
Accuse di concorrenza sleale da Commissione e Antitrust. E ieri sono scattati i dazi verso gli Stati Uniti. Messaggio a Joe Biden.La Commissione europea ha messo formalmente sotto accusa Amazon per l'utilizzo improprio di dati aziendali non pubblici dei venditori indipendenti, una pratica con cui creerebbe un vantaggio per le proprie attività di vendita al dettaglio. Lo ha annunciato ieri la stessa Commissione puntando il dito sull'abuso di posizione dominante come fornitore di servizi in Germania e Francia, i più grandi mercati per Amazon nella Ue. Il gigante dell'ecommerce «potrebbe aver utilizzato dati sensibili su larga scala per competere con i rivenditori più piccoli. Ora sta a loro rispondere», ha detto Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione e commissario alla concorrenza. Secondo Bruxelles, i dati sui venditori terzi a cui Amazon ha accesso fluiscono direttamente nei sistemi automatizzati di vendita, che li aggregano e li utilizzano per calibrare le offerte al dettaglio di Amazon e le decisioni strategiche a scapito degli altri venditori.L'Antitrust Ue ha poi ha avviato una seconda indagine sulle presunte pratiche sleali che il gruppo guidato da Jeff Bezos avrebbe messo in atto per favorire la vendita dei propri prodotti e i venditori che utilizzano i servizi di logistica e consegna di Amazon. Nel mirino ci sono i criteri stabiliti per selezionare il vincitore della cosiddetta «Buy box», che consente ai venditori di offrire prodotti agli abbonati al programma fedeltà Amazon prime, e l'utilizzo stesso di Prime da parte dei venditori indipendenti. Vincere la «Buy box» (ovvero essere scelti come offerta contenuta in questa casella) è fondamentale perché mette in evidenza l'offerta di un solo venditore e genera la stragrande maggioranza di tutte le vendite. A luglio di quest'anno, Bezos aveva debuttato - virtualmente - davanti al congresso americano insieme a Mark Zuckerberg di Facebook, Tim Cook di Apple e Sundar Pichai di Google. Nel corso di quell'audizione durata cinque ore i legislatori di entrambe le parti lo avevano accusato di essere a capo della prepotenza nei confronti di venditori indipendenti sul marketplace di Amazon, citando le notizie del Wall Street Journal secondo cui i dipendenti avevano usato i dati dei venditori per lanciare prodotti concorrenti. Nella sua difesa Bezos si era concentrato sul successo delle vendite che la maggior parte dei partner può testimoniare grazie alla presenza su Amazon, ma aveva ammesso di non poter garantire che non ci sia stata nessuna violazione delle policy riguardo alla gestione dei dati.Il colosso Usa risponderà alle accuse nelle prossime settimane. Se l'Ue dovesse decidere di affondare il colpo, la società rischierebbe una multa fino a 28 miliardi di dollari. Ma da Seattle è già arrivata una prima replica: «Non siamo d'accordo con le affermazioni preliminari della Commissione europea e continueremo a impegnarci per assicurare un'accurata comprensione dei fatti. Amazon rappresenta meno dell'1% del mercato al dettaglio globale e ci sono rivenditori più grandi in tutti i Paesi in cui operiamo. Nessuna azienda più di Amazon si occupa delle piccole imprese o ha fatto di più per supportarle negli ultimi due decenni». L'inchiesta aperta ieri coprirà l'interzo spazio economico europeo a eccezione dell'Italia: l'Antitrust nazionale ha infatti già cominciato a investigare sulla base di timori simili a quelli di Bruxelles focalizzandosi sul mercato italiano. L'Antitrust europeo ha indicato che continuerà a collaborare con l'autorità italiana. Amazon Italia ieri ha sottolineato che «ci sono più di 150.000 aziende europee che vendono attraverso i nostri stores, le quali generano decine di miliardi di euro di ricavi ogni anno e hanno creato centinaia di migliaia di posti di lavoro». Non solo. Dal 1 giugno 2019 al 31 maggio 2020, i partner di vendita italiani di Amazon hanno venduto più di 60 milioni di prodotti, in aumento rispetto ai 45 milioni dello stesso periodo dell'anno precedente. Quello aperto ieri dalla Vestager è solo l'ultimo dei dossier caldi tra Bruxelles e la Silicon Valley, a dieci anni dalla prima indagine che ha indotto l'Ue a vederci chiaro negli affari delle big tech: da Google, Apple e Facebook passando per i produttori di chip come Broadcom e Qualcomm. Sullo sfondo si agita, inoltre, la questione dei dazi: ketchup, cheddar, noccioline, cotone e patate americane insieme a videogiochi e trattori sono solo alcuni dei prodotti made in Usa colpiti dai dazi al 25% dell'Unione europea. La black list è stata approvata dal Consiglio Ue dai ministri del Commercio sulla base della decisione del Wto che autorizza la Ue ad applicare dazi per 4 miliardi di dollari a prodotti e servizi americani in relazione agli aiuti Usa a Boeing dopo che per la stessa vicenda gli Stati Uniti erano stati autorizzati il 24 luglio dello scorso anno ad applicare sanzioni per un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari all'Europa. Il problema è che l'America è il primo mercato extraeuropeo del made in Italy (solo per i prodotti agroalimentari ha pesato per 4,7 miliardi nel 2019, con un ulteriore aumento del 3,8% nei primi otto mesi del 2020) e la guerra dei dazi ha già colpito le nostre esportazioni di cibo e bevande per circa mezzo miliardo di euro.
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