2022-09-03
L’Europa chiacchiera sul tetto al gas. Intanto Putin chiude il rubinetto
(David Hecker/Getty Images)
Mentre Bruxelles studia una tassa sulle rinnovabili e Ursula Von der Leyen spinge per il price cap sulle forniture russe, Mosca agisce. Il Nord Stream resta chiuso per presunti guasti: in arrivo un’altra impennata del metano.Dalle parole (europee) ai fatti (russi). Si sintetizza così la giornata di ieri, dopo che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, dalla Baviera, ha detto che «è tempo di un tetto al prezzo del gas dai gasdotti russi in Europa». «Sarà come per il petrolio. Semplicemente non ci sarà più gas russo in Europa» ha risposto a stretto giro il vice-capo del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. Per ribadire il concetto, nel tardo pomeriggio in una nota Gazprom ha reso noto che «durante i lavori di manutenzione sull’unità di compressione del gas Trent 60 della stazione di compressione di Portovaya, eseguiti insieme ai rappresentanti di Siemens, è stata rilevata una perdita d’olio con una miscela di un mastice sigillante» e che «fino a quando non saranno eliminati i problemi di funzionamento delle apparecchiature, il trasporto del gas al gasdotto Nord Stream è stato completamente interrotto». La notizia è arrivata a mercati chiusi e per lunedì si attende una reazione dei prezzi di gas ed elettricità.L’Unione europea aveva appena fatto trapelare una proposta per il contenimento dei prezzi energetici ed ora misurerà le reazioni nei vari paesi, per introdurre poi qualche blando correttivo, senza cambiare l’impianto generale. La Commissione inviterà gli Stati membri a fissare un prezzo massimo per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e venduta sul mercato giornaliero (spot). I soggetti con tecnologie di produzione «con costi operativi più bassi di quelli del gas» (eolico, fotovoltaico e idroelettrico in primis) dovrebbero restituire ex post la differenza tra il prezzo prefissato e quello che si realizza giornalmente in realtà (in Italia, il Pun, anche se il tutto dovrebbe svolgersi poi a prezzi zonali). Con i profitti così estratti dalle fonti rinnovabili, gli Stati dovrebbero finanziare importanti sgravi ai clienti finali sui prezzi dell’energia elettrica. Alla base del meccanismo ci sono però robuste riduzioni obbligatorie dei consumi di gas e di elettricità, per evitare che i prezzi del gas salgano troppo in vista di una chiusura totale dei flussi di gas dalla Russia.Semplificando un po’, si tratta di una tassa sulle fonti rinnovabili. Qui sta il paradosso della proposta, ovvero che il tetto al prezzo viene applicato alle fonti rinnovabili e non al gas. La stessa Commissione europea, che ha enfaticamente lanciato il Green deal qualche anno fa, ora si trova a tassare l’energia verde: nemesi amara per l’Unione europea, che tra regole disfunzionali e sanzioni-boomerang si è infilata in un ginepraio da cui sarà molto difficile uscire. Il sistema del prezzo marginale per l’energia elettrica spot, adottato in Europa, fa sì che siano gli impianti più costosi a fissare il prezzo. Sembra contraddittorio, ma la ragione è che in condizioni di mercato normali il sistema concorrenziale, sulla carta, dovrebbe favorire il progressivo efficientamento degli impianti e un prezzo, dunque, sempre in linea con le migliori condizioni possibili: non per forza un prezzo basso in assoluto, ma il prezzo più basso possibile in un dato momento. In Italia sono quasi sempre gli impianti a gas a fissare il prezzo marginale, per cui l’esplosione dei prezzi di quello si riverbera sul costo del kilowattora elettrico. Gli impianti a fonte rinnovabile hanno costi variabili molto piccoli, dunque oggi, con il Pun a livelli record, beneficiano di marginalità importanti. In Italia le fonti rinnovabili riescono a coprire la domanda marginale (e dunque a stabilire un prezzo marginale molto basso) solo in alcune ore, perché i volumi prodotti non sono ancora sufficienti a coprire in maniera costante la domanda.Il modello proposto dalla Commissione punta ad estrarre dal sistema le marginalità oggi incamerate dalle rinnovabili e redistribuirle in modo da abbassare il costo medio delle bollette elettriche. Ad esempio, se il tetto fosse fissato a 100€/MWh per le rinnovabili, e il prezzo Pun dovesse risultare 450 €/MWh, i produttori dovrebbero restituire 350 €/MWh per l’energia da loro prodotta. Difficile dire di quanto si potrà abbassare il costo del kilowattora per famiglie e imprese. Molto dipende dal livello del tetto, dal numero di impianti soggetti e dal mix del parco impianti di produzione di ciascun paese. Nel 2021, in Italia la produzione di energia da rinnovabili ha coperto circa il 36% del fabbisogno elettrico nazionale. Le dichiarazioni belluine di von der Leyen hanno provocato l’immediata reazione della Russia, e ciò mette a tacere i cantori della favola per cui in questi giorni il prezzo del gas scendeva perché l’Europa aveva finalmente deciso di «fare qualcosa». Se il «qualcosa» è il tetto al prezzo del gas russo, i prezzi salgono e lunedì alla riapertura del mercato ne avremo la dimostrazione. Le implicazioni politiche di tutto ciò per un verso sono pesanti, per l’altro tragicomiche. La prima questione, molto seria, è che l’Unione europea, scriteriatamente, alza la tensione con Mosca, piegando buona parte del continente ad una economia di guerra che farà vittime e disastri. Dall’altra parte, l’Unione europea introduce una tassa che mette le mani nelle tasche dei produttori a fonte rinnovabile, smentendo clamorosamente sé stessa e ammettendo nei fatti, se non nelle parole, il catastrofico fallimento delle proprie politiche. A tal proposito, ci permettiamo un sorriso immaginando l’ultras europeista Enrico Letta (capo della coalizione Pd, Sinistra italiana, Impegno civico e Verdi) mentre cerca di spiegare al verde Angelo Bonelli che quella europea di tassare le rinnovabili è una buona idea.