2024-05-17
Per la stampa liberal Fico è un mafioso e il killer un poeta
Incredibili resoconti sui giornaloni: il premier colpito dipinto come un dittatore, chi gli ha sparato viene quasi giustificato.«Una persona fantastica» (Corriere della Sera). Sì, è vero, ha sparato tre colpi a distanza ravvicinata al premier slovacco. L’ha quasi mandato al creatore. Ma quel pensionato settantunenne è «una persona fantastica» che «passeggiava ogni giorno mano a mano con la moglie» (Corriere della Sera). E infatti ha sparato sì, ma in modo non violento. Quasi poetico. Perché quello è: un «poeta». Un «non violento». Un «cittadino al di sopra di ogni sospetto» (Repubblica), fondatore di un «comitato anti violenza» (Corriere della Sera), «intellettuale impegnato» (La Stampa), «iscritto alla gilda nazionale degli scrittori» (Corriere della Sera), «presidente del club letterario Duha» (La Stampa) e «autore di tre raccolte di poesie e un romanzo» (La Stampa). A leggere i quotidiani, il giorno dopo l’attentato al premier slovacco Robert Fico, viene quasi voglia di correre in libreria. Che aspettate? Bisogna comprare subito il romanzo dell’uomo buono che ha sparato, bisogna subito mettersi al passo con il club letterario Duha, qualsiasi cosa esso sia. Qualcuno può procurarmi una tessera? In effetti: io non so che cosa sia il club letterario Duha ma dev’essere senz’altro una cosa meravigliosa se aveva come presidente questo uomo buono, ovviamente «sostenitore della sinistra slovacca» (Repubblica), questa persona fantastica che passeggia mano nella mano con la moglie mentre cerca di «prevenire la guerra in Europa» e «fermare il dilagare dell’odio», come ripete dai suoi canali social. Ed è proprio perciò, per prevenire la guerra e fermare l’odio, che va in giro con una pistola in tasca. È il suo modo di essere intellettuale liberal. È il suo modo di essere poeta. C’è forse una poesia migliore che tre colpi nell’addome di un premier populista? In effetti è questo che emerge chiaramente dalle cronache dell’attentato: da una parte c’è l’aggressore che è un uomo buono, anzi fantastico, liberal di sinistra, scrittore e intellettuale, un non violento che incidentalmente ha una pistola in tasca (ma solo perché era stato aggredito e deve difendersi). E dall’altra parte invece c’è l’aggredito che è un uomo cattivo, «xenofobo, complottista, omofobo e no vax» (Repubblica), l’«autocrate putiniano» (Repubblica), «Viktor Orbán in do minore» (Repubblica), una «spina nel fianco dell’Ue» (La Stampa), «populista e divisivo» (Corriere della Sera), addirittura «accusato di ’ndrangheta» (Repubblica) e anche di aver ammazzato un giornalista. Un politico che «sta cercando di liberarsi del pluralismo e del giornalismo indipendente». Chiaro, no? Il messaggio è sottinteso: se un uomo così terribile e pericoloso viene colpito da un uomo così buono e così poetico, non se la sarà un po’ cercata? Non sarà un po’ colpa sua? In effetti quelli che ci insegnavano che bisogna sempre schierarsi dalla parte dell’aggredito, ora che l’aggredito è questo «autocrate putiniano» financo «amico di Orbán», pare abbiano cambiato un po’ idea. L’attentato va condannato ma «a Bratislava cresce il malcontento contro la deriva sovranista» (La Stampa). Solidarietà al premier slovacco, ovvio, ma sia chiaro che si tratta del «risultato di un clima d’odio» (Corriere). «Niente può giustificare attacchi di questo tipo, certo», ma non c’è dubbio che sia colpa del «virus dell’estremismo» che «semina violenza» (Messaggero). E chi è che instaura il clima d’odio? Chi è che semina violenza? Ovvio: quello che si è beccato tre pallottole in pancia (sottinteso: ben gli sta). Il «Red Bullo» dai «modi spicci» e dall’«insulto facile» (Repubblica), quello che è andato al potere con una «vera e propria banda criminale» (ancora Repubblica). Un personaggio così brutto, dico, non si merita forse un attentato? Dovrebbe essere quasi contento che a farglielo sia stato un uomo buono come il pensionato Juraj Cintula, un poeta, un letterato, un progressista e pacifista, desideroso soltanto di prevenire l’odio. E a dirla tutta, dopo aver letto i ritratti del premier slovacco sui nostri giornali, dispiace quasi per quelle tre pallottole costrette a entrare per forza nell’orrendo corpo di un tale omofobo, xenofobo e complottista come il premier slovacco. Chissà come avranno fatto, quei proiettili, a sopportare tanto orrore così da vicino. Ora provate per un attimo a immaginare che cosa sarebbe successo se un militante della destra, più o meno poetico, avesse sparato tre colpi ravvicinati a un leader ipereuropeista. Immaginate che cosa avrebbero scritto gli stessi giornali che adesso invece registrano quasi con imbarazzo la solidarietà europea per il premier «populista amico di Putin e di Orbán» (ma come? Non gli augurano di morire subito?) e spendono parole dolce per l’attentatore («nessun precedente, nessuna segnalazione, nessun contatto con personaggi sospetti») citando addirittura i suoi indimenticabili versi («Ho proposto alla morte di lottare e lei ha pianto», un capolavoro, si capisce). Immaginate. E quando avrete immaginato, vi renderete conto che questa vicenda slovacca ci tocca da vicino. Perché ci dice la demonizzazione dell’avversario politico, il continuo gridare al «fascismo» e al «populismo», il negare la patente democratica a chi sta legittimamente al governo, può essere pericoloso. Di poeti non violenti come Cintula, infatti, è pieno il mondo, purtroppo. Italia compresa.