2018-04-19
L'esploratrice si è già persa. Adesso tocca al forno Pd
Sergio Mattarella ha affidato ieri il mandato esplorativo di formare il nuovo governo. La scelta è caduta sul presidente del Senato e serve a perdere tempo. Intendiamoci: se trascorreranno altri giorni senza avere un esecutivo non sarà colpa di Maria Elisabetta Alberti Casellati. E nemmeno del capo dello Stato, il quale vista la situazione non sa che pesci pigliare e dunque, dopo aver esplorato da solo, fa esplorare altri. No, se perderemo nuovi giorni in consultazioni e chiacchiere lo si deve solo alla legge elettorale che porta il nome di un renziano di ferro. Il Rosatellum, lungi dall'aver fallito, come in molti sostengono, ha centrato l'obiettivo. Nato per impedire che ci fosse un vincitore e per favorire una di quelle ammucchiate tipiche da prima Repubblica, il sistema elettorale tenuto a battesimo dal deputato Pd, Ettore Rosato, ha funzionato alla perfezione. Infatti, non soltanto non abbiamo saputo a chi toccasse governare il giorno dopo le elezioni, ma non lo sappiamo neppure dopo 45 giorni.Preso atto di questo, al presidente della Repubblica non restava che far girare la ruota, in modo da non dare l'impressione di non fare niente. Dunque, prima si è preso la pausa pasquale, lasciando che i leader politici placassero i bollori, poi ha iniziato il mesto rito delle consultazioni. Una pratica in sé assolutamente inutile, anche se prevista dalle abitudini repubblicane. Nel caso in questione, per capire se c'era o meno la possibilità di dare vita a un governo fra i 5 stelle e il centrodestra, sarebbe stato sufficiente convocare Luigi Di Maio e Matteo Salvini, magari insieme, costringendoli a parlarsi invece di scambiarsi solo sms. In caso di fallimento, sarebbe stato necessario chiamare Matteo Renzi, ovvero il padrone del Pd, per sentire dalla sua viva voce se davvero avesse intenzione di continuare con la sceneggiata dell'Aventino. Fatto questo, in un solo giorno avremmo avuto la sentenza, ovvero avremmo saputo se c'era o meno la possibilità di fare un governo. In caso negativo, Mattarella avrebbe dovuto prenderne atto e chiuderla lì, ingiungendo al Parlamento di mettersi subito al lavoro per fare una nuova legge elettorale che consentisse di tornare subito a votare e questa volta senza avere un sistema che impedisce di sapere chi ha vinto.Purtroppo per noi, le cose non sono andate come avremmo auspicato, ma come al solito. Cioè con la consultazione di qualche vecchio barbagianni che si considera ancora il presidente della Repubblica e di altre cariche istituzionali. Poi i partiti e la loro corte. Risultato, un giro non è bastato e neppure il secondo. Neppure la pennichella domenicale ha portato consiglio e così ieri, con comodo, il capo dello Stato ha passato la patata bollente nelle mani di Maria Elisabetta Alberti Casellati, pensando che quattro tra nomi e cognomi possano fare in due giorni quello che lui non è riuscito a fare in due settimane. Il presidente del Senato, però, non vede l'ora di sbolognare a sua volta il tubero bollente e così ieri, a tempo di record, ha consultato tutti e già stasera, al massimo domani mattina, dopo un altro veloce giro presumibilmente risalirà il Colle per restituire il mandato esplorativo. Il povero Mattarella, che tra una consultazione e una tazza di tè, sperava di riuscire a tirare fino a domenica, giorno in cui si voterà in Molise, domani potrebbe ritrovarsi tra le mani il problema e a questo punto è quasi certo che rifilerà lo spinoso caso a Roberto Fico, la terza carica dello stato. Il presidente della Camera è un grillino, ma se Di Maio è ritenuto un mezzo democristiano, l'inquilino di Montecitorio è giudicato un compagno intero e dunque a lui sarà affidato il compito di esplorare l'attuabilità di uno sposalizio fra 5 stelle e Pd. Le chance sulla carta sono scarse, anche perché i numeri al Senato sono al limite. Dieci giorni fa nessuno avrebbe scommesso un soldo sulla possibilità che Matteo Renzi scongelasse il Partito democratico, facendolo scendere dall'Aventino. Adesso però le cose sono cambiate e lo stesso Renzi sarebbe pronto alla giravolta, giustificandola con il senso di responsabilità, l'interesse generale, le richieste che salgono dal basso, i poveri, le famiglie e via sbrodolando. Perciò potrebbe anche essere che al dunque qualche cosa si concluda. Giancarlo Giorgetti, il Richelieu di Salvini, ricordando una frase di Beppe Grillo ha coniato un'immagine felice: Renzi vuole aprire i 5 stelle come una scatoletta e il primo che farà fuori sarà Di Maio. Il quale, dopo aver praticato la teoria dei due forni, di andreottiana memoria, rischia di essere arrostito in un solo forno, quello del Partito democratico.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)