2024-08-12
«Ecco chi vuole toglierci le spiagge»
Fabrizio Licordari (Imagoeconomica)
Il presidente di Assobalneari, Fabrizio Licordari: «Dopo il Qatargate c’è il Beachgate. Le multinazionali premono per espropriarci del turismo sui nostri lidi. Perciò serrare gli ombrelloni non ha senso: la Meloni va aiutata in questa battaglia».È un’estate caldissima sui lidi italiani, ma il cambiamento climatico non c’entra. Il flop dello sciopero - meglio, della serrata - degli ombrelloni ha acceso gli animi di alcune associazioni dei balneari col presidente della Fipe Antonio Capacchione arrivato a sfidare Giorgia Meloni: «Visto che è in Puglia, venga nel mio bagno e non se ne stia nel suo resort elegante, venga a discutere del nostro futuro con me». La Meloni peraltro venerdì scorso era ancora a palazzo Chigi, ma il clima, avvelenato dalla direttiva Bolkestein e dell’Europa che minaccia contro l’Italia la procedura d’infrazione, è rovente. Per capirne di più ecco la voce di Assobalneari, che aderisce a Confindustria e fa parte di Federturismo, col presidente Fabrizio Licordari, imprenditore balneare di lunga tradizione tra Liguria e Romagna. Si potrebbe dire fisico da bagnino e intuito politico, per chi sta cercando in tutti i modi di portare in porto la barca delle concessioni senza che qualcuno ci rimetta. A bordo ha Base Balneare di Bettina Bolla e come alleati Cna, Confartigianato e Federbalneari.Licordari, voi siete stati contrari alla serrata degli ombrelloni. Perché?«Per due evidenti ragioni che dovrebbero consigliare anche agli altri moderazione. È stata una pagliacciata! La prima ragione è che noi con i nostri clienti stipuliamo un contratto e non possiamo non offrire loro il massimo servizio possibile. Non possiamo scaricare sui turisti che ci accordano la loro fiducia e ci affidano il loro benessere i nostri problemi. Il turista devi coccolarlo. La seconda motivazione è che la partita sulla direttiva Bolkestein ormai è tutta politica. Dobbiamo stare accanto al governo, che in Europa ha avviato un’interlocuzione valida per difendere le nostre aziende».Fipe-Confcommercio però accusa la Meloni di essersi dimenticata di voi...«E sbaglia enormemente! A parte che non sono accettabili i toni usati verso la presidente del Consiglio, che non ha mai smesso di operare per risolvere la nostra situazione, la vicenda va ricondotta alla direttiva Bolkestein che dice espressamente: “Si applica se c’è scarsità di risorsa”. Con la mappatura compiuta da questo governo si è dimostrato che solo il 30% dei nostri litorali sono dati in concessione, dunque non c’è fondamento per chiedere l’applicazione della Bolkestein. La Corte di Cassazione peraltro ha stabilito che le proroghe delle concessioni sono ammissibili, dunque l’Italia ha ottime ragioni da spendere a Bruxelles. Peraltro so che il governo ha una sorta di piano B: proroga delle “licenze” fino al 2030 là dove meno del 25% di costa è in concessione, proroga al 2029 delle concessioni storiche, prelazione in caso di gara».Sì, ma a Bruxelles - come anticipato dalla Verità il capo della direzione Mercato interno Salvatore D’Acunto ha già detto che la mappatura è inutile, che i dati del governo sono discutibili. Insomma, non se ne esce?«Singolare che un italiano dica che il governo italiano mente. È la prova che a Bruxelles i burocrati contano più dei governi eletti dal popolo. Del pari è singolare che D’Acunto ascolti le associazioni ambientaliste e rifiuti il confronto con noi, e ancora più singolare è che la procedura d’infrazione sia minacciata verso l’Italia e non verso altri. A questo punto ci si può chiedere se dopo il Qatargate non ci sia anche un Beachgate a Bruxelles? Nel senso che le multinazionali del turismo, come già hanno fatto in Grecia, stanno facendo pressione sulla Commissione per espropriarci del turismo balneare».In realtà Bruxelles dice che va tutelata la concorrenza e il diritto dei consumatori... «Ma com’è che fatte le aste con i lidi finiti a gruppi finanziari le tariffe sono raddoppiate? Si veda quello che è successo a Jesolo. Aggiungo: la concorrenza c’è tra stabilimento e stabilimento, e questo offre ai consumatori la garanzia di servizi sempre migliori. Uno studio dell’Università di Padova coordinato dal professor Daniele Marini ha fotografato il rapporto che gli italiani hanno con noi. Ebbene tre su quattro vogliono usare gli stabilimenti balneari e solo l’8,1% dice di non frequentare i lidi perché troppo costosi. A chi sostiene che noi non serviamo all’ambiente, la ricerca risponde: i fattori determinanti nella scelta dello stabilimento sono la pulizia e manutenzione (88,7%), la sicurezza rispetto ai furti (86,6%), la sicurezza garantita in mare (84,5%) l’accessibilità, in particolare per le persone disabili (67,7%) e la salvaguardia del mare (65,3%). In ultimo: gli italiani, tre su quattro, sanno che contribuiamo allo sviluppo economico».Eppure vi accusano di pagare troppo poco. È così?