2019-05-01
«L’esercito è con me». Guaidó scatena una nuova offensiva
Svolta con l'aiuto Usa. I militari liberano oppositore del regime Caracas lancia i blindati sui cittadini. Matteo Salvini: «Via il dittatore».Bolivia e Cuba sostengono Nicolas Maduro in nome dell'asse con la Russia. Argentina, Cile, Brasile e Colombia stanno con Washington, che vuole contenere pure la Cina.Lo speciale contiene due articoliResa dei conti in Venezuela. Ieri, il presidente dell'Assemblea nazionale Juan Guaidó ha lanciato un appello alla rivolta attraverso un video in cui appare circondato da soldati. Insieme a lui, Leopoldo Lopez, oppositore di Nicolás Maduro liberato dai domiciliari grazie a un intervento dei militari. Guaidó ha lanciato un «appello ai dipendenti pubblici» per «recuperare la sovranità nazionale». Ha poi ringraziato i «coraggiosi», dicendo che le Forze armate sono «dalla parte del popolo, fedeli alla Costituzione». Infine ha invocato la «cessazione definitiva dell'usurpazione». In un tweet, ha aggiunto: «Abbiamo parlato con i nostri alleati nella comunità internazionale e abbiamo il loro forte sostegno. L'Operazione Libertà è iniziata e resisteremo fino a raggiungere un Venezuela libero».Durissima la reazione del governo di Maduro, con il ministro dell'Informazione Jorge Rodriguez che ha dichiarato: «Stiamo affrontando e neutralizzando un ridotto gruppo di militari traditori che hanno occupato il distributore Altamira». Mentre Maduro ha detto: «Ho parlato con i comandanti di tutte le regioni e le zone del Paese, mi hanno manifestato totale fedeltà al popolo, alla Costituzione, alla patria». Sono in corso scontri presso la base militare della Carlota. Il governo anche lanciato blindati sulla folla nella zona di Altamira, vicino alla base. La crisi venezuelana torna al centro del confronto tra le grandi potenze, determinando un ulteriore attrito tra i blocchi a livello internazionale. Da una parte, la Russia non ha mai nascosto di spalleggiare il regime di Maduro: in quest'ottica, il Cremlino ha accusato gli Stati Uniti di interferire in uno Stato sovrano e ha inviato alcuni soldati sul territorio venezuelano. Una mossa che ha irritato Washington, che l'ha interpretata come una violazione della dottrina Monroe. Nonostante queste tensioni, Vladimir Putin non ha intenzione di mollare la presa. E ieri ha riunito il consiglio di sicurezza russo per monitorare gli eventi. Del resto, in questa partita il Cremlino non gioca da solo: anche il presidente cinese, Xi Jinping si è schierato dalla parte di Maduro. Una scelta che si inserisce nel quadro dello scontro con Washington per incrementare la propria influenza nello scacchiere sudamericano. Negli ultimi mesi, la Repubblica popolare ha riscontrato non poche difficoltà con il Brasile: pur restandone il principale partner commerciale, la linea filostatunitense impressa dal neo presidente Jair Bolsonaro ha rappresentato un autentico schiaffo per Pechino. La Cina non può permettersi di «perdere» il Venezuela. Gli Stati Uniti stanno invece assumendo una postura sempre più aggressiva. Tanto che - secondo i malpensanti - dietro l'iniziativa di Guaidó ci sarebbe proprio lo zampino di Washington. D'altronde, il Dipartimento di Stato americano ha fornito pieno appoggio alla rivolta: il segretario di Stato, Mike Pompeo ha scritto su Twitter: «Oggi il presidente ad interim, Juan Guaidó, ha annunciato l'inizio dell'Operazione Libertà. Il governo degli Stati Uniti appoggia pienamente il popolo venezuelano nella sua ricerca di libertà e democrazia». Sulla stessa linea si anche il National security advisor, John Bolton, secondo cui «l'esercito deve proteggere la Costituzione e il popolo. Deve stare dalla parte dell'Assemblea nazionale e delle legittime istituzioni contro chi usurpa la democrazia». Adesso, bisognerà capire quanto l'amministrazione americana sia realmente compatta. Non è un mistero che Pompeo e Bolton abbiano mantenuto un atteggiamento da falchi: in particolare, Bolton non ha nascosto di caldeggiare un intervento diretto delle truppe americane, arrivando anche ad auspicare che Maduro venga rinchiuso a Guantanamo. Il punto è che - almeno fino a oggi - è stato proprio Donald Trump a mantenere la linea più cauta: ha sì dato riconoscimento politico e fornito aiuti a Guaidó, ma non sembra essere stato granché disposto a lasciarsi coinvolgere troppo. Le prossime ore ci diranno forse quale linea sceglierà. Trump sa infatti che un cambio di regime a Caracas rafforzerebbe Washington ma comprometterebbe il processo di distensione con la Russia. Un elemento che potrebbe spiegare l'atteggiamento attendista. In questo complicato gioco, l'Ue ha scelto una linea