gioco la Liguria. Non penso solo al ponte Morandi, simbolo del degrado delle opere pubbliche della regione e ricostruito in fretta grazie a un’intesa fra Bucci e Toti. Penso anche al resto, alla diga foranea, alla sopraelevata, alle opere per strade e autostrade rimaste troppo a lungo ferme. Sì, forse l’ex direttore era un po’ troppo sbrigativo. Se c’era da decidere la faceva facile, dando disposizioni e ottenendo elargizioni per le campagne elettorali. Ma al momento, sebbene qualcuno ci abbia provato, nessuno può dire che si sia messo soldi in tasca. Quei 74.000 euro per cui i pm lo accusano di corruzione, non sono tangenti consegnate in una busta nel sottoscala di un palazzo, ma un finanziamento in chiaro: bonifici di un imprenditore che certo aveva motivo per essere grato al governatore. Come mi chiedevo ieri, dove finisce la donazione lecita a un partito e dove inizia la corruzione? A questo deve rispondere, forse prima dei magistrati, il Parlamento, perché altrimenti questo dubbio ci accompagnerà per anni.Sempre ieri ricordavo l’arresto di un altro presidente della Liguria avvenuto 41 anni fa, quello del socialista Alberto Teardo. A prescindere dalla storia del primo uomo del Psi a finire in manette, fu la prova generale di Tangentopoli. Qualche anno dopo infatti a Milano, con Mario Chiesa, scattò la caccia al politico (moderato) e iniziò la fine della Prima Repubblica.
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