«Noi paghiamo quello che ci chiede lo Stato. Ma se ci fosse un adeguamento dei canoni nessun problema: se ne discute. In cambio però ci vogliono delle certezze d’impresa. Voglio far notare a chi si accalora su questo tema che se non ci fossimo noi la sicurezza in mare andrebbe garantita a spese dello Stato, così la pulizia delle spiagge, la sorveglianza del litorale. Siamo l’unico Paese dove vige per le imprese l’obbligo di avere un addetto al salvamento titolato. Aggiungo che il Paese beneficia della nostra Iva, della nostra Imu che paghiamo per tutto l’anno e su tutta la superficie della concessione. E faccio notare che ogni euro speso in spiaggia ne genera altri 2,63 nell’economia turistica».A proposito di bagnini, è vero che non se ne trovano più?«Purtroppo è vero e per noi è un problema. Siamo come le farmacie: senza farmacista non possono operare e noi senza un addetto o una addetta al salvamento con tanto di patente non possiamo esercitare l’attività balneare. Un tempo i ragazzi e le ragazze facevano a gara per fare questo bellissimo lavoro: si pagavano l’estate, erano i re e le regine della spiaggia, si facevano il fisico tant’è che erano un’attrazione anche loro, ma soprattutto imparavano ad amare il mare. Ora questo fascino pare svanito, e anche se sono ben pagati -il bagnino si fa quando si ha una perfetta efficienza fisica, peraltro richiesta - i giovani preferiscono altro».Beh, un bel problema ora che c’è il boom del turismo...«Ma quale boom! Abbiamo ottime presenze il sabato e la domenica, ma nel resto della settimana siamo vuoti. Certo, ci sono delle località che godono molto dell’arrivo del turismo straniero. E questo, sono convinto, è uno dei motivi di accanimento delle lobby che comandano a Bruxelles sulla Bolkestein. Ci manca però il turismo italiano. Si vede che il ceto medio ha molte meno disponibilità».Però con i prezzi non è che ci andate giù piano...«Anche questa è una favola metropolitana, anzi da spiaggia! Ci sono stabilimenti che offrono servizi al top esclusivissimi e quelli si pagano, ma la stragrande maggioranza di noi offre ombrellone e due lettini a prezzi che sono rimasti costanti. Poi ci sono i servizi di ristorazione, di accoglienza, di sport in spiaggia che si pagano a parte. E anche questo fa parte della concorrenza: il cliente sceglie in base alle proprie esigenze e alle proprie possibilità. Se si vuole l’asciugamano fresco di bucato tutte le mattine si paga, se uno il telo mare se lo porta da casa avrà un altro tipo di offerta e di prezzo».La Corte di Giustizia europea ha detto che l’esproprio a fine concessione è legittimo. Come rispondete?«Che con la Bolkestein non c’entra nulla. È l’articolo 49 del regio e fascistissimo Codice della navigazione che regola la materia. Dice che a fine concessione le opere non amovibili ancorché edificate dal concessionario sono incamerate dal demanio. Basta che il Parlamento, come ha promesso, abroghi questo articolo e la partita è chiusa. Altro conto è il riconoscimento dell’avviamento e del valore azienda se si perde la concessione: quello deve essere previsto semmai venissero bandite le gare. Ma c’è un elemento che sfugge a molti: non è che se si fanno le gare le spiagge diventano libere, semplicemente si toglie Tizio per far posto a Caio e non è detto - anzi ci sono evidenze di questi giorni - che Caio si comporti meglio».Siete convinti di questo Beachgate europeo?«Sì. È evidente che c’è chi tifa perché una delle ricchezze e delle peculiarità dell’Italia vada in mano a grossi gruppi stranieri e a capitale finanziario. Le nostre sono imprese familiari che danno lavoro a 300.000 persone, che sono indipendenti. Danno fastidio. Siamo convinti che l’attacco agli stabilimenti balneari invocando la Bolkestein nasconda anche l’attacco alle centrali idroelettriche, ai mercati ambulanti, ai taxi, ai servizi alla persona. Vogliono conquistare le concessioni per aggregarle e farne un business. Con una evidente differenza: noi, come chi ha le centrali idroelettriche che al nostro pari sono un asset strategico del Paese, gestiamo beni e dunque la direttiva Bolkestein è inapplicabile perché riguarda solo i servizi».Della tassa di soggiorno che ne pensa?«Penso che se serve a qualificare le stazioni turistiche e ad accogliere meglio va bene, ma va attentamente modulata. Non può essere né un deterrente, né un modo per fare cassa».Ma come finisce la faccenda Bolkestein?«L’Italia è un Paese che conta in Europa. Giorgia Meloni sta facendo di tutto perché le nostre ragioni siano ascoltate, e come ho cercato di dire sono ottime ragioni. Sono convinto che alla fine si comprenderà che c’è una specificità italiana in questo settore e che il governo riuscirà a vincere in Europa e varare una legge che fa chiarezza nel settore e tutela le imprese e i consumatori. Certo, se cominciamo a dividerci in patria è difficile spuntarla in Europa. La partita ora non è più né giuridica, né tecnica: è solo politica. E io ho fiducia nella buona politica del governo».