non particolarmente netta, limitandosi a ribadire la necessità di trovare «una soluzione pacifica e politica». Resta il dubbio su come si comporterà l'Italia: sul tema Lega e M5s nei mesi scorsi si sono già scontrati. Ieri i senatori grillini della commissione Esteri hanno espresso «profonda preoccupazione per il tentativo di colpo di Stato», mentre Matteo Salvini ha scritto su Twitter: «Maduro sta affamando, incarcerando e torturando il suo popolo. Sono vicino al popolo venezuelano, all'Assemblea nazionale e al suo presidente Guaidó». E ancora. «Per il bene del Venezuela e dei tantissimi italiani che da anni soffrono per colpa di uno degli ultimi regimi comunisti della Terra ci auguriamo una soluzione pacifica e non violenta della crisi che porti a libere elezioni e all'allontanamento del dittatore Maduro».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lesercito-e-con-me-guaido-scatena-una-nuova-offensiva-2635949336.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bolivia-e-cuba-sostengono-maduro-in-nome-dellasse-con-la-russia" data-post-id="2635949336" data-published-at="1757642094" data-use-pagination="False"> Bolivia e Cuba sostengono Maduro in nome dell’asse con la Russia Il riesplodere della crisi venezuelana torna a dividere i Paesi dell'America Latina. Tra i principali attori locali che si sono schierati a favore di Nicolás Maduro figura innanzitutto la Bolivia: il suo presidente Evo Morales ha denunciato ieri le ingerenze statunitensi nel tentativo di rivolta avviato da Juan Guaidó. Una linea in buona sostanza ripresa anche dal presidente cubano Miguel Díaz-Canel che ha parlato di un «movimento golpista» che vorrebbe prendere con la forza il potere. Non a caso, Bolivia e Cuba risultano due Paesi particolarmente vicini alla Russia soprattutto in termini di accordi nel settore commerciale, energetico e della sicurezza. Dall'altra parte, gli Stati maggiormente prossimi all'orbita statunitense hanno dato il proprio appoggio a Guaidó. Attestandosi sulla stessa linea del Perù, il presidente cileno, Sebastián Pinera, ha ribadito ieri il proprio sostegno al candidato anti Maduro. Non dobbiamo tra l'altro trascurare il fatto che proprio il Cile sia recentemente risultato tra i principali promotori della nascita di Prosul: un blocco di Stati sudamericani costituitosi lo scorso marzo che si propone di espandere la cultura politica liberale in America Latina. Una prospettiva dalla matrice fortemente anti chavista sposata ultimamente anche dal Brasile: il neo presidente, Jair Bolsonaro, è sempre stato un aspro critico del regime di Maduro e - durante una visita alla Casa Bianca lo scorso aprile - ha confermato il suo impegno a favore della causa di Guaidó, guadagnandosi per questo il pubblico elogio del presidente americano Donald Trump. In questo quadro, non bisogna dimenticare poi la Colombia che, ieri, ha chiesto una riunione d'emergenza del gruppo di Lima (recentemente costituito proprio in funzione anti Maduro). Stando a quanto riportato da El Pais, il governo colombiano avrebbe avviato i contatti con l'obiettivo di convocare l'incontro d'emergenza per discutere i fatti in corso in Venezuela, dopo la liberazione di Leopoldo Lopez e l'appello alla mobilitazione di Juan Guaidó. In particolare, il ministro degli Esteri colombiano, Carlos Holmes Trujillo, avrebbe chiesto a tutti i Paesi del gruppo di Lima di mantenere il sostegno «al ritorno della democrazia e della libertà in Venezuela». Non bisogna trascurare, tra l'altro, che nel 2017 la Colombia sia entrata a far parte della Nato in qualità di «partner globale»: un fattore che, già all'epoca, molti analisti interpretarono in chiave principalmente anti venezuelana. Senza poi dimenticare che Trump sta premendo affinché anche il Brasile possa presto fare il suo ingresso nell'Alleanza atlantica: una mossa con cui la Casa Bianca mira ad arginare Maduro nel breve termine e a contrastare le influenze geopolitiche sino russe nel lungo. Anche l'Argentina ha confermato il proprio appoggio a Guaidó. Su Twitter, il suo ministro degli Esteri Jorge Faurie ha difatti accolto con «speranza la liberazione del leader oppositore Leopoldo Lopez realizzata da militari che hanno obbedito al presidente incaricato Juan Guaidó». Successivamente ha evidenziato che «lo spirito di libertà che anima i venezuelani in queste ore ha l'appoggio degli argentini affinché torni a imperare la democrazia nella sorella Venezuela». Insomma, l'America Latina appare spaccata a causa della crisi venezuelana. Tutto questo, mentre il territorio sta sempre più diventando terreno di scontro tra Stati Uniti, Russia e Cina.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».