
Alfredo Altavilla in movimento per la nomina al vertice del gruppo. A perorare la causa, Michele Briamonte con relazioni Oltretevere.Il Nord è in apprensione per via della quarantena. Il Sud è in ansia temendo che il focolaio di coronavirus scenda lungo la Penisola. Risultato: tutti parlano di pandemia e improvvisamente la crisi di governo sfuma. Matteo Renzi rientra dal Pakistan come un normale turista della neve, Forza Italia ritira gli emendamenti contro la prescrizione grillina e il Conte bis riprende il suo impegno principale. Cioè, torna a discutere di nomine pubbliche sotto traccia e senza che i giornaloni se ne occupino. Eppure non dovrebbe essere così. Un interessante articolo pubblicato in queste ore da Pandora Rivista tocca il cuore del tema. Al di là delle indiscrezioni, quello che colpisce è il ridotto approfondimento attorno al deposito delle liste e attorno alle modalità di filtro all'ingresso. «Il punto dirimente riguarda il merito e il futuro delle società in questione. In alcuni casi, i vertici uscenti delle principali aziende a partecipazione pubblica sono sentiti a livello parlamentare, per esempio presso le commissioni su attività produttive e industria», si legge nell'articolo online. «In altri casi, ciò non accade. Comunque, le audizioni non danno forma a un dibattito chiaro sul ruolo di tali società nel nostro Paese, nelle sue capacità tecnologiche e occupazionali, nella sua proiezione internazionale». Tanto meno assistiamo a una discussione sul merito delle candidature. In queste ore, complice il turbinio sul coronavirus, c'è forte movimento sul futuro dei vertici di Leonardo. Al di là dei nomi già usciti sulle colonne dei quotidiani (Domenico Arcuri, Fabrizio Palermo e Giuseppe Giordo) a muoversi per prendere l'incarico che ora ricopre Alessandro Profumo ci sarebbe Alfredo Altavilla. Lo storico manager di Fiat e Fca in questo momento è consigliere di Tim. È uscito dal Lingotto in malo modo e i legami con John Elkann si sono interrotti bruscamente. È rimasto in buoni rapporti con Michele Briamonte, anch'egli, dopo essere stato nell'inner circle degli Agnelli, adesso vive in periferia. Briamonte mantiene però ancora solidi rapporti in Vaticano. Ai tempi dell'inchiesta su Mps il suo nome finì sulle colonne dei giornali per le accuse di fughe di notizie. Prima ancora, nel 2013, nell'ambito dell'inchiesta sullo Ior, Briamonte fu fermato dalla Gdf a Fiumicino. Non fu perquisito perché esibì un passaporto diplomatico. Ora senza il documento blu, all'avvocato resta comunque la diplomazia, che starebbe usando per cercare di organizzare un incontro tra Altavilla e il cattolico ministro della Difesa, Lorenzo Guerini. Ma c'è un'altra sponda a cui guarda Briamonte. Gli ambienti vaticani ancora legati all'influenza di Tarcisio Bertone si presterebbero per una eventuale triangolazione al fine di arrivare al premier Giuseppe Conte. La cui vicinanza al Vaticano non è certo una novità. Al di là del telefono senza fili, quale sarebbe la strategia di una Leonardo guidata da Altavilla? Nulla da dire sulle competenze manageriali. Mentre i suoi rapporti con il fondo Elliott influirebbero in qualche modo? Il mondo della Difesa è estremamente complesso. Per cui bisogna domandarsi se la eventuale sua candidatura al posto di Profumo porterebbe a una revisione, magari a percorrere la strada del general contractor o quella di uno spezzatino delle attività, magari in condivisione con Fincantieri? Quale sarebbe il futuro rapporto con i francesi? D'altro canto, gli ultimi due anni di gestione aziendale si sono dimostrati in crescita, avendo superato gli incagli lasciati da Mauro Moretti. Leonardo si è costruita un ruolo strategico in Qatar, si sta muovendo in tandem con Fincantieri in Egitto e soprattutto a differenza di quanto accadeva fino al 2018 sta anche avviando dei cluster in grado di dare fastidio ai cugini di Parigi. Sicuramente tutto ciò è possibile grazie alla silenziosa attività del presidente, Gianni De Gennaro. Sono però equilibri molto delicati. Basta un niente per spezzarli.Ecco che vorremmo sentire dai partiti di maggioranza, non solo il Pd ma anche i 5 stelle, che cosa hanno in mente per il futuro di Leonardo. Vorremmo sentirlo prima di leggere le liste del Mef. Lo stesso discorso, inutile dirlo, vale per gli altri colossi. Vale soprattutto per l'Eni, che dentro di sé raccoglie non solo istanze tutte tricolore, ma anche pressioni e desiderata dei fondi esteri (vedi i fondi americani) ma anche dei partner esteri che da anni hanno puntato sul Cane a sei zampe per strategie che sono di durata molto più lunga rispetto a quella dei singoli governi. Perché gli esecutivi passano, ma le nomine restano.
