2020-07-25
Lgbt protetti, pagati e sponsorizzati. E chi dissente è zittito con la violenza
Una scena del film «Gli anni amari» (Ufficio Stampa/Ansa)
Quale cultura è davvero discriminata in Italia? Quella che riesce a ottenere soldi e patrocini istituzionali o quella a cui si vuole tappare la bocca con prepotenza, con i boicottaggi e con una legge degna di un regime?È imprescindibile e urgente fermare l’odio e la discriminazione, dicono. Descrivono una minoranza, quella arcobaleno, vessata, sottomessa, martoriata. Eppure, in una nazione già di per sé non ricchissima di iniziative «culturali», per il pensiero Lgbt c’è sempre spazio. Nelle librerie, in televisione, al cinema, praticamente ovunque. Giusto ieri abbiamo raccontato della rassegna «contro l’omofobia» che si svolge in Campania, patrocinata dalla Città metropolitana di Napoli, che con gran gioia del sindaco Luigi de Magistris ha stanziato nel 2019 ben 100.000 euro per iniziative propagandistiche, tra cui laboratori rivolti ai bambini dai 6 ai 9 anni. Altro giorno, altra kermesse.Sabato 8 e domenica 9 agosto, a Noto, andrà in scena il Giacinto festival-nature Lgbt. Si tratta di un «festival di informazione e approfondimento culturale» nato nel 2015 che prevede due giorni di eventi. Il programma di quest’anno appare particolarmente fitto: «Saranno due giornate ricche di incontri ed approfondimenti», dicono gli organizzatori. «Affronteremo il tema del bodyshaming (derisione del corpo). L’atto di deridere una persona per il suo aspetto fisico, secondo gli esperti, oggi è un vero e proprio allarme sociale; proietteremo il film Gli Anni amari diretto da Andrea Adriatico sulla vita di Mario Mieli, teorico degli studi di genere, e poi ancora invaderemo la città con delle installazioni urbane: dal progetto “I am” sui corpi in transito, ideato dalla coppia di artisti Schirra/Giraldi e pubblicato anche sul National Geographic, allo studio “I am what I am: nude” di Fabio Dolce, e per concludere, nella giornata di domenica, le associazioni Lgbt+ realizzeranno un percorso pedonale rainbow nel cuore della città».Strepitoso. Sarà proiettato il pessimo film prodotto dalla Rai (e finanziato con denaro pubblico) sull’attivista Mario Mieli, ormai trasformato in un santino della controcultura arcobaleno. Ci sarà l’immancabile spettacolino dedicato ai trans. Insomma, non manca niente.Liberi, ovviamente, gli attivisti di organizzare tutte le iniziative che vogliono. Un po’ più curioso è che il festival in questione - proprio come quello di Napoli e come tantissimi altri sparsi per la Penisola - goda di importanti appoggi istituzionali. Il Giacinto festival, infatti, è «patrocinato dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati, dall’Unar e dalla Regione Sicilia».E allora è abbastanza normale che uno si domandi: ma in Italia dove sta tutta questa discriminazione? Certo, i giornali online e i siti delle varie associazioni ogni giorno sparano titoloni sulle «aggressioni omofobe», che però, nella gran parte dei casi, si rivelano episodi ambigui, un po’ confusi, talvolta al limite del pretestuoso. I dati ufficiali mostrano che, da anni, il numero degli «attacchi omofobi» è in netta diminuzione. In compenso, assistiamo a un profluvio di iniziative culturali, spettacoli, film eccetera. Sempre sponsorizzati dalle autorità, di frequente finanziati con contributi pubblici. Mica pretendiamo che siano cancellati, ci mancherebbe. Però ci si consentito notare che una nazione realmente omofoba si comporterebbe in modo molto diverso. Qui da noi, come negli Stati Uniti e in numerosi Stati europei, i temi Lgbt sono parte integrante del pensiero dominante. Tuttavia si continua a blaterare di «odio» o «discriminazione», e si vuole addirittura approvare una legge liberticida per impedire a chiunque di criticare l’ideologia ormai divenuta di massa.Il fatto è che la discriminazione vera, a livello culturale, dalle nostre parti non viene esercitata contro il mondo arcobaleno, ma in altre direzioni. Il Congresso mondiale delle famiglie di Verona, ad esempio, ottenne a fatica il patrocinio dell’allora ministro Lorenzo Fontana, e metà del governo fece di tutto per levarglielo, scatenando un putiferio che superò i confini nazionali. Altre iniziative d’ispirazione cattolica faticano addirittura ad ottenere diritto di cittadinanza. Siamo arrivati al punto che organizzare un rosario per la famiglia è considerato «incitamento all’odio», e i militanti Lgbt - come accaduto a Lizzano - si sentono il diritto di piazzarsi fuori dalla chiesa per impedire la preghiera, con tanto di appoggio del sindaco. Tale trattamento non è riservato soltanto ai fedeli. Basta organizzare un evento considerato «di destra» per venire osteggiati, insultati, boicottati.Da giorni non si parla d’altro che dell’aggressione a uno dei responsabili del Cinema America di Roma. Ogni volta che accade qualcosa di simile, a prescindere dalla gravità del fatto, si sprecano paginate sui giornali. Se le vittime degli assalti appartengono a un altro mondo, tuttavia, cala il silenzio. Quando, qualche anno fa, fu data alle fiamme la storica libreria alternativa Ritter di Milano, i più se ne disinteressarono. Un paio di giorni fa, a Napoli, è stata assaltato e devastato il Centro studi Pietro Golia, un’oasi di cultura in una zona difficile. Il Centro da anni ospita presentazioni e iniziative interessanti, invita voci lontane dal cosiddetto mainstream, organizza mostre e serate musicali, mette a disposizione dei giovani la sua biblioteca e una sala studio. Dopo mesi di minacce e scritte offensive, l’altra notte qualcuno ha sfondato la vetrina, è entrato nei locali e ha buttato all’aria tutto, rubando anche il (magro) incasso della libreria. Titoli sui giornali? Praticamente nessuno.Dunque ci chiediamo: quale cultura è davvero discriminata in Italia? Quella che ottiene soldi e patrocini istituzionali o quella a cui si vuole tappare la bocca con la violenza, con i boicottaggi e persino con una legge degna di un regime?