2018-06-08
L’esempio di H.P. Lovecraft: la vita priva del sacro genera l’orrore senza fine
Gli «scritti atei» del grande autore americano mostrano l'approdo finale del materialismo: odio per il mondo e la vita. Come ha capito Michel Houellebecq.Da tempo immemore H. P. Lovecraft (1890-1937, uno dei più grandi scrittori americani di ogni tempo) è oggetto di una sorta di culto sotterraneo, una venerazione che affratella artisti delle idee e delle estrazioni più diverse. Negli ultimi anni, però, l'ossessione per Lovecraft è divenuta un fenomeno di massa. Ciò è dovuto, in parte, al successo della prima stagione della serie tv True Detective, le cui atmosfere cupe e agghiaccianti erano in gran parte ispirate dagli scritti dell'autore statunitense e da quelli di alcuni suoi nipotini (su tutti Thomas Ligotti). Poi ha senz'altro contribuito il ritorno di fiamma del genere horror. Fatto sta che le librerie stanno affrontando una vera invasione lovecraftiana. L'editore Feltrinelli ha da poco pubblicato due raccolte dei migliori racconti del «solitario di Providence». Il Saggiatore ha ristampato il classico Le montagne della follia. Mondadori ha prodotto due bellissime edizioni del ciclo di Cthulhu e del Necronomicon, il libro più nero che esista. Bietti ha riunito in eleganti volumi (Teoria dell'orrore e Oniricon. Sogni, incubi & fantasticherie) tutti gli scritti critici e gli appunti sui sogni. In occasione dell'ottantesimo anniversario della morte dell'americano (avvenuta nel 1937), Gianfranco de Turris ha curato l'antologia-tributo Sotto il segno di Lovecraft (Watson Edizioni), che contiene gli omaggi di una ventina di autori italiani. Soprattutto, però, è il mondo del fumetto a dare il meglio di sé. Magic Press ha dato alle stampe due volumi di Lovecraft antologia, in cui sono presentati alcune delle più belle reinterpretazioni fumettistiche dell'opera del nostro. Le edizioni Bd hanno pubblicato tre volumi di versioni manga, mentre Nicola Pesce e Cosmo edizioni offrono ai lettori lo splendido Lovecraft di Dino Battaglia. L'elenco potrebbe proseguire a lungo, ma ci fermiamo qui. Preferiamo concentrarci su un paio di volumi in particolare, che affrontano alcuni aspetti poco indagati del pensiero lovecraftiano. Stiamo parlando dell'antologia Contro la religione (edita da Nessun dogma), che riunisce gli «scritti atei» dello statunitense e di H. P. Lovecraft. Contro il mondo e contro la vita, di Michel Houellebecq (Bompiani). Nei numerosi scritti in cui parla della religione, Lovecraft fa una potente «dichiarazione di miscredenza». Molti sanno che lo scrittore era un conservatore d'acciaio, un reazionario per certi versi. Ammirava profondamente l'impero romano, credeva che America e Inghilterra avrebbero dovuto riabbracciarsi per meglio sostenere la superiorità anglosassone. Senz'altro era affascinato dalla mitologia: quella romana, ma pure quella nordica e teutonica. Eppure, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare, Lovecraft amava la scienza come solo un positivista potrebbe fare. Da qui la sua diffidenza (anzi, forse anche il fastidio) per la religione, in particolare quella cristiana che permeava il suo ambiente. Sempre dal suo positivismo, probabilmente, derivano certe idee impregnate di razzismo biologico che hanno contribuito a marginalizzare la sua opera, giudicata da certi critici impegnati come il delirio di un pazzoide vicino al Ku Klux Klan. Ma questa è un'altra storia. Può sembrare contraddittorio che sia stato proprio un materialista a creare un così vasto e incredibile universo popolato da orrori sovrannaturali. Eppure, è proprio dall'ateismo di Lovecraft, dal suo rifiuto di una dimensione sacra dell'essere umano che scaturiscono gli incubi più profondi. In una lettera del 1916, egli scrive: «Quale diritto ha l'uomo di presupporre arbitrariamente di avere una sua importanza nel creato? La scienza può far risalire il nostro mondo alla sua fonte, al momento della sua nascita dalla grande nebulosa solare nel passato remoto [...] Ne consegue che siamo in grado di comprendere come la razza umana non sia che una cosa del momento, come la sua esistenza su questo pianeta sia estremamente recente una volta che si sia preso in considerazione l'infinito». Secondo Lovecraft, «la nostra razza umana è solo un caso triviale nella storia della creazione. Non ha più importanza negli annali dell'eternità e dell'infinito di quanta ne abbia il pupazzo di neve di un bambino negli annali delle tribù e delle nazioni umane [...]. Quanto è arrogante da parte nostra, creature momentanee la cui stessa specie non è che un esperimento del Deus Naturae, arrogare a noi stessi un futuro immortale e uno stato considerevole!». L'insignificanza dell'uomo, del resto, è costantemente presente nei racconti lovecraftiani. Gli esseri umani sono schiacciati da esseri alieni, bestie innominabili e immonde provenienti dagli abissi della storia e dell'universo. Mostri così antichi e potenti da rendere gli individui più piccoli di un granello di sabbia. A capirlo meglio di tutti è stato Michel Houellebecq, che in parte condivide la visione di Lovecraft. «Difficile a questo punto non sentirsi trapassati e annientati dal nulla assoluto di ogni aspirazione umana», ha scritto il francese. «L'universo non è altro che una accidentale combinazione di particelle elementari. Una figura di transizione verso il caos, che finirà per inghiottirla. La razza umana scomparirà. Altre razze compariranno per poi scomparire a propria volta. I cieli saranno distese gelide e vacue, solcate dalla fioca luce di stelle mezzo morte». È esattamente in questi luoghi desolati e infernali che conduce l'assenza di luce dovuta alla mancanza del sacro. Se la vita umana non vale niente, se non c'è alcuna dimensione trascendente, allora il cielo è per forza popolato di nemici. «Certo, la vita non ha senso», continua Houellebecq. «Ma neppure la morte ne ha. Ed è una delle cose che gelano il sangue quando si scopre l'universo di Lovecraft. La morte dei suoi eroi non ha alcun senso. Non porta alcun tipo di conciliazione. Non consente in alcun modo di concludere la storia». Rimane soltanto la «paura cosmica», che avvinghia individui miserabili, i quali non sono altro che «composizioni di elettroni». Egoismo e malvagità sono le leggi che governano la Terra e lo spazio. L'opera di Lovecraft, dice Houellebecq, è perfetta per il nostro mondo la cui anima è desertificata. «Questo cosmo disperato ci appartiene in ogni senso. Quest'universo abietto dove la paura si propala in cerchi concentrici fino all'innominabile rivelazione, quest'universo dove l'unico nostro destino immaginabile è di essere stritolati e divorati, lo riconosciamo assolutamente contro nostro universo mentale». Dio è morto, ammesso che sia mai stato vivo. Dobbiamo accontentarci di abomini come Nyarlathotep o Cthulhu. Ecco perché il conservatorismo di Lovecraft non può avere alcun approdo positivo: egli, in fondo, disprezza la razza umana. Ne nota la decadenza, e si limita a farne la cronaca, ad ammirare l'atroce spettacolo della vita che si incenerisce e diviene inerte come un cielo di ghiaccio.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
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