2021-03-19
Resta vietato licenziare e sfrattare. E' sempre Contedraghi
Giuseppe Conte e Mario Draghi (Getty images)
Non serviva l'ex presidente della Bce per avere più comunismo. E rendere stabili gli interventi emergenziali del Conte bis su lavoro e immobili. Ma questo accade se si sceglie come ministro Orlando, cresciuto nel PciMario Draghi, che è un economista, dovrebbe ricordarlo. Molti anni fa c'era chi teorizzava che il salario fosse una variabile indipendente, ossia che il costo del lavoro non potesse essere messo in discussione in nessun caso, neppure quando un'azienda si trovasse in una situazione fallimentare. Secondo questa teoria, un'impresa in difficoltà avrebbe dovuto far quadrare i conti utilizzando altre leve, diverse da quella della ristrutturazione dei livelli retributivi, quasi che gli stipendi fossero un «elemento esterno fisso», rispetto ai profitti. Quelli erano anni in cui, su pressione dei sindacati e dei partiti di sinistra, i governi prorogavano di anno in anno il blocco degli sfratti, impedendo ai proprietari di casa non solo di adeguare all'inflazione gli affitti, ma addirittura di tornare in possesso dei propri appartamenti nel caso in cui l'inquilino non pagasse la pigione. La follia di chi pensava di poter imbrigliare l'economia usando i divieti, a un certo punto si spinse a bloccare per legge il caro vita. L'aumento dei prezzi, dovuto a una situazione economica fuori controllo, secondo alcuni politici doveva essere punito a termini di legge. Sui muri delle città italiane comparvero manifesti che invitavano alla delazione: «Difendi la tua spesa, chiama il governo». Seguivano l'immagine di un telefono e un numero da comporre per segnalare all'autorità costituita il negoziante che aveva rincarato il prezzo della merce.Come sia finita quella campagna proibizionista si sa. I lavoratori non hanno conservato il loro posto di lavoro, il problema degli sfratti non è stato risolto e neppure il blocco dell'inflazione ha funzionato. Anzi, dalla variabile indipendente alla dipendenza dei blocchi degli affitti, si è finiti dritti dentro una crisi nera, da cui ancora oggi derivano molti dei nostri guai. I salari, nonostante fossero considerati intoccabili dai nostri sindacati, sono i più bassi d'Europa. Per anni, prima che entrassimo nell'euro, siamo stati inseguiti dall'inflazione. E quanto alla locazione immobiliare, per reazione da noi il mercato degli affitti non si è sviluppato come in altri Paesi, in quanto dopo anni di blocchi, molti proprietari hanno preferito tenere gli appartamenti vuoti piuttosto che rischiare di averli occupati per forza senza incassare un euro.Vi state chiedendo perché racconti queste vecchie storie proprio oggi? La spiegazione è semplice. A seguito della pandemia, il governo guidato da Giuseppe Conte ha introdotto il blocco degli sfratti e il divieto di licenziamento, due provvedimenti tampone destinati a fronteggiare una situazione di emergenza come quella venutasi a creare con il Covid e l'obbligo di chiusura di molte attività. Le decisioni forse erano inevitabili, perché in qualche modo erano necessarie misure straordinarie per contrastare un evento straordinario come un'epidemia globale. Tuttavia, sia il blocco degli sfratti che quello dei licenziamenti avrebbero dovuto essere a tempo e comunque compensati da adeguati rimborsi sia per i proprietari di case che per le aziende costrette a non avviare programmi di ristrutturazione. Invece, da interventi d'emergenza si sono trasformati in ordinamenti stabili. Il blocco delle esecuzioni è stato di volta in volta prorogato e lo stesso si è fatto con i licenziamenti.Dopo un anno di governo Conte, pensavo che un presidente del Consiglio come Mario Draghi avrebbe provveduto ad abolire lo stop, varando un decreto che aiutasse gli inquilini non in grado di pagare l'affitto e sostenesse i lavoratori che eventualmente fossero colpiti da processi di ristrutturazione. Invece, il nuovo esecutivo si comporta come quello vecchio, forse a causa della nomina di Andrea Orlando, ossia di un ministro del Lavoro cresciuto a falce e martello, nel defunto Pci. E proprio come un ex comunista, fa comunella con i compagni e con i sindacati, prorogando il blocco dei licenziamenti fino alla fine dell'anno. Certo, la maggioranza delle persone sarà contenta. Perché aumentare il numero di disoccupati in un Paese che ha già battuto ogni record di posti di lavoro persi non è una mossa che strapperebbe applausi. Tuttavia, legare le mani a un'impresa, impedendo di agire sul costo del lavoro senza prevedere alcuna compensazione, equivale a condannare l'azienda, aggravandone i problemi. Se una società è in crisi, la cassa integrazione in deroga e gli altri strumenti che sindacati e compagni mettono in campo non risolveranno il problema, ma lo sposteranno solo un po' più in là, rendendolo ancora più grave. L'articolo 41 della Costituzione dice che l'iniziativa economica privata in Italia è libera. Ma che libertà c'è se una delle variabili più importanti della produzione, ossia il costo del lavoro, è intoccabile per legge? Serviva un ex governatore della Bce per portare un po' di comunismo in Italia? Sul lavoro, non avevamo già le norme meno flessibili dell'Occidente, come mi pare che in passato qualcuno ci abbia spiegato?
Papa Leone XIV (Getty Images)
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