2021-03-17
Letta e la Lorenzin si «dimenticarono» di aggiornare il piano pandemico
Nonostante i richiami dell'Oms nel 2013 e nel 2014, nulla fu fatto per rinnovare il protocollo anti pandemie. Ed ecco i risultati.Non c'è solo una dolorosa serie di sforbiciate al bilancio della sanità, come si ricordava giusto ieri su queste colonne, nel recente passato politico del nuovo segretario del Pd, Enrico Letta. Purtroppo per lui, ma sopratutto per il Paese, c'è qualcosa di ancora più grave: un piano pandemico mai realizzato e che, col senno di poi, nell'ultimo anno all'Italia avrebbe fatto particolarmente comodo. Ma andiamo con ordine, partendo dalle date: Letta è stato presidente del Consiglio dall'aprile 2013 al febbraio 2014. Ebbene proprio mentre l'esponente dem sedeva a Palazzo Chigi, e ministro della Salute era Beatrice Lorenzin - da settembre 2019 confluita anch'ella tra le file del Pd -, il governo italiano avrebbe potuto, anzi dovuto mettersi all'opera per redigere una nuova programmazione contro le pandemie.A dirlo, anzi a provarlo in modo chiaro è un documento ministeriale più volte citato negli articoli con cui La Verità ha raccontato omissioni e bugie sul tema: la lettera che l'allora direttore generale della Prevenzione, Ranieri Guerra, firmò indirizzandola al ministro Lorenzin. In quella missiva si richiamava infatti apertamente «la necessità di predisporre un nuovo piano nazionale di preparazione e risposta per una pandemia influenzale». Guerra scriveva quelle parole il 15 settembre 2017. Quindi quando Letta non era più premier, certo. Il punto però è che, se si legge per intero quell'ormai famigerata lettera, ci si imbatte anche in un richiamo a quanto fatto dall'Oms nel 2014, quando «ha aggiornato le sue linee guida per consentire ai Paesi di essere più preparati per la prossima pandemia».Ma nel 2014 Letta era presidente dell Consiglio eccome; soprattutto lo era nel 2013, quando l'Oms aveva pubblicato Pandemic influenza risk management Who interim guidance, una guida provvisoria di 56 pagine per la gestione del rischio della pandemia influenzale in cui si davano direttive molto chiare su come gli Stati avrebbero dovuto muoversi, tenendosi pronti in caso di pandemia. Domanda: come mai tra il 2013 e il 2014 quando cioè l'attuale segretario Pd era a Palazzo Chigi - e l'Oms aveva già suonato la sveglia - fino a prova contraria non si è andati minimamente a intervenire in tal senso, lasciando inalterato il vetusto piano pandemico del 2006? Questo andrebbe evidentemente chiesto a Letta ma pure alla Lorenzin, che ministro della Salute dal 2013 fino a dopo il 2017 lo è stata ininterrottamente, essendo stata confermata pure da Renzi nel febbraio 2014 e da Gentiloni nel dicembre 2016.Le responsabilità di quest'ultima si evincono sia dal fatto che era ministro nell'esecutivo Letta, sia dal suo comparire come destinataria dell'«appunto per il ministro» lasciatole da Guerra. E non si venga a dire che il nuovo piano pandemico doveva essere un atto amministrativo e non politico, cosa non vera. Lo prova un appunto inoltrato dall'ex direttore della Prevenzione, Claudio D'Amario, a Giulia Grillo - che è stata ministro della Salute tra il giugno 2018 e il settembre 2019 - in ci si ricordava che il 15 settembre 2017 la direzione generale aveva «inviato una nota con la quale si informava il ministro della necessità di predisporre un nuovo piano nazionale di preparazione a risposta a una pandemia influenzale».Non solo. D'Amario chiedeva alla Grillo di «poter procedere alla definizione del gruppo di lavoro per la realizzazione del documento». Una richiesta che sta a dimostrare semplicemente una cosa: il ministro della Salute col piano pandemico c'entra, eccome. Significa che ai primi del 2014 Letta, Lorenzin e Guerra avevano tutto il titolo - specie visto il citato documento Oms del 2013 - di avviare la preparazione di un nuovo piano pandemico, dato che quello vigente aveva le sue belle primavere. Perché nulla del genere è stato fatto? Forse, prima di twittare che «la salute deve diventare un bene globale», come ha fatto domenica pomeriggio, Enrico Letta dovrebbe chiarire questo aspetto.Se infatti da un lato si possono muovere tutte le critiche possibili al ministro Roberto Speranza, dall'altro è fuori discussione come l'immobilismo di Giuseppe Conte e dell'esponente di Leu nel gennaio e febbraio 2020 fosse in linea con una prassi tristemente consolidata negli anni precedenti, anche grazie al Pd. Quindi per i suoi fervorini il nuovo segretario del Pd può aspettare. Prima ci sono numerosi aspetti sui quali, proprio in materia di salute e pandemia, gli italiani meritano delle risposte.