Maurizio Landini
Dopo i rinnovi da 140 euro lordi in media per 3,5 milioni di lavoratori della Pa, sono in partenza le trattative per il triennio 2025-27. Stanziate già le risorse: a inizio 2026 si può chiudere. Maurizio Landini è rimasto solo ad opporsi.
Sta per finire quella che tra il serio e il faceto nelle stanze di Palazzo Vidoni, ministero della Pa, è stata definita come la settimana delle firme. Lunedì è toccato ai 430.000 dipendenti di Comuni, Regioni e Province che grazie al rinnovo del contratto di categoria vedranno le buste paga gonfiarsi con più di 150 euro lordi al mese. Mercoledì è stata la volta dei lavoratori della scuola, 1 milione e 260.000 lavoratori (850.000 sono docenti) che oltre agli aumenti di cui sopra porteranno a casa arretrati da 1.640 euro per gli insegnanti e 1.400 euro per il personale Ata (amministrativi tecnici e ausiliari). E il giorno prima, in questo caso l’accordo era stato già siglato qualche mese fa, la Uil aveva deciso di sottoscrivere un altro contratto, quello delle funzioni centrali (chi presta opera nei ministeri o nell’Agenzia delle Entrate), circa 180.000 persone, per avere poi la possibilità di sedersi al tavolo dell’integrativo.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Dopo aver predicato il rigore assoluto sulla spesa, ora l’opposizione attacca Giancarlo Giorgetti per una manovra «poco ambiziosa». Ma il ministro la riporta sulla terra: «Quadro internazionale incerto, abbiamo tutelato i redditi medi tenendo i conti in ordine».
Improvvisamente, dopo anni di governi dell’austerity, in cui stringere la cinghia era considerato buono e giusto, la sinistra scopre che il controllo del deficit, il calo dello spread e il minor costo del debito non sono un valore. Così la legge di Bilancio, orientata a un difficile equilibrio tra il superamento della procedura d’infrazione e la distribuzione delle scarse risorse disponibili nei punti nevralgici dell’economia puntando a far scendere il deficit sotto il 3% del Pil, è per l’opposizione una manovra «senza ambizioni». O una strategia per creare un tesoretto da spendere in armi o per la prossima manovra del 2027 quando in ballo ci saranno le elezioni, come rimarcato da Tino Magni di Avs.
Da sinistra, Antonio Laudati e Pasquale Striano. Sotto, Gianluca Savoini e Francesca Immacolata Chaouqui (Ansa)
Pasquale Striano e Antonio Laudati verso il processo. Assieme a tre cronisti di «Domani» risponderanno di accessi abusivi alle banche dati. Carroccio nel mirino: «attenzionati» tutti i protagonisti del Metropol, tranne uno: Gialuca Meranda.
Quando l’ex pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati aveva sollevato la questione di competenza, chiedendo che l’inchiesta sulla presunta fabbrica dei dossier fosse trasferita da Perugia a Roma, probabilmente la riteneva una mossa destinata a spostare il baricentro del procedimento. Il fascicolo è infatti approdato a Piazzale Clodio, dove la pm Giulia Guccione e il procuratore aggiunto Giuseppe Falco hanno ricostruito la sequenza di accessi alle banche dati ai danni di esponenti di primo piano del mondo della politica, delle istituzioni e non solo. Il trasferimento del fascicolo, però, non ha fermato la corsa dell’inchiesta. E ieri è arrivato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.






